Il Raboso Veronese
Da l'Enologo - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
Il Raboso veronese è stato a lungo confuso sia col Raboso che col Refosco (Mas e Pulliat, 1874). Il Di Rovasenda scrive che la "Rabosa veronese" è creduta sinonimo di “Fortana cremonese” (però lui stesso ne dubita).
Oggi è certo che il “Raboso veronese” è profondamente diverso dalla “Fortana” o “Fruttana” del piacentino e del parmense (presente nel ‘900 anche nelle alberate della bassa cremonese). A dispetto del nome, non c’era presenza di Fortana nel veronese.
L’origine del nome viene attribuita ad un viticoltore di nome Veronese, che per primo portò a Noventa questo Raboso dal trevigiano, dove si presume si sia originato intorno al 1800 da un incrocio spontaneo tra Raboso del Piave e Marzemina bianca.
Marzotto scrisse che questa varietà fosse stata introdotta dalla zona di San Polo di Piave e Cologna Veneta. Nell’Ampelografia generale della provincia di Treviso (1870) si legge che la Rabosa veronese era coltivata assieme alla Rabosa nostrana o Trevisana (oggi Raboso del Piave).
Nel 1931 l’Istituto di Viticoltura ed Enologia di Conegliano raccomandava la coltivazione della Rabosa veronese nella bassa trevigiana, e nel Padovano, Veneziano, Vicentino e Rovigotto.
Il vitigno Raboso veronese
Foglioline basali: spiegate, sub lanuginose sulla pagina superiore, lanuginose su quella inferiore, verdi dorate; fortemente frastagliate, di forma lanceolata e con denti e lobi molto pronunciati (caratteri che permettono già di distinguere il “Raboso veronese” dal “Raboso Piave”).
Foglia: grandezza media, pentagonale, lanceolata, lobata; seno peziolare a U con bordi che si avvicinano fino a toccarsi; seni laterali superiori molto profondi, a lira. Lembo piegato a gronda. Pagina superiore verde abbastanza scuro, liscia, glabra, un po’ lucida.
Colorazione autunnale della foglia: gialla (mentre nel “Raboso Piave” è rossa). Grappolo a maturità: grande, lungo 20- 25 cm, cilindrico, con un’ala, poco compatto, peduncolo visibile, legnoso.
Bacche medie, sferoidi, un po’ allungate, regolari; buccia pruinosa, spessa, coriacea, astringente, bleu nero; ombelico persistente, ben visibile; polpa sciolta, sapore semplice, dolce, acidulo; succo incolore.
Vinaccioli: 2-3, di grandezza media, forma rigonfia.
Tralcio legnoso: di lunghezza media (1,50-2 metri), abbastanza robusto, con femminelle; sezione trasversale ellittica, superficie liscia; nodi poco evidenti; internodo medio (cm 8-10), colore grigio nocciola chiaro, con nodi un po’ più scuri; gemme coniche, tronco: robusto.
Fenomeni vegetativi
Germogliamento, fioritura ed invaiatura in epoca media, mentre la maturazione, come la caduta delle foglie sono tardive.
Caratteristiche e attitudini colturali
Il Raboso veronese è un vitigno di notevole vigore con produzione abbondante e costante. La posizione del primo germoglio fruttifero è sul 2°-3° nodo. Numero medio di infiorescenze per germoglio: 2. La fertilità delle femminelle: molto scarsa.
Resistenza ai parassiti ed altre avversità: buona (si è dimostrato un vitigno piuttosto rustico); viceversa va un po’ soggetto ad acinellatura verde, particolarmente quando la fioritura soffre di abbassamenti di temperature o piogge prolungate.
Origini genetiche
Il Raboso veronese è figlio di un incrocio spontaneo tra Raboso del Piave e Marzemina bianca. Un recente incrocio tra Raboso veronese e Merlot ha generato una nuova varietà, la Fertilia n. iscritta a Registro nel 1976. Diverse indagini sul DNA hanno indicato che Raboso veronese è sinonimo di Raboso Friularo, mentre Friularo è sinonimo di Raboso del Piave.
I cloni
La selezione è stata improntata a preservare i caratteri di tipicità del vitigno. Sono oggi omologati il Fedit 2 C.S.G.; l’ISV-V1 e l’ISV-V2 ed il Vcr 3.
Superficie vitata
Il Raboso veronese ha visto ridursi progressivamente la sua presenza. Al censimento Istat del 2010 la superficie coltivata era contenuta in 277 ettari. All’estero è presente nelle zone di Mendoza e San Juan in Argentina con una cinquantina di ettari.
I vini
La varietà partecipa alla formazione delle seguenti denominazioni di origine e/o indicazioni geografiche. Assieme al Raboso del Piave produce la Docg Piave Malanotte o Malanotte del Piave. Sempre con Raboso del Piave entra nella composizione delle Doc Bagnoli di Sopra o Bagnoli, Colli Euganei, Corti Benedettine del Padovano, Merlara, Piave, Riviera del Brenta, Venezia, Vicenza.
E alle seguenti IGT: Alto Livenza*, Alto Mincio, Bergamasca*, Colli Trevigiani*, Collina del Milanese*, Conselvano*, Trevenezie*, Emilia o dell’Emilia, Forli, Marca Trevigiana*, Provincia di Mantova, Provincia di Pavia, Quistello*, Ravenna*, Ronchi Varesini, Rubicone*, Sabbioneta, Sebino, Alpi Retiche*, Terre Lariane, Vallagarina, Veneto*, Veneto Orientale*, Venezia Giulia, Verona o Provincia di Verona o Veronese.
* è ammessa la menzione di questa varietà in etichetta
Suoli e clima
Il riferimento è alla zona di produzione della Docg “Bagnoli Friularo o Friularo di Bagnoli”. Quest’area presenta un’elevata complessità geologica e pedogenetica. Nella zona settentrionale e più precisamente nei comuni di Battaglia Terme e Monselice, i suoli hanno avuto origine dalla disgregazione delle rocce vulcaniche: presentano un buono scheletro, sono ben drenati e ricchi di minerali e microelementi.
Le zone pianeggianti degli altri comuni sono caratterizzate da una differente tessitura e dalla ricchezza minerale originata dai sedimenti dei fiumi Adige, Bacchiglione e Brenta, presentando una percentuale maggiore di limo e di sostanza organica rispetto a terreni non alluvionali; definibili come sub-acidi, il loro tenore in potassio ben si sposa con la grande acidità espressa dal vitigno Friularo.
Il clima è temperato, caratterizzato da condizioni termiche mediterranee, inverni miti, estati calde e asciutte; soventemente, durante il periodo della maturazione, vi sono escursioni termiche importanti che provocano incrementi delle sostanze fenoliche e colore nella bacca.
La piovosità media annuale oscilla tra i 700 e i 900 mm con due punte massime, in primavera e autunno; tali precipitazioni, susseguendosi in maniera cadenzata, permettendo alla vite di vegetare senza incontrare stress di natura idrica e carenze minerali.
La vicinanza dei Colli Euganei garantisce, per il semplice effetto del differenziale termico, una ventilazione serale e mattutina che permette in estate di mitigare la sommatoria termica nelle ore più calde e in primavera di salvaguardare dalle brinate. La ventilazione che caratterizza l’intero areale è fondamentalmente riassumibile nei venti provenienti da nord-est e, vista la relativa vicinanza al mare, dalla presenza di brezze marine e bora che arrivano periodicamente nell’intera area di produzione durante tutta la fase vegetativa.
Questi eventi atmosferici hanno il positivo effetto di impedire, specialmente d’estate, il ristagno dell’umidità.
La vinificazione
Il vitigno Raboso presenta come carattere distintivo la sua ricchezza in acidità, polifenoli e antociani, le quantità elevate di Peonina e la Malvina e il patrimonio acido presente determinano l’intensità e stabilità del colore che risulta essere intenso, vivo e stabile nel tempo.
Altra caratteristica fenologica dell’acino e l’elevato spessore della buccia, ciò determina una elevata resistenza meccanica l’uva permettendo quindi un’epoca di vendemmia tardiva.
Con queste caratteristiche fenologiche la vinificazione ottimale del vitigno Raboso richiede una adeguata macerazione a contatto con le bucce eseguita con l’utilizzo di vinificatori. In alcuni casi viene utilizzata la tecnica del “salasso” che porta ad una ulteriore estrazione e concentrazione delle sostanze polifenoliche. Il vino che si ottiene ha un colore rosso violaceo intenso, molto strutturato però aspro e tannico da giovane pertanto richiede un adeguato affinamento.
A fine inverno ha termine il periodo di decantazione naturale il Raboso è pronto per passare alla fase di affinamento. Questa fase avviene in recipienti di legno (barrique, tonneaux o botti di varia capacità) e qui ogni produttore mette in pratica la propria esperienza maturata negli anni dell’uso dei legni, lo scopo finale è comunque quello di ammorbidire e far maturare tramite i processi ossido-riduttivi legati al legno il vino Raboso.
Piave Malanotte o Malanotte del Piave DOCG
Nella Produzione del Piave Malanotte o Malanotte del Piave Docg è previsto l’utilizzo della tecnica di appassimento per un minimo del 15% ad un massimo del 30%, rispetto al quantitativo totale destinato alla produzione del vino a Docg. L’appassimento di questa quota di uva avviene in fruttai, i grappoli vengono deposti in graticci o cassette, in questo periodo vengono controllati al fine di eliminare i grappoli intaccati da marciume.
Le uve sostano nei fruttai per tre - quattro mesi, costantemente visionate, girando i grappoli, per eliminare tempestivamente eventuali grappoli intaccati da marciume e muffe dannose, sino a che non perdono almeno la metà del loro peso e con l’evaporazione dell’acqua si raggiunge la concentrazione degli zuccheri desiderata. nella misura del 25-30%.
Alla fine del periodo di appassimento (che dura in media 120 giorni) l’uva viene diraspata, pigiata e inviata alla macerazione in tini di legno o acciaio. Segue una lunga e lenta fermentazione a bassa temperatura.
Dopo la decantazione statica naturale il Passito viene messo in barrique per l’affinamento per almeno 24 mesi. Resa da uva in vino: 14-16 litri per 100 kg di uva fresca.
Aspetti sensoriali
Il Raboso del Piave Doc si caratterizza per corpo e struttura importanti. In gioventù i tannini aggressivi e l’alta acidità, lo rendono piuttosto spigoloso e ruvido al palato. Solo un lungo invecchiamento in legno riesce a smussare gli aspetti più aspri del suo carattere e a trasformarlo in un vino potente e armonioso.
Nel bicchiere spicca il colore rosso rubino intenso con riflessi violacei che tendono al granato con l’affinamento in bottiglia. All’ olfatto dominano i sentori di marasca/ciliegia con note fruttate di ribes e amarene, profumi di sottobosco e spezie (noce moscata, cannella e pepe), un ricordo floreale di viola e rosa recisa.
In bocca entra con prepotente eleganza, freschezza e tannini assicurano una pulizia esemplare e si accompagnano alle note sapide e minerali per finire con un delicato e piacevole amaricante.
Il vino DOCG Malanotte del Piave prende il nome da un antico borgo del basso Piave. L’appassimento di una parte delle uve consente di domare il carattere “rabioso”, per ottenere sensazioni di eleganza e rotondità. Dominano i sentori di frutta rossa uniti ad aromi speziati ove cannella, tabacco e vaniglia sono identificabili. Al gusto è potente, elegante ed armonico, atto all’abbinamento con piatti di carne importanti.
Nella versione passita morbidezza e potenza si uniscono e permettono abbinamenti ardui come le torte al cioccolato o alla ”Sachertorte”.
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