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La biodiversità della vite come risorsa culturale

18 Settembre 2023
La biodiversità della vite come risorsa culturale
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L’Italia è indiscutibilmente la più ricca nazione al mondo in termini di trasversalità territoriale. Un’infinità di ambienti di antica conoscenza così come di recente scoperta, tutti vocati alla produzione di grandi vini, costituiscono un patrimonio di inestimabile valore per il nostro Paese.

Se si vuole però conoscere la storia di un territorio viticolo attraverso le vicende che hanno accompagnato l’affermazione dei suoi vini, è necessaria una riflessione che parta dai suoi vitigni, perché solo attraverso questi è possibile sviluppare la storia degli uomini, della loro evoluzione culturale, dei cambiamenti climatici e del sistema sociale in generale.

I vitigni infatti sono gli elementi stabili per una infinità di generazioni di viticoltori: gli uomini muoiono ma i nuovi abitanti pur aggiornando le abitudini, mantengono e spesso incrementano i vitigni dei loro predecessori. La diversità biologica della vite coltivata è il risultato di anni e anni di ricerca e selezione ed è determinata dalle mutazioni, dalla ricombinazione genica e dall’effetto delle pressioni selettive operate dal clima e dall’uomo.

Vigneto patrimonio culturale
I vitigni rappresentano degli elementi stabili per numerose generazioni di viticoltori

È un’eredità che la natura e i nostri predecessori ci hanno lasciato, che gli enologi hanno arricchito e che non può essere ricreata in laboratorio: una volta distrutto questo capitale non potrà essere ricostituito e sarà perso per sempre.

Ma la biodiversità viticola non ha solo un valore biologico, in quanto fase di un processo evolutivo naturale, sebbene guidato dall’uomo, ma è anche una risorsa economica perché suscita l’interesse del consumatore e molte attività economiche italiane, dal turismo all’alimentazione, fanno leva su tale richiamo.

La riduzione della diversità nella viticoltura è un fenomeno che accomuna purtroppo tutte le viticolture europee, soprattutto mediterranee, e ha cause diverse, subendo una grande accelerazione con i processi di modernizzazione della viticoltura avvenuti a partire dalla metà del secolo scorso con la scomparsa della mezzadria.

L’attuale crisi della biodiversità nelle specie vegetali in genere è stata definita la “sesta estinzione” e rappresenta solo un aspetto della attuale tendenza alla semplificazione nelle differenti manifestazioni della vita, dove purtroppo la monocultura della mente è più devastante di quella agronomica.

Prima di questo secolo la vite in Italia presentava un’ampia variabilità, che è peraltro ancora importante e sicuramente ben superiore a qualunque altro Paese al mondo. Venivano infatti coltivate, soprattutto nelle zone delle viticolture marginali (montagna e collina), numerose varietà locali che erano costituite nel loro interno da una moltitudine di biotipi differenti.

Uva vigneti patrimonio culturale
Il patrimonio viticolo italiano si è fortemenente ridotto rispetto al '700 e all'800

Fortunatamente in Italia, soprattutto nella sua parte più meridionale, i cambiamenti socio-economici sono avvenuti più lentamente ed hanno evitato una erosione genetica devastante, come invece è avvenuto in altre viticolture continentali. Ciò nonostante anche in Italia il ricchissimo patrimonio viticolo descritto dagli ampelografi del ‘700 e dell’800 si è fortemente ridotto.

Ad onore del vero dobbiamo riconoscere che la viticoltura del Novecento ha però valorizzato molte zone che nel passato erano coltivate in modo estensivo, cereali, ortaggi ecc. Questa viticoltura, che si può definire moderna, ha avuto negli enologi i veri protagonisti del cambiamento.

Alcuni vitigni arrivati da altre regioni europee sono stati così bene acclimatati in queste zone di nuova viticoltura tanto da assurgere al ruolo di vitigni di riferimento entrando così nel novero dei vitigni autoctoni. Questa storia si è ripetuta anche in tempi più recenti come ha dimostrato il successo crescente sui mercati internazionali dei vini prodotti da varietà bordolesi a Bolgheri.

Vigneti Bolgheri
Vigneto a Bolgheri

Il vero significato di autoctonia non è solo nel rapporto che si stabilisce tra il luogo di origine ed il vitigno, ma anche e soprattutto la capacità di un vitigno di esprimere attraverso la qualità del vino, la potenzialità del territorio dove è coltivato.

Alla luce di tutto ciò noi enologi ci sentiamo guardiani di questa ricchezza che ci deriva dai nostri antenati ma anche dal grande lavoro di selezione, di studio dei territori, delle coultivar, dei portinnesti che è alla base della nostra professione.

A questo proposito è necessario evidenziare che la conservazione e la valorizzazione della biodiversità viticola non si può realizzare creando una o due collezioni ampelografiche dove raccogliere, come in un museo, i genotipi a rischio di scomparsa.

Per le profonde connessioni tra vitigno e cultura del luogo che lo ha selezionato e coltivato fino ad ora, queste varietà devono essere le protagoniste dello sviluppo agricolo ed economico di quelle popolazioni.

La diversità non si conserva o meglio non si conserva solo perché vengono create banche di germoplasma, ma perché la popolazione agricola utilizza, gestisce, convive con il vitigno di cui è depositaria.

Nello sviluppo di un progetto di valorizzazione deve sempre risultare chiara la relazione tra la cultura locale, il vitigno antico o di recente inserimento che sia e il vino immesso sul mercato. Questi prodotti devono mantenere, quando inseriti nel circuito commerciale, una chiara identità e protezione.

DNA della vite
La decriptazione del DNA della vite

Ma una delle conseguenze più gravi della perdita di biodiversità viticola potrebbe manifestarsi in futuro con il cambiamento climatico in atto e con un progressivo riscaldamento della Terra, accompagnato dalla riduzione delle risorse idriche. I genotipi perduti potrebbero rivelarsi nuovamente utili per tutta la viticoltura mondiale, in quanto solo poche zone viticole del nostro Paese possono vantare un assortimento varietale atto a tollerare condizioni climatiche così estreme.

Questi vitigni posseggono infatti tratti di DNA con i geni necessari in un programma di miglioramento genetico per conferire tolleranza alle alte temperature durante la maturazione, con le quali le viticolture di molte zone viticole dovranno fare i conti nei prossimi anni.

L’Italia ha una grande responsabilità nei confronti della viticoltura europea, che è quella di custodire il senso della storia antica e moderna insito nella tradizione e nella moderna ricerca scientifica e di mantenere vivo quel rapporto che esiste tra universalità del mito, tradizione e innovazione, e dove i segni tangibili dei simboli sono veicolati dai vitigni e dai luoghi che li fanno vivere o rivivere.

Con questo spirito ci accingiamo ad offrire agli operatori del vino, un nuovo libro dove verranno presentati i così erroneamente detti “vitigni minori” del nostro Paese. Un patrimonio storico, culturale, economico e passionale che noi enologi vogliamo assolutamente salvaguardare e portare alla conoscenza di tutti coloro che amano il meraviglioso mondo del vino.

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