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La disciplina della coltivazione della vite

13 Agosto 2018
La disciplina della coltivazione della vite
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Da l'Enologo -   n°6 Giugno 2018 - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani

L’ingresso nel nostro ordinamento della Legge 12 dicembre 2016, n.238 “Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino”, consolida la piena appartenenza della vite e del vino alla complessiva inestimabile immagine del nostro Paese.

Disciplina della coltivazione della vite: vino, paesaggio e uomini

Il paesaggio italiano, armonico disegno di meraviglie naturali e di ingegnoso intervento dell’uomo, anche espressione del soprannaturale pur nella particolare ottica dei credenti, sollecita i sensi e indirizza la memoria verso i tratti fondanti e caratterizzanti della nostra personale e collettiva costruzione di ambiente, assicurando continuità narrativa. Guardiamo all’Italia dei luoghi delle città e dei borghi, mosaico di tessere aggiunte dalla creazione e dalla ingegnosa volontà di uomini di ogni ceto, di ogni estrazione, di ogni epoca: protagonisti primari di questa alchimia di meraviglie, con rango di essenza primaria, sono anche il vino e i vini, la vite e i vitigni.

Non può sfuggire quanto il vino sia componente irrinunciabile della mensa degli italiani, messaggio visivo e linguaggio pronunciato, sinonimo automatico di ospitalità e di convivialità: senza tema di argomentazione contraria, è possibile affermare che si tratta della “bevanda nazionale”. Ed in questa accezione che il vino si fa portatore di una funzione identitaria, sia nazionale che locale – a volte pure campanilistica-, sia in termini di reddito per le imprese che di utilità e di gusto per i consumatori.

La disciplina della coltivazione della vite: il vino
Nella coltivazione della vite il vino rappresenta ospitalità per gli italiani

Il vino è anche il prodotto della terra che impressiona e ispira l’arte italiana. Meravigliamoci dinanzi all’opera dei nostri grandi, ad iniziare da Caravaggio, che dipinge l’uva in Ragazzo con canestro di frutta (1591) e in Bacchino malato, ove il frutto è coprotagonista insieme all’autoritratto di quello stesso autore drammatico e trasgressivo. Compaiono i vigneti negli Effetti del buon governo di Ambrogio Lorenzetti (affresco 1337-1340), compare l’uva nel Banchetto con limoni prosciutto e liuto di Andries Benedetti, e ancora compaiono grappoli con Giovanni Paolo Castelli (detto Spadino) in Natura morta con frutta, salumi e cristalli (1703), vi è poi la brocca di vino nel Pranzo a Posillipo di Giuseppe De Nittis (1879).

Codice del vino e valenza culturale nella coltivazione della vite

Il Codice del vino assume rilievo di novità e di originalità, sancendo la considerazione dell’ordinamento per un frutto, il suo prodotto e l’operosità connessa. Si scorge, accanto alle pur chiare affermazioni normative, una panoramica di significati molto più incisivi di quanto una lettura sommaria possa far attendere. L’articolo 1, in particolare, già esprime, con mirato utilizzo delle singole parole, un mosaico di nitido suggestivo effetto. Competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni insistono nello svolgersi del testo e sono finalizzati a circondare la vite e il vino dell’irrinunciabile retroterra psicosociale e antropologico che governa l’attesa della vendemmia, la vendemmia stessa, i suoi rituali e le sue fatiche.

È un insieme – scandito dalla norma – da leggersi con una lente interpretativa rivolta al paesaggio, al borgo, coadiuvata - nell’esercizio dei sensi - dalla capacità di ascolto di parole, idiomi, linguaggi, non scevro dalla percezione di movimenti, azioni, espressioni. I diversi tratti elencati sono definiti Patrimonio Culturale, sia nella rubrica dell’articolo che nel suo corpo.

La inequivoca direzione impressa dal legislatore, quella cioè di voler consolidare la tutela del vino e del suo mondo, annettendovi valentia culturale, ci induce ad esplorare -nell’ordinamento- le eventuali connessioni e gli ambiti di parentela evocati dalla cifra verbale prescelta: dobbiamo naturalmente muoverci con severità ermeneutica e rigore logico-interpretativo, poiché – specie quando indossiamo il monocolo della persona di legge - le parole impongono certezza ai percorsi concettuali che si intraprendono e vincolano le condotte.

La locuzione Patrimonio Culturale Nazionale, posta a rubrica dell’articolo, ci impone un raffronto con la preesistente disciplina in materia, quella del Codice dei Beni Culturali e dei Paesaggio (Decreto legislativo n. 42/2004) che, con evidente chiarezza, afferma (art.2) che il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici.

La disciplina della coltivazione della vite: la normativa
Si è consolidata la tutela del vino nella disciplina di coltivazione della vite

L’identità terminologica dei due testi normativi, pur con la loro specialità nei rispettivi ambiti di operatività, legittimerebbe l’ipotesi di estensione al settore del vino delle norme che presidiano il patrimonio culturale, anche di quelle con più chiara incidenza penalistica. Allo stato non è possibile un’immediata capacità espansiva di istituti tra l’uno e l’altro corpus, proprio per l’esigenza, non ancora posta e affrontata dal legislatore, di dover riconfigurare, in ossequio al principio di tassatività, taluni strumenti di natura penale che agiscono avverso le condotte illecite direttamente offensive del patrimonio culturale. In attesa fiduciosa di auspicabili rifiniture legislative, possiamo liberamente cogliere l’idem sentire di matrice ideologica tra i due testi e, conseguentemente, condurre i contenuti dell’art. 1 nel grande e affascinante catalogo del patrimonio culturale italiano. Sicuramente andiamo a sostenere, anche per il vino – e per le sue componenti materiali e immateriali –, l’estensione del manto protettivo dell’art. 9 della Costituzione, residente tra i principi fondamentali della Carta, che chiama lo Stato a proteggere il patrimonio storico e artistico della Nazione. Esso, collante identitario del Paese, è argomento costituzionalmente ricorrente.

Disciplina della coltivazione della vite: tutela dell’ambiente e della cultura

In tale cornice molteplici sono i soggetti pubblici - e anche privati, in una moderna visione del perseguimento del pubblico interesse - che intervengono da protagonisti a presidio del patrimonio culturale. In dettaglio, la funzione di tutela, fissata nel secondo comma dell’art. 117 Cost., lettera s), è materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato. La valorizzazione, invece, ai sensi del comma 3 del medesimo art. 117 Cost., spetta alle Regioni.

Separarne nettamente i confini, nel tentativo di individuare il discrimine tra i due contesti, è impresa ardua, specie in fase condotta, visti il loro intreccio con diverse discipline e la condivisione di peculiarità con altre materie.

La tutela dei beni culturali ha un proprio ambito materiale, ma è anzitutto portatrice di una finalità da perseguire in ogni campo in cui possano venire in rilievo i beni culturali (cfr. sentenza Corte Cost. n. 232/2005).

La disciplina della coltivazione della vite: norme sul vino
Il vino è un patrimonio nel codice di disciplina di coltivazione della vite

Esemplificativo di quanto sin qui esposto è proprio il summenzionato Codice dei beni culturali, nel quale viene ribadita l’esigenza di un esercizio unitario delle funzioni di tutela dei beni culturali ma, al contempo, stabilito che siano lo Stato, le Regioni, le città metropolitane, le province ed i comuni ad assicurare e sostenere la conservazione del patrimonio culturale ed a favorirne la pubblica fruizione e la valorizzazione. Ivi, in particolare, a rendere evidente la connessione della tutela e valorizzazione dei beni culturali con la tutela dell’ambiente sono le lettere f) e g) del comma 4 dell’art. 10, cit. D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, le quali elencano, tra i beni culturali, le ville, i parchi, i giardini, le vie, le piazze, ed in genere gli spazi aperti urbani di interesse artistico o storico. È proprio con riguardo a tale ultimo rilievo che viene in evidenza la competenza regionale, essendo la materia del governo del territorio comprensiva anche dell’urbanistica e dell’edilizia, tra quelle di competenza legislativa concorrente.

La disciplina regionale è in funzione di una tutela non sostitutiva di quella statale, bensì diversa ed aggiuntiva. La legge regionale non stabilisce nuovi criteri di identificazione dei beni culturali, ma prevede che nella disciplina del governo del territorio si tenga conto di peculiarità quali i valori artistici, storici, documentari, o comunque attinenti alla cultura, nel senso più ampio del termine.

Occorre, in buona sostanza, che si dia rilievo non soltanto ai beni culturali identificati secondo la normativa statale, ma anche ad altri, che si trovino a far parte di un territorio avente una propria conformazione e una propria storia (cfr. sentenza Corte Cost. n. 94/2003).

Ed ecco comparire, nel catalogo del patrimonio da tutelare, quale ipotesi di confacente integrazione, proprio il vino ed il suo collegato. Lungo questa direzione bisogna agire, per promuovere forme di intesa e coordinamento tra Stato e Regioni (art. 118, terzo comma, Cost.), perché solo in tal modo potrà essere dato pieno significato allo spirito della legge e garantita la completa attuazione delle norme in concreto.

Disciplina della coltivazione della vite: vigneti storici da salvaguardare

Ad incarnare tutto quanto sin qui discettato, elementi salienti del paesaggio e tratti somatici del quadro identitario, dunque, a pieno titolo patrimonio culturale, sono proprio i vigneti eroici o storici (art. 7), ovvero quelli esistenti in aree aventi particolare pregio paesaggistico, storico e ambientale. Non a caso i criteri indicati dal legislatore per esplicarne la salvaguardia vengono fissati dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministro dei beni culturali.

La disciplina della coltivazione della vite: i vigneti storici
Il vigneto va salvaguardato nel rispetto della disciplina di coltivazione della vite

A questo punto, leggendo contemporaneamente le norme sul tema considerate, possiamo legittimamente affermare che il mondo del vino è quell’insieme di componenti umane e immateriali che si collocano a pieno titolo nel Catalogo immenso del Patrimonio Culturale Nazionale.

Tuttavia, non è da escludere aprioristicamente che gli strumenti di tutela apprestati dal Codice dei Beni Culturali possano, un giorno, intervenire anche a garanzia dei beni di cui alla Legge 238 del 2016. Va da sé che, in ossequio al principio di certezza del diritto, come ogni lavoro di ermeneutica, anche questo richiederà futuri interventi di chirurgia giuridica ed elaborazioni pretorie per meglio individuarne le esigenze applicative.

Da tutto ciò emerge un quadro di pregnante interesse per l’intero comparto, se non altro per il marcato riconoscimento che il legislatore ha inteso – con il recente testo - conferire ad un ambito produttivo e rappresentativo come quello vitivinicolo, che contribuisce, con la passione e l’operosità dei protagonisti, a rendere grande nel mondo il nome del nostro Paese. Sarà cura degli interpreti e della dottrina arricchire, con convinto sostegno, l’appassionante percorso indicato dalla nuova codificazione.

Da l'Enologo -   n°6 Giugno 2018 - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani

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