Le etichette del vino
Da l'Enologo - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
di Angelo Valentini
“Ache si conoscono le bottiglie? eh! a le insegne.”
(San Bernardino da Siena)
Nella Francia rinascimentale, etichetta stava a significare quel codice cerimoniale di usi e costumi da osservare a corte, ma il risvolto etimologico più interessante della parola risulta dal parallelismo con l’etica, di cui conserva la stessa radice d’origine.
Per l’uomo l’etica è il suo costume, il suo modo di comportarsi nella vita di relazione, quindi di riflesso è il modo in cui appare agli altri: l’etichetta per un contenitore (sia esso di vino, profumo, acqua o altro genere alimentare) è la sua veste, è il suo modo di presentarsi agli occhi del consumatore, è il suo apparire.
Ma l’apparenza è quello schermo cui sta dietro, nascosta, la reale natura: può rifletterla, ma può anche mascherarla, così l’etichetta potrà essere menzognera ma potrà anche porsi a risalto elle qualità di un prodotto: aggiungo io che non sempre l’abito fa il monaco. ma ex vinis e ad vinum il nostro discorso deve partire e arrivare.
L’abito fa il monaco?
La bottiglia, solo con contenuto e tappo, mi sembra quell’Adamo che, ai primordi della nostra civiltà, fu costretto a lasciare alle sue spalle il paradiso terrestre, vestito solo dei suoi capelli, della sua anima e del suo corpo e così la nostra, rispettivamente, del suo tappo, del suo vino e del suo vetro.
Ma le abitudini si evolvono e così i figli di Adamo si vestono, le bottiglie si etichettano (non da sole... chiaro) portando con loro in bell’evidenza la data di nascita. Ma fino a che punto i costumi cambiano? Fino a vedere, nelle nostre piazze, i ragazzini con i capelli tinti di verde e nelle nostre tavole bottiglie con tappi di plastica verdi? Non credo si tratti di evoluzioni, ma di episodi isolati, dettati dell’ “infanzia”. Ma che dietro ogni bottiglia di vino vi sia non più solo il vignaiolo e l’enologo, ma studiosi di marketing e design è il vero frutto di una evoluzione che consente, grazie all’etichetta, di far parlare il contenuto col suo dialetto, la sua lingua straniera o il suo italiano perfetto e sofisticato e di esprimere i suoi caratteri distintivi, frutto dell’amore dell’uomo e della notevole azione della terra e del sole.
L’arte in etichetta
Artisti celebri e famosi naturalmente non astemi, hanno contribuito a esaltare il vino vestendolo con etichette ritenute veri capolavori d’arte, tanto da alimentare un collezionismo e un mercato milionario.
Ricordo la vendemmia 1973 del Barone Rothschild con l’etichetta di Picasso, le altrettanto famose di Chagall, Henry Moore, i satirici Forattini e Fremura, l’unica etichetta di Ligabue, e infine lo studio per un’etichetta del III millennio del contemporaneo Renato Balsamo.
Lodevole l’iniziativa dell’amico Soini di Cormons, mecenate di famosissimi artisti del panorama internazionale a cui commissiona la realizzazione delle etichette della Pace per i suoi vini ottenuti da viti piantate in aziende provenienti da tutto il mondo e il vino prodotto da varietà cosmopolite viene inviato a tutti i Capi di Stato nell’auspicabile segno di una Pace Divinae.
di Angelo Valentini
Da l'Enologo - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
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