Alla scoperta del Dolcetto
Da l'Enologo - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
Gli storici fanno risalire al Medioevo la coltivazione del “Dolcetto” e la produzione del vino a Dogliani. Ne è testimonianza un editto del 5 luglio 1369 con il quale i Marchesi di Saluzzo concedevano ai doglianesi: “di esser liberi da servitù, gravami, milizia, ecc., a prezzo di conceder loro vino”. Tuttavia non vi sono certezze che si trattasse già del Dolcetto, ma sicuramente era già un territorio vocato alla viticoltura di qualità. Bisogna attendere due secoli più tardi per avere delle conferme sul sistema produttivo del territorio, quando, cioè, la Municipalità di Dogliani, nell'agosto 1593, emise un editto con cui, oltre a stabilire i tempi della vendemmia, chiamava inequivocabilmente “dozzetti” le uve coltivate a Dogliani.
La prima menzione in età moderna del “Dolcetto” appare a Dogliani nel 1593 (R. Comba, A. Dal Verme 1990). Nel 1798 il Conte Giuseppe Nuvolone Pergamo, della Società Agraria di Torino, ne fece una prima accurata descrizione.
Gallesio lo cita nella “Pomona” (1817-1839) come “forse l’uva più diffusa nell’Alta Italia”….“Dà vino colorato, pronto a bersi e sano”) e lo nomina" Vitis aquaestatellanesis, dall'antico nome romano di Acqui. Il di Rovasenda (1877) lo colloca nel Monferrato. In realtà era già diffuso in tutto il sud ovest piemontese e grazie alla sua precocità veniva preferito nelle aeree più fresche di medio alta collina.
L’origine del vitigno è quindi tardo-medioevale. Selezionato nell’Ormeasco per poi diffondersi attraverso la contigua valle del Tanaro in tutta la Langa ed il Monferrato, fino alle colline di Torino.
Sull’origine del nome c’è concordanza. Dosset, Douset, Duset, nelle diverse inflessioni dialettali, significa uva dolce.
Grazie alla sua bassa acidità e maturazione precoce, il termine indicava l’uva che diventava dolce meglio e prima delle altre. Infatti aveva un certo impiego come uva da tavola assieme a Moscato, Bonarda e Cari (Pelaverga), prima dell’avvento delle uve da tavola propriamente dette. La storia recente ha visto il primo riconoscimento Doc per il Dolcetto nel1972, quando la denominazione di origine fu insignita al Dolcetto di Ovada.
L'origine genetica del Dolcetto
L’origine piemontese non è in discussione, anche se alcune fonti richiamano una paternità francese. Viala aveva infatti affermato che il Dolcetto è identico al Douce noir (Savoia), conosciuto come Charbono in California. Analisi molecolari condotte dall’Università della California hanno invece dimostrato che si tratta di vitigni diversi. Anche la presunta similarità con lo Zinfandel è stata contraddetta dai profili Dna. Dolcetto è genitore di tre vitigni piemontesi già iscritti a Registro: il Passau (Incrocio Dalmasso XVII/25: Dolcetto x Chatus); San Martino (Incrocio Dalmasso VII/21: Dolcetto x Chatus) ed il Valentino nero (Incrocio Dalmasso XVI/8: Dolcetto x Chatus).
Il Dolcetto bianco, ancora esistente (reliquia) non è geneticamente simile al Dolcetto nero.
Dolcetto: il vitigno
Germoglio con apice: cotonoso, verde con sfumature vinose carminate. Foglia: di grandezza media o meno, pentagonale, quinquelobata; seno peziolare a V largamente aperto; seni laterali superiori profondi, a lira. Picciolo di lunghezza e grossezza media, pressoché glabro, con canale poco evidente, di color rosso vinoso. Colorazione autunnale delle foglie: verde, con intense sfumature rosso-vinose.
Grappolo a maturità industriale: di grandezza media, mediamente spargolo; piramidale piuttosto lungo (18-20 cm), alato (con 1-2 ali); peduncolo piuttosto grosso, bruno; pedicelli medi, rossi o rosso bruni a maturità; cercine evidente, rosso; pennello medio, rosso vinoso; separazione dall'acino: facile.
Acino: di grandezza media (12 mm), di forma rotonda, ombelico persistente; buccia ben pruinosa, di color nero bluastro, sottile; polpa succosa, di sapore molto dolce, semplice, gustosa; succo incolore. Vinaccioli: da 1 a 3, piriformi, con becco sottile, di grandezza media.
Tralcio legnoso: di lunghezza media o più; robusto; con corteccia aderente, resistente; sezione circolare; superficie liscia, parzialmente pruinosa; nodi globosi; glabri; internodi di media lunghezza (cm 8-12); colore grigio-nocciola, con nodi più scuri; gemme coniche molto sporgenti; cercine peziolare largo, sporgente; diaframma convesso; midollo non molto abbondante. Posizione del primo germoglio fruttifero: per lo più al 3° nodo, più di rado al 2°. Numero di infiorescenze per germoglio: per lo più 2. Germogliamento medio, fioritura e invaiatura precoce. La maturazione dell’uva è medio precoce.
La selezione clonale e sanitaria del vino del Dolcetto
Per la sua importanza economica (terzo vitigno piemontese per superficie) il Dolcetto è stato oggetto di una importante progetto di selezione negli anni ’80 ripetuta poi recentemente ad iniziare dal 2009.Oggi dispone dei seguenti cloni omologati: Rauscedo 3, Cn 69, Cvt Cn 22, Cvt Al 275, Al-Do-67, Al-Do-100, Cvt 8, Cvt 237, Cvt 167, Unimi-Vitis Dol Vv901, Unimi-Vitis Dol Vv910, Vcr 464, Vcr 466, Cvt 4, Cvt N4, Cvt N5, Cvt P3.
La coltivazione del Dolcetto
Nel 1970 il Dolcetto era coltivato su 15.000 ettari (principalmente nel basso Piemonte) con presenza minore in Liguria (come Ormeasco), nel Tortonese e Oltrepò occidentale (come Nibiò), fino a Bobbio in Val Trebbia (Pc). Vittima della contrazione della viticoltura, del cambio climatico e del mutamento dei costumi alimentari, oggi il Dolcetto conta poco più di seimila ettari, essenzialmente in Piemonte. Dall’Ovadese ai contrafforti alpini di Mondovì. Poi una certa presenza si riscontra in Liguria (Imperia e Savona), in Sardegna e, in modo sporadico, in diverse regioni italiane dove entra nella composizione di vini a Indicazione Geografica. Rimane uno dei trenta maggiori vitigni italiani. Fuori Italia si trova in California, Oregon, Texas, Nuovo Messico, Australia e Nuova Zelanda.
Il Dolcetto è un vitigno di media vigoria. Predilige perciò sistemi di allevamento e potatura non espansi, tipo Guyot, con un solo capo a frutto per lo più di 6-8 gemme. Produzione: buona e regolare solo nelle località che meglio gli si addicono. Nelle zone poco adatte, spesso si assiste ad una sgranatura spontanea durante lamaturazione.
Resistenza alle avversità: in generale si considera meno resistente alle malattie crittogamiche del Barbera. È invece ritenuto più resistente alle avversità atmosferiche (geli, grandine). Comportamento rispetto alla moltiplicazione per innesto: in generale buono. Dimostra buona affinità col "Kober 5BB", "Rupestris du Lot", "3309", "161-49", "41 B". Ed uno scarso attecchimento quando combinato con 420A e 101-14.
Vino Dolcetto: clima e suoli
I suoli del basso Piemonte e in particolare del complesso di terre che includono le Langhe, ed il Monferrato per terminare nelle colline di Torino, si sono originati dal corrugamento del fondo del Mare Padano, circa 25 milioni di anni fa. La pedogenesi che ne seguì produsse suoli che testimoniano queste origini, con la presenza nel terreno di conglomerati di arenaria, marne a strati sovrapposti, gessi, calcari e sabbie in cui si trovano conchiglie marine, frammenti fossili, scheletri di pesci e alghe.
Osservando questo sistema si nota quindi: l’arco alpino, una zona collinare e una pianeggiante che rendono evidente l’origine dal Bacino Terziario postorogenico, con forma caratteristica a catino, in cui si evidenziano le successioni sedimentarie di età più recente (risalenti a 30 milioni di anni fa), quelle di natura terrigena (i flysch) deposte in un mare interno il cui fondo, abbassatosi velocemente, ha consentito la costituzione di conglomerati, di arenarie, marne-argille gialle e di argille verdi ricche di fossili marini. Gli affluenti a destra del fiume Po, tra cui Tanaro, Bormida e Scrivia, attraversano invece quella parte della regione collinare che, a differenza dell’altra, non è stata ricoperta da ghiacciai quaternari. Il Monferrato è caratterizzato da arenarie, marne e argille.
Facendo un riferimento specifico alla zona di Dogliani, ove il Dolcetto ha trovato una delle maggiori zone di elezione, troviamo suoli derivati da forti processi erosivi, e presenza di strati di arenarie frammisti a suoli più marcatamente argillosi Nel Doglianese, è molto evidente l’alternarsi di versanti lunghi e corti, risultato del movimento di innalzamento dei suoli chiari, con presenza in qualche caso di strati di arenarie frammisti a suoli più marcatamente argillosi. Questi ultimi derivano da formazioni più recenti e non ancora del tutto dilavate ed erose, la cui profondità può variare soprattutto in relazione all’esposizione e all’inclinazione del terreno. Dogliani in particolare fa da ponte tra la Langa del Barolo con cui confina a nord e l’alta Langa dei noccioli e della pastorizia con cui, invece, confina a sud, fra la pianura di Cuneo con cui confina a ovest e la Valle del Belbo a est. Il clima che caratterizza la zona è congeniale e molto adatto per la coltivazione del Dolcetto, dato che il vitigno per poter conservare i suoi profumi delicati predilige temperature fresche ed equilibrate che contribuiscono a fornirgli un carattere vivace, vinoso se si gode giovane quando è fresco e fragrante, di moderata acidità, sincero e immediato.
Di colore rosso rubino pieno, al naso si propone con sfumature di mora e ciliegia selvatica e floreali di viola risultando in bocca ampio e suadente, fine ed elegante con un sapore secco e armonico, chiudendo con un piacevole retrogusto finemente ammandorlato e fragrante.
Dogliani si trova nella parte meridionale delle Langhe più alta e fresca poiché vicina alle montagne dell'Appennino ligure e alle Alpi Marittime. É il clima congeniale al Dolcetto, che soffre il caldo eccessivo e conserva i suoi profumi delicati solo in un particolare equilibrio di temperature.
I vini del Dolcetto
Oltre alla Docg “Dogliani”, il vitigno Dolcetto produce: il Dolcetto di Diano d'Alba o Diano d'Alba Docg, presente anche nella tipologia Superiore, e la Docg Dolcetto di Ovada Superiore o Ovada.
E le Doc: Dolcetto d'Alba, Colli Tortonesi, Dolcetto d'Acqui, Dolcetto d'Asti, Dolcetto di Ovada, Golfo del Tigullio - Portofino o Portofino, Langhe, Monferrato, Piemonte, Pinerolese, Pornassio o Ormeasco di Pornassio, Val Polcevera, Valsusa.
Il Dolcetto entra nella composizione dei vini a Indicazione Geografica Protetta: Allerona*, Alto Mincio, Barbagia*, Bergamasca*, Bettona*, Cannara*, Colli Aprutini, Colli del Limbara*, Colli del Sangro, Collina del Milanese*, Colline del Genovesato, Colline Frentane, Colline Pescaresi*, Colline Savonesi, Colline Teatine, Del Vastese o Histonium, Emilia o dell'Emilia, Forli, Isola dei Nuraghi*, Liguria di Levante, Marmilla*, Narni*, Nurra*, Ogliastra*, Parteolla*, Planargia*, Provincia di Mantova, Provincia di Nuoro*, Provincia di Pavia*, Quistello*, Ravenna, Romangia*, Ronchi Varesini, Rubicone, Sabbioneta, Sebino, Sibiola*, Spello*, Terrazze dell'Imperiese, Alpi Retiche*, Terre Aquilane o Terre de l'Aquila, Terre di Chieti, Terre Lariane, Tharros*, Trexenta*, Umbria*, Valle del Tirso*, Valli di Porto Pino*. (* è ammessa la menzione di questa varietà in etichetta).
Dolcetto: come avviene la vinificazione
Nell’insieme delle varietà a bacca rossa tipiche del Piemonte, caratterizzate da una maturazione medio-tardiva, il Dolcetto rappresenta certamente un’eccezione, raggiungendo la piena maturità nel mese di settembre, più precisamente tra la prima e la seconda decade. Il dogma della vocazione del Dolcetto alla produzione di vini giovani dal colore brillante, poco tannici e poco acidi, talvolta con note amare, un tempo ritenute tipiche, è stato messo in discussione quando qualche vinificatore ha iniziato ad elaborare vini dal colore intenso e dalla struttura polifenolica potente, che hanno riscosso un notevole successo in Italia e anche all'estero e, allo stesso tempo, dimostrando una buona versatilità di questa cultivar.
Per gestire efficacemente il processo di vinificazione occorre conoscere le potenzialità enologiche raggiunte dall'uva: la determinazione del tenore zuccherino e della composizione acida (Maturità Tecnologica) non consente di accertare completamente le reali potenzialità enologiche delle uve. Nel caso dei vini rossi la conoscenza del patrimonio fenolico (Maturità Fenolica) diventa un elemento basilare per una conduzione razionale del processo macero-fermentativo. Insieme ai precursori di aroma (Maturità Aromatica) le sostanze fenoliche sono infatti i principali responsabili della tipicità dei vini.
Alcune caratteristiche polifenoliche del Dolcetto:
- Elevato tenore in antociani totali
- Alto indice dei polifenoli totali (PT) > 2000 mg/kg (superiore a quello della Barbera e del Nebbiolo).
- Stessa cosa per quanto riguarda i flavonoidi totali (FT).
- Più ricco in flavanoli reattivi alla vanillina (FRV)
- Proantocianidine (PC): leggermente più ricche del Nebbiolo (circa 3000 mg/kg).
- Vinacciolo: le % di FRV estraibili dai vinaccioli sono superiori rispetto al Nebbiolo (e simili alla Barbera)
- Comportamento analogo anche per quanto riguarda la frazione di PC estraibile dai vinaccioli.
Il quadro polifenolico sopra brevemente elencato, mette in luce per il Dolcetto un cospicuo patrimonio di sostanze tanniche, tendenzialmente superiore a quello del Nebbiolo, ma soprattutto una frazione di flavani reattivi alla vanillina estraibili dai vinaccioli rilevante, in termini sia assoluti che relativi.
Il connubio di questi due dati mette in risalto la necessità di avere un’ottima maturazione dei vinaccioli, quale condizione necessaria per avere vini strutturati, passibili di un certo affinamento, capaci di esaltare le potenzialità espresse dall'uva. Dal punto di vista aromatico fra i composti terpenici, quello più rappresentato dal punto di vista quantitativo è il p-ment-1-ene-7,8 diolo (Mentendiolo 2). Questa caratteristica, unita all'alto tenore in Geraniolo differenzia il Dolcetto dalle varietà a frutto colorato del Piemonte.
Tra i Norisoprenodi il Vomifoliolo appare il più rappresentato mentre il Damascenone è presente in quantità importante ma non significativa. Dal quadro dei composti aromatici varietali presenti sotto forma eterosidica, si deduce che il Dolcetto durante la conservazione può sviluppare aromi della classe dei norisoprenoidi in quantità limitata, ma tale da contribuire con i benzenoidi alla formazione di un aroma caratteristico, tipico del vitigno. Per quanto riguarda la vinificazione vera e propria, alla base di un risultato significativo c’è la raccolta di uve sane e ben mature (Maturità Tecnologica ma anche Fenolica - vedi FRV dei vinaccioli - e Aromatica). Diraspa-pigiatura tendenzialmente leggera (a rulli più larghi) per limitare al minimo la rottura delle bucce. Può essere utile (a seconda dello stato sanitario iniziale delle uve) una MPF per favorire i processi dissolutivi di colore ed aromi.
La FA si svolge a T° controllata non troppo elevata (max 27-28°C c.ca) durante il quale vengono eseguiti rimontaggi frequenti con opportuni arieggiamenti della massa volti a favorire il regolare lavoro dei LSA. A fine FA può seguire una MpostFA più o meno lunga, a seconda dello stile del vino, ed inseguito svinatura e pressatura leggera.
La FML viene preceduta da almeno 1 travaso data la tendenza del Dolcetto ad andare in riduzione. Il periodo di affinamento varia a seconda dell’obiettivo aziendale e può durare da pochi mesi ad un anno circa.
Il Dolcetto e il suo profilo sensoriale
Il Dolcetto produce vini rosso rubino intenso con riflessi violacei, intenso profumo vinoso con sentori di ciliegia e frutti rossi. Con piacevole retrogusto amarognolo. Hanno in genere una bassa attitudine all’invecchiamento poiché soggetti a difetti olfattivi di tipo riduttivo ed una certa facilità all’ossidazione. La ragione del suo successo è stata proprio da capacità di generare vini estremamente gradevoli di pronta beva.
Nei terreni di Langa il Dolcetto, considerato quasi un vino “quotidiano”, il vino dell’amicizia da bere a pieni bicchieri e con il cuore in mano, trova il suo habitat ideale: il carattere è semplice e rustico con colore rosso rubino più o meno intenso, in relazione alla tipologia dei terreni, con profondi riflessi violacei, molto marcati, mentre il profumo è vinoso e fragrante con invitanti sentori di fruttato nei quali si riconoscono la ciliegia e la prugna. Infine, il sapore è decisamente secco e asciutto, di modesta acidità, amarognolo delicato e invitante.
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