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Nelle annate difficili la differenza tra i vini la fa la conoscenza

15 Dicembre 2017
Nelle annate difficili la differenza tra i vini la fa la conoscenza
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Da l'Enologo - n°10 Ottobre 2017 - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani

Nel rapporto "tradizione - innovazione" in enologia si è aperto in questi anni un serrato dibattito in una logica di contrapposizione che non contribuisce certo a indirizzare le scelte produttive più coerenti alle esigenze del consumatori. Contrapporre vitigni autoctoni a vitigni internazionali, lieviti spontanei a lieviti selezionati, barrique a grandi botti, biologico a convenzionale ed altro ancora, è una moda molto frequente nella comunicazione del vino, retaggio che può essere ricondotto ai contenuti espressi nel secondo libro della Retorica di Aristotele, che in Italia, sebbene inconsapevolmente, trova molti estimatori.

Per Aristotele, l'ermeneuta, colui che sa interpretare i fenomeni per comunicarli in modo corretto, usa dei luoghi comuni, dove per luoghi, il filosofo intendeva gli atteggiamenti della mente, appunto i luoghi mentali. Un luogo comune molto utilizzato a questo proposito è quello delle contrapposizioni.

Il taglio dell'uva bianca in un vigneto italiano
Il taglio dell'uva bianca in un vigneto italiano

Affermare che "la qualità della vendemmia del 2017 è elevata", rappresenta un modo per distinguersi, contrapponendosi all'opinione comune, che esprime una valutazione contraria. Di solito chi esprime giudizi così superficiali non vive la realtà quotidiana dell'enologo, che è l'interprete quotidiano dei cicli naturali della vite e dell'evoluzione del vino nella sua cantina, colui che sapientemente sa prevedere il percorso sensoriale, attendendo il compiersi dei fenomeni biologici, senza le accelerazioni e i bruschi cambiamenti che la tecnica talvolta suggerisce.

La nascita della scienza enologica coincide nell'800 con l'azione terapeutica del tecnico nei confronti delle numerose "malattie del vino" e, di conseguenza, sui difetti gustativi che queste provocavano. Un cambiamento di prospettiva è avvenuto circa un secolo dopo, in gran parte per merito di E. Peynaud, che ha trasformato l'enologia in una pratica estetica, atta a ridurre gli effetti dannosi della casualità, sul gusto del vino.

Certamente nel tempo pre-enologico numerosi vini non erano capaci di esprimere le migliori potenzialità delle uve d'origine per la mancanza assoluta di tecnica, quella che oggi fortunatamente impedisce in una sorta di predestinazione, l'apparire di sensazioni "particolari", qualche volta giudicate dei pregi, mentre di norma sono dei difetti.

E' fondamentale l'intervento dell'enologo professionista

Per evitare che annate come quella che stiamo vivendo portino a questi dis-valori, è necessario che viticoltori virtuosi incontrino enologi geniali e questo non può essere lasciato al caso. Nello sviluppo della vitienologia, vicino alle osservazioni e applicazioni empiriche dei viticoltori e dei tecnici, si sono spesso inseriti i meccanismi scientifici dell'innovazione che hanno stimolato a cascata una serie di progressi rappresentati dalla creazione di nuove varietà e portinnesti, dalla selezione dei lieviti, dalla produzione di nuove macchine enologiche eccetera.

I progressi raggiunti dalla cosiddetta viticoltura di precisione, applicabile ormai anche ad aziende di piccole dimensioni, consentono di valutare lo stato vegeto produttivo nelle diverse parti di un vigneto e di adeguare le somministrazioni degli input energetici (concimi, acqua irrigua, prodotti antiparassitari, ecc.) in funzione dei reali fabbisogni delle piante e di georeferenziare il comportamento vegeto-produttivo delle singole piante e di intervenire con le cosiddette mappe di prescrizione sulla produttività in funzione della struttura della chioma, con opportune scelte colturali (diradamenti dei grappoli, cimature, sfogliature, ecc.) e con apporti, a cosiddetto rateo variabile, di concimi e antiparassitari.

Una cassetta di uva appena raccolta
Una cassetta di uva appena raccolta

Queste innovazioni si sono rivelate determinanti nel corso della annata 2017, nel contenere i danni dell'eccesso termico e della mancanza d'acqua, sulle accelerazioni dei fenomeni di maturazione delle uve. Per poter cogliere i vantaggi dell'innovazione scientifica nella viticoltura del nostro Paese e garantire quella interpretazione della materia prima, necessaria per gestire nel modo più corretto le vinificazioni, bisognerebbe seguire l'esempio della Francia o di alcune regioni italiane come il Trentino o il Friuli nelle quali, in ogni cantina anche la più piccola, opera un enotecnico o un enologo, con livelli di preparazione commisurati alle potenzialità produttive dell'azienda, capace di valorizzatore la variabilità compositiva dell'uva, dovuta all'annata o al terroir, attraverso interventi di tecnica enologica non standardizzati ma personalizzati ad ogni partita di uva che arriva in cantina.

Gli interpreti della tradizione, alla quale non dobbiamo mai abdicare, che si esprime nella valorizzazione della grande diversità di vitigni e suoli italiani, sono quindi l'enologo e il comunicatore, coloro ai quali è demandato il compito rispettivamente di ridare originalità al gusto dei vini e far conoscere al consumatore il senso della novità che è connessa ai nostri vini.

Da l'Enologo - n°10 Ottobre 2017 - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani

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