Etichette a semaforo
Come un intollerabile e noioso “mantra” viene periodicamente rilanciata l’idea dell’etichetta a semaforo o a bollini.
Il sistema a semaforo consiste nell’etichettare un alimento trasformato additando come "cattivi" sale, grassi e zuccheri. Quindi, prescindendo dalla natura e dalla qualità degli elementi che compongono l’alimento, il semaforo sarà verde, giallo o rosso a seconda della quantità di “elementi cattivi“ che contiene. E così la Coca Cola Light avrà semaforo verde e il nostro Parmigiano Reggiano lo avrà rosso! Analogo sistema è quello del bollino che sarà nero per i prodotti che contengono elementi “cattivi“: sale, grassi e zucchero.
I Paesi che hanno adottato l'etichetta a semaforo o a bollino
L’idea dell’etichetta a semaforo nasce in Inghilterra nel 2013 con la raccomandazione alla GDO di riportare in etichetta il cosiddetto semaforo. Le intenzioni dichiarate erano giuste: combattere l’obesità e le malattie metaboliche... il risultato non è altrettanto valido. Paradossalmente il problema peggiora : il consumatore è indotto a non leggere le etichette e potrebbe addirittura eliminare dalla propria dieta sostanze utili con caratteristiche nutraceutiche, preferendo sostanze che, pur segnalate con il semaforo verde, potrebbero risultare addirittura dannose.
Tanto per citare un esempio, in Inghilterra 1 litro di latte reca il bollino rosso, mentre la soda con dolcificante ha il bollino verde. Ed è facile quindi che il consumatore sia indotto a ritenere che la soda sia migliore del latte. Il rosso infatti viene percepito in assoluto come negativo per la salute, ignorando la quantità e la frequenza di assunzione dell’alimento.
Sull’esempio del Regno Unito, la Francia ha introdotto il sistema di etichettatura nutrizionale volontario Nutri-score basato su cinque colori. Seguendo la stessa logica del sistema a semaforo, il Cile ha promosso l’introduzione del bollino nero sui cibi che contengono i cosiddetti “elementi cattivi“. E dunque bollino nero per il nostro Parmigiano Reggiano, per l’olio evo e per il Prosciutto di Parma.
Impatti sul consumatore delle etichette a semaforo
Sarà gioco facile per la grande industria, ove si dovesse diffondere questa tendenza, conseguire l’obiettivo del semaforo verde o evitare il bollino nero sostituendo ai prodotti naturali la chimica (additivi, esaltatori di sapidità e via dicendo). E tutto ciò proprio mentre l’Unione Europea sta dettando norme sempre più dettagliate sulla etichettatura e le statistiche dimostrano che il consumatore, almeno in Italia, è sempre più attento a ciò che mangia e sta imparando a leggere le etichette.
Da ultimo un progetto presentato a Ginevra da sette paesi del “Foreign and Global Health” (Brasile, Francia, Indonesia, Norvegia, Senegal, Sudafrica e Thailandia), che verrà discusso nell’assemblea Generale dell’ONU entro l’anno, esorta gli Stati membri ad adottare politiche che dissuadano dal “cibo insalubre“ cioè che contiene zuccheri, grassi o sale.
La salute dei Paesi che hanno adottato le etichette a semaforo
È evidente che una politica del genere danneggerebbe notevolmente ed in maniera ingiustificata le eccellenze del nostro agroalimentare. Non appare superfluo infatti evidenziare come, secondo la classifica Bloomberg (multinazionale operante nel settore dei Mass media con sede a New York e filiali in tutto il mondo) sulle aspettative di vita e di salute dei paesi europei, la Francia e l’Inghilterra siano ai vertici della mortalità causata dal colesterolo e ipertensione dovute all’alimentazione quotidiana dei loro cittadini. E ciò con buona pace delle etichette a semaforo.
Nella stessa classifica, il nostro Paese è individuato come simbolo di salute e benessere per l’alimentazione e la qualità dei suoi prodotti. Il fatto che l’Italia abbia la percentuale più alta di ultraottantenni ed una speranza di vita tra le più alte a livello mondiale dovrebbe far riflettere. E forse questa è la prova che ciò a cui bisogna guardare non è il singolo ingrediente, ma la dieta alimentare e lo stile di vita.
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