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La gloriosa Scuola di Enologia del Friuli

08 Marzo 2017
La gloriosa Scuola di Enologia del Friuli
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Da l'Enologo - n°12 2016 - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani

Di Nino D'Antonio

Sorprende che un territorio di antica tradizione vitivinicola, quale il Friuli (basti pensare al retaggio di storia del Picolit) abbia tardato tanto ad avere una Scuola di Enologia. E non solo rispetto a San Michele all’Adige, Conegliano, Alba, Ascoli Piceno, ma anche ad Avellino, Catania, Marsala, tutte istituzioni attive fin dall’ultimo ventennio dell’Ottocento. Poi si scopre che le ragioni vanno ancora una volta ricercate in quella economia agricola, che ha segnato a lungo le comunità dei Colli Orientali del Friuli, a partire da Cividale. Così la Scuola “Paolino D’Aquileia” di Cividale del Friuli, nata nel 1924, ha avuto ben altre finalità. Corsi triennali per “ortolani, potatori, innestatori, casari, allevatori di bestiame, apicoltori”. Insomma, un’area didattica tutta all’insegna della ruralità, e questo anche per chi volesse proseguire gli studi. Il biennio successivo, infatti, portava a conseguire il titolo di “Agente rurale”.

La realtà del Friuli tra le due guerre

ggrappolo di Picolit del Friuli
Grappolo di Picolit del Fiuli

E il vino? Allora stentava ad avere una sua collocazione. D’altra parte, ogni famiglia poteva contare, insieme all’orto e al pollaio, anche su un piccolo vigneto. Per cui fra le due guerre non ci sarà spazio al di là del modesto mercato locale. La stessa distribuzione del Picolit (peraltro limitata a non più di qualche centinaio di bottiglie) aveva canali assai ristretti. Poi, nei primi anni Sessanta, intorno al mondo del vino comincia a delinearsi una sottile spirale, che prenderà sempre più forma. È l’avvio di quel processo che felicemente continua a crescere. Qualcuno più lungimirante comincia a rinnovare le attrezzature in cantina e a richiedere il contributo di un tecnico per migliorare il proprio vino. Si fa strada intanto, con ogni cautela, la figura dell’enotecnico (quella dell’enologo è ancora da venire), destinata a sostituire spesso, sia pure a mezzadria, quella del capocantiniere. È la stagione in cui anche la Scuola di Cividale si prepara a camminare con i tempi. Prima la nascita dell’Istituto Tecnico Agrario, come sezione staccata di Conegliano, poi l’autonomia. E nell’‘81 i primi corsi di Viticoltura ed Enologia. Ci siamo. Anche se c’è voluto oltre un secolo perché Cividale avesse una sua scuola, in linea con le tradizioni viticole del territorio, ma senza per questo trascurare i corsi di Gestione dell’Ambiente e del Territorio, nonché quelli di Produzioni e Trasformazioni, come recita tutt’oggi l’offerta formativa dell’Istituto.

La visita alla scuola di Enologia in via dell’Istituto Tecnico Agrario

Vi arrivo - non lontano dalla stazione, dove una “navetta” va su e giù da Udine - attraverso un viale che sa di bosco, tanto è fitto di alberi. Poi un portale di mattoni ad arco, con chiave di volta e due muri forati a delimitare l’area della scuola. Lo spiazzo, quanto mai ampio, ha una sua suggestione per quegli edifici che conservano il sapore delle vecchie ville di campagna. Alberi di alto fusto accrescono il dominio del verde, scandito anche dalla felice geometria di una serie di aiuole.

Cividale: Ponte del Diavolo - Friuli
Cividale: Ponte del Diavolo - Friuli

“È opera del mio predecessore” mi dirà più tardi il preside. Il nome della scuola è altisonante: quello dell’illuminato patriarca Paolino d’Aquileia. Roba dell’ottavo secolo, ripresa nel tentativo di suggellare un legame con il tessuto storico di Cividale. Impresa fortemente simbolica, visto che le vicende del Forum Iulii partono dalla fondazione romana attribuita a Giulio Cesare e si elevano con l’istituzione del primo ducato longobardo in Italia nel 568 d.c.. Di questo tempo rimangono reperti monumentali imponenti, che hanno consentito alla città di essere iscritta nella World Heritage List Unesco nell’anno 2011 a seguito della candidatura seriale incentrata sulla dominazione longobarda in Italia.

Un lungo viaggio quindi dalla fondazione romana al Medioevo patriarcale ai secoli della Serenissima. Di tanta storia non mancano particolari testimonianze. A cominciare dal Ponte del Diavolo, che lega le alte sponde rocciose del Natisone, al Tempietto longobardo, la più elevata espressione artistica dell’alto medioevo occidentale, facente parte dell’antico Monastero Maggiore di fondazione e millenaria conduzione benedettina, fino al Duomo e al Palazzo dei Provveditori Veneti, progettato da Palladio. Sono immagini che mi accompagnano con insistenza, mentre attraverso l’ampio cortile. Specie quelle degli stucchi del Tempietto, dove il grande fregio ad arco è arricchito da tralci di viti, fra sei delicate figure femminili. Così l’uva trova qui ancora una conferma di quanto il tema fosse presente fin da quelle lontane civiltà.

Scuola di Enologia in Friuli: cinquecento allievi e quaranta docenti

La Scuola conta oggi circa cinquecento allievi per l’Agraria e oltre quaranta docenti, di cui la metà con ruoli tecnici. Il rapporto è più che mai comprensibile, se si pensa che c’è da gestire un’azienda agricola, con finalità didattiche, di oltre ventuno ettari, tre dei quali a vigneto, per un totale di circa dodicimila bottiglie.

Un terreno della Scuola di Enologia del Friuli
Un terreno della Scuola di Enologia del Friuli

Sono cifre di tutto rispetto, considerato l’impegno che la struttura richiede. La quale include un allevamento di animali, la fattoria, il frantoio, la cantina, i vivai e il caseificio. Una realtà quanto mai vasta e differenziata, cui sono da aggiungere lo spaccio aziendale e la mensa. Perché non va dimenticato che la Scuola di Cividale vanta un’estensione di terreno, che ha pochi riscontri con le altre scuole. Le quali mediamente operano su aziende più modeste, a partire dai quindici ettari di Conegliano.

Ne parlo col dirigente, professor Nino Ciccone, nella bella presidenza, che ospita una folta assemblea di coppe vinte in varie attività scolastiche. Lunga esperienza, studi di Agraria, una carica di entusiasmo non facilmente riscontrabile dopo anni di servizio, il preside non esita a dichiarare che le scuole enologiche non hanno ragion d’essere senza il supporto di un’azienda e del personale tecnico in grado di gestirla. “Ogni conoscenza deve avere alle spalle un’esperienza diretta. La teoria serve appena a introdurre il tema, ma poi bisogna passare alla verifica. Che è l’unico banco di prova perché una nozione non resti tale. Lo stretto legame fra la terra e l’uva è la sola chiave per capire un territorio e i suoi vini…..”.

Friuli terra di contrasti

E il Friuli, anche sotto quest’aspetto, è una realtà di non facile approccio. Intanto, è terra di confine, e questo significa un miscuglio di etnie e di parlate. Dal friulano (diffuso fra circa seicentomila persone, cioè la metà dell’intera popolazione) all’italiano allo sloveno al tedesco. Ma pure la geografia ha le sue anomalie e i suoi forti contrasti. Si pensi al Friuli dell’Isonzo rispetto al Collio, o al diffuso microclima, che sui ventimila ettari di vigneti dà luogo a frequenti e imprevedibili varianti, anche nello spazio di poche centinaia di metri.

Il Tocai Friulano: un vitigno autoctono del Friuli
Il Tocai Friulano: un vitigno autoctono del Friuli

Un fenomeno che ha consentito alle diverse tipologie di vitigno di trovare il loro habitat ideale, dai vitigni internazionali alle più antiche varietà autoctone. L’area più interessante per i vitigni autoctoni - mi dice Attilio Vuga, docente di Agronomia e Viticoltura – resta però questa, delle colline che vanno dal Friuli Orientale al Carso, dove, rispetto alla pianura ove prevalgono Pinot Grigio e Glera, rimangono significativi vitigni a bacca bianca come Picolit, Ribolla Gialla, Verduzzo Friulano, Tocai Friulano, Vitovska e a bacca rossa come il Refosco dal Peduncolo rosso, il Refosco di Faedis, lo Schioppettino, il Pignolo, il Tazzelenghe. Qui infatti sono presenti le Docg della regione e le diverse sottozone. Il ruolo della scuola enologica di Cividale del Friuli si evidenzia proprio per aver operato in questo contesto di “specialità”, che l’ha obbligata ad andare oltre l’internazionale, valorizzando doverosamente anche il locale. Le centinaia di diplomati di questo corso, hanno fornito in oltre trent’anni, un contributo fondamentale al salto di qualità della vitivinicoltura del Friuli Venezia Giulia”.

Il confronto con i docenti si anima. C’è identità di vedute, ma anche una serie di sottili distinguo, legati più che alla diversa formazione culturale, alle esperienze maturate nel mondo del vino. Scopro, così, che nel comprensorio - dove pure non mancano grosse cantine - il tessuto produttivo è costituito da una folla di piccole aziende. E che oltre la metà della produzione è data da uve a bacca bianca; che le maggiori cantine sono sommerse da una serie di modeste realtà fra i due e i dieci ettari, e che il fenomeno impegna l’80% delle strutture.

In Friuli una scuola veramente agraria

La mia visita rischia di non avere fine. Tali e tante sono le sezioni da vedere. Dai severi laboratori di analisi al coro di muggiti della stalla, dalle aule alla cantina, al Centro Convegni, all’Aula Magna, che può contare su ben cinquecento posti e una tecnologia d’avanguardia. È comprensibile, a questo punto, qualche mia difficoltà a ritrovare i tradizionali caratteri di una scuola, sia pure a indirizzo agrario. Qui cattedre e banchi sono in palese minoranza rispetto alle tute da lavoro e ai tavoli con alambicchi e provette. Per cui alla fine l’azienda risulta avere qualche marcia in più della scuola, in senso stretto.

Impianto di vinificazione della scuola di Enologia del Friuli
Impianto di vinificazione della Scuola di Enologia del Friuli

“Capisco che possa disorientare chi viene da altre esperienze, osserva il preside. Ma il fascino di questa istituzione sta proprio nel proporre l’intero cursus di un vitigno, dall’impianto al processo di vinificazione, imbottigliamento e commercializzazione. E altrettanto vale per i prodotti della fattoria. Direi anzi che queste aree di conoscenze andrebbero di frequente allargate, per evitare che il corso di studi si limiti alle sole realtà del territorio”.

Il Paolino d’Aquileia non ha convitto. Gli studenti provengono in massima parte dai comuni limitrofi, anche se non mancano trentini, sloveni e croati, che trovano alloggio presso il Convitto Nazionale Paolo Diacono. In cambio, la Scuola può contare su una mensa particolarmente utile, quando le esercitazioni tecnico-pratiche vanno oltre le ore del pomeriggio. È un servizio, a costi alquanto modesti, gestito da un’azienda esterna.

Ho bisogno, dopo questa lunga immersione nel mondo agricolo, di ritrovarmi fra le pareti di un’aula, dove qualcuno faccia lezione. Non importa se di letteratura italiana, matematica o inglese. Voglio solo recuperare quell’immagine di scuola, che mi accompagna fin dall’infanzia.

Il professor Ciccone non ha esitazione, e punta verso le aule dell’ultimo corso di Enologia. I banchi sono disposti a emiciclo, e due di essi, appaiati, fungono da cattedra. Un’allieva sta leggendo l’incontro fra padre Cristoforo e don Rodrigo, con forte partecipazione emotiva. Penso abbia potenziali doti da interprete. Un requisito non del tutto raro in queste terre, visto che a Cividale è nata Adelaide Ristori, la più grande attrice dell’Ottocento.

Nell’aula accanto, un giovane docente scrive alla lavagna gli elementi di un’equazione. Le visite potrebbero continuare, ma sono state sufficienti a restituirmi lontane atmosfere. Il mio notes si è intanto arricchito di altri appunti. Lo sfoglio, nella pausa per un caffè. Il servizio è automatico, ma particolarmente utile per quegli studenti che si levano di buonora e raggiungono Cividale dopo un viaggio.

Le collaborazioni della scuola di enologia con università e consorzi

Ho bisogno di un chiarimento sulla popolazione scolastica e su quel vigneto sperimentale, avviato qualche anno fa. “È in crescita la frequenza al corso di Produzione e Formazione, anche da parte delle ragazze, che ormai rappresentano un quinto degli allievi. Per quanto riguarda il vigneto – continua il professor Ciccone - è un’iniziativa d’avanguardia, portata avanti in collaborazione con l’Università di Udine. Il metodo prevede una serie di prove parcellari, per ottenere parametri fisiologici e qualitativi su densità di impianto, forme di allevamento e portainnesti al fine di contribuire alle scelte tecniche che vengono operate sul territorio. I quali sono poi destinati, a loro volta, a essere elaborati statisticamente. Il criterio è quello d’indagare su piccoli fenomeni per poi risalire a norme generali”.

Attività pratico-didattiche della Scuola di Enologia del Friuli
Attività pratico-didattiche della Scuola di Enologia del Friuli

Il d’Aquileia è tra le più attive istituzioni in materia di scambi culturali. Un terreno quanto mai ricco i stimolazioni, che in ogni caso vanno gestite con opportune scelte. Certo, il richiamo della Borgogna e degli Chateaux è irresistibile, ma sarebbe poco utile senza aver prima conosciuto i territori della nostra spumantistica, dal Piemonte alla Franciacorta.

Mi soffermo intanto a parlare con più di qualche docente. Argomento, gli scambi culturali in atto. Viene fuori così il progetto Italia-Slovenia, con la Via dei Sapori e dei Saperi per valorizzare le tipicità locali. È ancora il Polo Formativo Agroalimentare, che gestisce corsi di Istruzione e Formazione. A non tenere conto delle convenzioni che la Scuola ha sottoscritto con i tre Consorzi di Tutela: quello dei Colli Orientali, del Collio-Carso e dell’Isonzo. “In pratica, un ventaglio di realtà che fanno della Paolino d’Aquileia un sicuro punto di riferimento per l’intero territorio”, aggiunge Patrizia Genova, alla direzione dei Servizi Generali.

E il preside profitta per ricordare due eventi: lo scambio culturale con le scuole enologiche argentine, della provincia di Cordova, nell’ambito del progetto Viarit 2, e le significative risorse a favore dei laboratori degli istituti agrari, grazie all’impegno dell’assessore regionale Shaurli.

È già sera, quando si diffonde il suono della campanella. La scuola chiude, e nel grande cortile cresce l’animazione. Qualcuno sollecita il preside perché non trascuri di citare le attività che hanno impegnato i vari corsi. E promette di fargli avere un preciso elenco il giorno dopo. Il momento è propizio per confondermi fra gli studenti e guadagnare l’uscita. Penso di saperne abbastanza sul d’Aquileia, dove si stanno già progettando nuovi impianti di vigneto con vitigni autoctoni, e si sperimenteranno anche le nuove viti resistenti alle principali avversità, frutto del lavoro dell’Università di Udine, con cui l’Istituto di Cividale collabora da decenni, e dalla Cooperativa di Rauscedo, leader mondiale del settore.

Di Nino D'Antonio

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