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Bianco di Castelfranco Emilia IGT

Regioni interessate

Emilia-Romagna

Disciplinare di produzione dei vini a IGT “Bianco di Castelfranco Emilia”

Approvato con DM 18.11.1995 G.U. 285 - 06.12.1995 Modificato con DM 10.04.1996 G.U. 100 - 30.04.1996 Modificato con DM 30.11.2011 G.U. 295 – 20.12.2011 Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf Sezione Qualità e Sicurezza Vini DOP e IGP Modificato con D.M. 12.07.2013 Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf (concernente correzione dei disciplinari) Sezione Qualità e Sicurezza - Vini DOP e IGP

Articolo 1 - Denominazione e Tipologie

L’indicazione geografica tipica “Bianco di Castelfranco Emilia” accompagnata o meno dalle specificazioni previste dal presente disciplinare di produzione, è riservata ai mosti, ai mosti parzialmente fermentati e ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti in appresso indicati.

Articolo 2 - Basi ampelografiche

L’indicazione geografica tipica “Bianco di Castelfranco Emilia” è riservata ai seguenti vini: bianchi, anche nella tipologia frizzante. I vini a indicazione geografica tipica “Bianco di Castelfranco Emilia” bianchi devono essere ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell’ambito aziendale, dal vitigno Montù in percentuale non inferiore al 60%. Possono concorre, da sole o congiuntamente, alla produzione dei mosti e vini sopra indicati, le uve dei vitigni a bacca bianca, non aromatici, idonei alla coltivazione in Regione Emilia-Romagna fino ad un massimo del 40%, iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con D.M. 7 maggio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n° 242 del 14 ottobre 2004, e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare.
Per il vino a indicazione geografica tipica “Bianco di Castelfranco Emilia” tipologia frizzante è vietata la gassificazione artificiale.

Articolo 3 - Zona di produzione delle uve

La zona di produzione delle uve per l’ottenimento dei mosti e dei vini atti a essere designati con L’indicazione geografica tipica “Bianco di Castelfranco Emilia” comprende l’intero territorio amministrativo dei comuni: Anzola Dell’Emilia, Argelato, Bazzano, Bologna, Calderara di Reno, Crespellano, Crevalcore, Sala Bolognese, San Giovanni Persiceto, S. Agata Bolognese, Zola Predosa nella Provincia di Bologna, e dei comuni di: Castelfranco Emilia, Nonantola, Ravarino, San Cesario sul Panaro, Savignano sul Panaro, nella provincia di Modena.

Articolo 4 - Norme per la viticoltura

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini di cui all’articolo 2 devono essere quelle tradizionali della zona. La produzione massima di uva per ettaro di vigneto in coltura specializzata, nell’ambito aziendale, non deve essere superiore per i vini a indicazione geografica tipica “Bianco di Castelfranco Emilia” a tonnellate 29. Le uve destinate alla produzione dei vini a indicazione geografica tipica “Bianco di Castelfranco Emilia” devono assicurare ai vini un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di 9%. Nel caso di annate particolarmente sfavorevoli, detto valore può essere ridotto dello 0,5% vol.

Articolo 5 - Norme per la vinificazione

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche atte a conferire ai vini le proprie peculiari caratteristiche. Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delle uve delimitata all’art. 3. La resa massima dell’uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore all’80%.

Articolo 6 - Caratteristiche al consumo

I vini a indicazione geografica tipica “Bianco di Castelfranco Emilia” all’atto dell’immissione al consumo devono avere le seguenti caratteristiche: 1) Bianco di Castelfranco Emilia Colore: giallo paglierino Odore: gradevole, caratteristico, vinoso Sapore: secco o abboccato o amabile o dolce, sapido, di giusto corpo Titolo Alcolometrico volumico totale minimo: 10,50 %vol; Acidità totale minima: 5,5 g/l; Estratto non riduttore minimo: 17.0 g/l.
2) Bianco di Castelfranco Emilia Frizzante Spuma: fine e persistente o vivace Colore: giallo paglierino Odore: gradevole, caratteristico, vinoso Sapore: secco o abboccato o amabile o dolce, sapido, di giusto corpo Titolo Alcolometrico volumico totale minimo: 10,50 %vol; Acidità totale minima: 5,5 g/l; Estratto non riduttore minimo: 17.0 g/l.

Articolo 7 - Etichettatura, designazione e presentazione

All’ indicazione geografica tipica “Bianco di Castelfranco Emilia” è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi “extra”, “fine”, “scelto”, “selezionato”, “superiore”, e similari. E’ tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati purchè non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore. 3
I vini a indicazione geografica tipica “Bianco di Castelfranco Emilia” possono essere immessi al consumo nei contenitori previsti dalla normativa vigente. Qualora siano confezionati in bottiglie di vetro, possono essere presentati in qualsiasi tipo di chiusura, compreso il tappo a fungo ancorato a gabbietta metallica tradizionalmente usato nella zona di produzione. Ai sensi dell’art. 14, comma 4 del dlgs 8 aprile 2010, n. 61, l’indicazione geografica tipica “Bianco di Castelfranco Emilia” può essere utilizzata come ricaduta per i vini ottenuti da uve prodotte da vigneti coltivati nell’ambito del territorio delimitato da precedente articolo 3 e iscritti nello schedario, a condizione che i vini per i quali si intende utilizzare l’indicazione geografica tipica di cui trattasi abbiano i requisiti previsti per una o più tipologie di cui al presente disciplinare.

Articolo 8 - Legame con l’ambiente geografico

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La media pianura delle province di Bologna e di Modena posta Modena, al centro della regione emiliana, ha tutte le caratteristiche climatiche della valle Padana. La speciale posizione della pianura, posta ai piedi dell’Appennino, è la causa di un regime termo-pluviometrico tipicamente continentale, con estati calde ed inverni rigidi. I venti umidi del sud vi giungono generalmente asciutti, determinando una bassa pluviometria, molto inferiore a quella che si registra, ad esempio nell’Italia centrale. I valori medi degli indici relativi alla luminosità, all’escursione termica alle precipitazioni piovose, confermano l’alto grado di continentalità del nostro clima caratterizzato tra l’altro da piovosità mal distribuita, con due massimi (primavera ed autunno) di pericoloso eccesso idrologico e due minimi (inverno ed estate) di grave carenza. La media ponderata annuale delle precipitazioni è di 925 mm che sono così distribuite: inverno 23%, primavera 26%, estate 18%, autunno 33%. I terreni della media pianura di Bologna e di Modena hanno una origine geologica alluvionale di riporto con pendenze piane con una composizione chimica dove l’elemento potassio (K) prevale sul fosforo (P). I suoli dei terreni della media pianura bolognese e quelli della media pianura modenese posti alla destra del fiume Panaro hanno una composizione fisico meccanica di medio impasto tendente all’argilloso. Dalle uve bianche prodotte in questo territorio si ottiene un vino di colore giallo paglierino, di buona acidità, con evidenti note fruttate.

2. Fattori umani rilevanti per il legame

La civiltà del vino è talmente compenetrata dalle vicende storiche, di costume e culturale dell’ambiente la straordinaria capacità di mantenere i confini e l’identità del territorio da dove un vino ha avuto origine e fama. La media pianura delle province di Bologna e di Modena, storicamente città rivali, Bologna per l’appartenenza allo Stato Pontificio e Modena capitale di un piccolo ducato legato ai casa reale d’Asburgo Lorena. Chi appena più di un secolo fa si recava da Modena a Bologna una volta attraversato il fiume Panaro al ponte di Sant’Ambrogio trovava appunto il confine con lo Stato Pontificio e i vigneti con i vitigni lambrusco lasciavano spazio ai vigneti con i vitigni a bacca bianca (montù, trebbiano, albana) con prevalenza del montù. Con la comparsa dei primi saggi ampelografici compare l’antichissima tradizione del vino bianco della zona di “Castelfranco Emilia” un tempo città fortificata bolognese passata nel 1929 al territorio modenese. Compare subito anche il vitigno “montù” che nel 1823 viene individuato dall’Acerbi con il sinonimo di “montonego” come vitigno presente nei dintorni di Bologna. Altre menzioni sono state riportate nel “saggio di ampelografia universale” di Giuseppe dei Conti di Rovasenda. Domizio Cavazza nel testo “viticoltura” scrive della presenza del vitigno “montù” nella pianura tra Modena e Bologna, cita il vino bianco asciutto, sapido, piacevolissimo, per lo più ottenuto mescolando uve “montù” assieme ad altre varietà a bacca bianca coltivate nella zona come il l’albana e il trebbiano. Anche nel testo “uve da vino” di Norberto Marzotto di cita il “montù” coltivato con altre varietà a bacca bianca quali: albana, alionza, forcello, trebbiano e altre. L’incidenza dei fattori umani è riferita in particolare alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi che costituiscono parte integrante del disciplinare di produzione: 1. La base ampelografica dei vigneti: i vigneti destinati alla produzione di uve per il vino “Bianco di Castelfranco Emilia” devono avere una base ampelografica così composta: - montù, almeno il 60% della superficie vitata totale; - altri vitigni a bacca bianca non aromatica tradizionalmente coltivati nella zona fino ad un massimo del 40% della superficie vitata totale. 2. Le forme di allevamento: l’ambiente pedoclimatico della media pianura modenese e bolognese favorisce un naturale accrescimento della vite. Le imprese viticole hanno optato per forme di allevamento a cordone permanente con tralci ricadenti capaci di contenere la vigoria delle piante. La forma di allevamento deve consentire un’adeguata distribuzione spaziale delle gemme, esprimere la potenzialità produttiva delle piante, permettere la captazione dell’energia radiante, assicurare sufficiente aerazione e luminosità ai grappoli. Le forme di allevamento più diffuse sono il cordone speronato e il G.D.C. con una densità d’impianto di 1.500-2.800 ceppi/ettaro. I portainnesti più utilizzati sono Kober5BB, Berlandieri x Riparia, 420A. 3. Le pratiche relative all’elaborazione dei vini, sono quelle tradizionalmente consolidate, leali e costanti e fanno riferimento esclusivamente alla pratica della rifermentazione naturale in bottiglia e della rifermentazione naturale in autoclave. Le operazioni di arricchimento sono consentite nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla normativa comunitaria.

B) Informazioni sulla qualità e sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuiti all’ambiente geografico

L’IGT “Bianco di Castelfranco Emilia” è riferita alla produzione di vini bianchi anche nella tipologia frizzante. Dal punto di vista analitico ed organolettico questi vini presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico. Dalle uve a bacca bianca con prevalenza del vitigno “montù” prodotte nella media pianura bolognese e nella media pianura modenese a destra del fiume Panaro si ottengono vini di colore giallo paglierino, di media struttura, di acidità media, di grado alcolico contenuto e con evidenti sentori fruttati. La freschezza e la fragranza dei profumi contribuiscono al loro equilibrio gustativo.

C) descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera a) e quelli di cui alla lettera b).

L’origine della denominazione “Bianco di Castelfranco Emilia” è sicuramente nota alla fine del 1800 grazie all’attività dello stabilimento enologico “Vini vedova Bini” famosa per la produzione di vini bianchi base spumante, vini da tavola, vermouth, liquori. La metodologia produttiva consiste in un uvaggio di uve a bacca bianca con prevalenza di quelle ottenute dal vitigno “montù”.I consistenti e significativi risultati commerciali, consolidatisi in oltre un secolo di attività, hanno reso il “Bianco di Castelfranco Emilia” un vino rappresentativo e qualificato dell’enologia emiliana al punto che per la sua fama commerciale veniva quotato nei mercuriali pubblicati dalle Borse merci di Bologna e di Modena.Il vino IGT Bianco di Castelfranco Emilia non è adatto all’invecchiamento ma esprime il meglio delle sue caratteristiche quando è ancora giovane e ne è consigliato il consumo entro l’anno successivo alla produzione. L’introduzione tecnologica nella trasformazione del prodotto unitamente alla potenzialità produttiva dei terreni hanno creato i presupposti della omogenea diffusione della viticoltura: ai primi del ‘900 sono state costituite nel territorio tre cantine sociali per la trasformazione del prodotto agricolo e 5
molte imprese viticole si sono attrezzate per la trasformazione, l’elaborazione e il confezionamento per commercializzare direttamente il vino IGT “Bianco di Castelfranco Emilia”.

Articolo 9 - Riferimenti alla struttura di controllo

Nome e Indirizzo:Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Dipartimento dell’Ispettorato centrale della Tutela della Qualità e Repressione Frodi dei Prodotti Agro-Alimentari Via Quintino Sella, 42 - 00187 - Roma Telefono: 064824047 | 064884467 Fax: 06486737 E-Mail: icqrf.dipartimento@pec.politicheagricole.gov.it
L’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari è l’Autorità di controllo competente del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera b) e c), ed all’articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della IGP, mediante una metodologia dei controlli nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento) effettuata selezionando casualmente un numero minimo di soggetti individuati mediante un’analisi di rischio, conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera a).
In particolare, tale verifica, che per quanto concerne il prodotto finito consiste nel solo esame analitico (conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lett. b) e articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009), è espletata nel rispetto delle disposizioni previste dall’articolo 13 del citato decreto legislativo n. 61/2010 e dal DM 31 luglio 2009 (GU n. 230 del 3-10-2009), così come modificato con DM 30 luglio 2010 (GU n. 244 del 18-10-2010) e con DM 11 luglio 2011 (GU n. 219 del 20-09-2011) (Allegato 3).

Tutti i contenuti di questa sezione sono stati gentilmente forniti dal MIPAAF - Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali