Enoturismo: i vini lungo la Via Postumia
L'Italia è un paese ricco di storia e di tradizioni che proietta la sua proverbiale varietà da regione a regione. Questa molteplicità di usi e costumi si traduce senza molto stupore anche in uno dei prodotti tipici del nostro paese, il vino, il quale in un certo qual modo interpreta le variopinte peculiarità del territorio.
Non è facile, quindi, tracciare un percorso enoturistico che sia in grado di esprimere appieno le tante risorse produttive nostrane, ma un itinerario che ci consente di gustare alcuni tra i nostri prodotti migliori è sicuramente quello che segue l'antichissima via Postumia.
La via Postumia, storia e percorsi
Costruita nel 148 a.C. per volere del console romano Spurio Postumio Albino, la via Postumia attraversa tutto il nord Italia, congiungendo volutamente i due principali porti romani a nord della penisola, Aquileia e Genova.
Partendo dal capoluogo ligure, il suo percorso lascia da subito il mare per inerpicarsi lungo le punte affilate dell‘Appennino fino a discendere in Piemonte; qui, attraversando un piccolo lembo di Emilia e la bassa Lombardia, scivola poi sotto il Lago di Garda ed entra in Veneto, carezzando Verona, Vicenza e Treviso. Il suo percorso termina infine in territorio friulano, arrivando a toccare l'antica città Aquileia.
Lungo i 930 chilometri che la compongono e che uniscono il settentrione del Bel Paese da est ad ovest, la via Postumia annovera alcuni tra i vitigni nostrani più rinomati che, come una preziosa collana, costellano un percorso incastonato da perle enologiche di straordinaria rilevanza.
La Liguria e il Riviera Ligure di Ponente Pigato DOC
Immaginando un ipotetico viaggio alla scoperta dei gioielli enologici che la via Postumia offre a chi la percorre, la prima tappa che ci attende non può prescindere da una visita alla Liguria, custode orgogliosa dell'antico porto romano di Genua (oggi Genova). Terra di montagne imponenti e di dolci colline, la Liguria ha fatto della coltivazione della vite un suo vanto nel mondo, limitando (senza però mancare di prestigio), la produzione ad un numero ristretto di vini: tra di essi, il fiore all'occhiello è sicuramente rappresentato dal Riviera Ligure di Ponente Pigato DOC.
Realizzato con le uve dell'omonimo vitigno, il Pigato ligure è un vino prodotto nel Finalese, ma soprattutto nell'entroterra di Albenga e nella parte iniziale della valle Arroscia. ll singolare nome del vitigno Pigato sembra derivare dal latino "picatum", un termine indicante i caratteristici puntini neri presenti sulla buccia degli acini. L'origine del vitigno è comunque molto lontana: risalirebbe, infatti, ai primi vigneti di Malvasia introdotti in Liguria dai colonizzatori greci. Con il passare dei secoli, le sempre più evolute tecniche di coltivazione hanno portato ad una lenta mutazione genetica, tanto da far ritenere oggi il Pigato un vitigno autoctono del territorio: ed è proprio questo motivo che ha portato alla designazione delle sottodenominazioni geografiche Riviera dei Fiori, Albenga e Finale, qualora le uve vengano raccolte in tali aree delimitate.
Dal colore giallo paglierino più o meno carico a seconda delle annate, il Riviera Ligure di Ponente Pigato presenta un profumo intenso e leggermente aromatico che si arricchisce con note di muschio, mandorla e cedro. Lungo nelle note olfattive, questo vino risulta asciutto nel sapore e lievemente amarognolo, con un finale mandorlato che si staglia con sorpresa a fine degustazione.
Con una gradazione minima di 11 gradi, il Pigato è un vino fresco da bere entro un anno, accompagnandolo con i piatti tipici della cucina ligure di mare, come le "trofie o le piccagge al pesto", ma anche con pietanze a base di verdure e di erbe aromatiche. Ideale inoltre come aperitivo.
Il Piemonte ed il Brachetto d'Acqui o Acqui DOCG
Dopo un ultimo sguardo al mare cristallino del nord-ovest, lasciamoci ora la Liguria alle spalle e proseguiamo la ricerca delle eccellenze vinicole proprie della via Postumia oltre gli Appennini. Ad accoglierci vi è il Piemonte, terra del buon vino per antonomasia.Tra le montagne che racchiudono la regione, un profumo di rose e viole ci accompagna nel vitigno del Brachetto d'Acqui DOCG, cavallo di battaglia enologico della zona.
Conosciuto anche con il nome di Acqui DOCG, questo vino viene prodotto con le uve del vitigno Brachetto e, fin dal tempo dei romani, viene coltivato nei comuni di Acqui Terme, Alice Bel Colle, Strevi, Cassine ed altri confinanti, tra i quali Loazzolo, Mombaruzzo, Calamandrana e Nizza Monferrato, in un territorio posto a cavallo delle province di Asti ed Alessandria.
Dal colore rosso rubino tendente al granato chiaro o rosato, il Brachetto d'Acqui può essere frizzante o spumante, con una spuma briosa ed un profumo in cui si percepisce la rosa, talvolta la viola, su di un fondo muschiato e delicato.
Caratterizzato da un sapore dolce e molto gradevole, questo vino presenta un fondo di fragola e di mandorla amara e la sua gradazione minima nella versione vivace o frizzante si aggira intorno agli 11,5 gradi (di cui almeno 5 svolti); nello spumante, invece, arriva a toccare i 12 gradi (di cui almeno 6 svolti).
È un vino che non ama invecchiare, perciò va bevuto entro un anno o, al massimo, due dalla vendemmia e regala a chi lo degusta il meglio di sè servito fresco di cantina, sui 14° C, insieme a pasticceria secca, come crostate di frutta.
Il Veneto e il Valpolicella, Recioto e Amarone della Valpolicella DOCG
Il Piemonte ci invita a restare, ma la via Postumia è ancora lunga: abbiamo un appuntamento in Veneto. Percorriamo l'antica strada consolare e, dopo aver attraversato Emilia e Lombardia, bussiamo alle porte venete. Ad aprirci è la verde zona collinare che precede l'inizio delle Prealpi Veronesi, conosciuta nel mondo con il nome di Valpolicella. Sinonimo di vini prestigiosi e internazionalmente apprezzati, la zona dona con fierezza l'appellativo all'omonimo vino pregiato, il Valpolicella appunto.
Ottenuto nel territorio di una ventina di comuni a nord del capoluogo, questo vino rosso viene prodotto con uve di varietà autoctone, presenti quasi esclusivamente nella provincia di Verona: Corvina Veronese e Corvinone (40-70%), Rondinella (20-40%), Molinara (5-25%). Il nome sembra possedere origini molto antiche, addirittura latine, se si accetta la versione secondo cui deriverebbe da "polis cellae", cioè un luogo con molte cantine.
Dal colore rubino con riflessi volgenti al granato con l'invecchiamento, il Valpolicella presenta un profumo vinoso intenso ed avvolgente, con note di mandorla amara, marasca e spezie, talora anche di sottobosco. Il suo sapore asciutto e pieno introduce ad un netto ritorno dei profumi e ad una gradazione minima che si aggira intorno agli 11 gradi. In seguito all'invecchiamento obbligatorio di un anno ottiene la qualifica Superiore, guadagnando conseguentemente un grado in più. Può inoltre recare la menzione Classico se prodotto nella zona più antica, mentre se è ottenuto nella zona ristretta a nord di Verona (la Valpantena) ha diritto a portare il nome di tale sottozona in aggiunta al nome Valpolicella.
Il Valpolicella è un vino a tutto pasto da servire fresco di cantina (intorno ai 16°C) che va bevuto entro 2 o 3 anni dalla vendemmia (ma il Classico ed il Superiore possono invecchiare più a lungo). Le versioni Superiore e Classico si abbinano ottimamente alle carni rosse anche grigliate ed ai formaggi di media stagionatura.
Con le stesse uve del Valpolicella DOC, ma con i grappoli migliori posti ad appassire su graticci in appositi locali (i cosiddetti fruttai), è possibile ottenere la tipologia Recioto (nel caso in cui il prodotto venga mantenuto dolce) oppure il famoso Amarone (la versione secca, di elevata alcolicità). Il nome Recioto trae la sua origine dal termine dialettale rece, "orecchie", ed indica un vino che in passato era ottenuto utilizzando solo le orecchie dei grappoli, cioè quelle parti cosiddette "alate" che più beneficiano dei raggi del sole.
Dal sapore caldo e vellutato, il Recioto ha un colore rosso granato piuttosto carico dall'intenso profumo di mosto ed una gradazione minima di 14 gradi (di cui almeno 12 gradi svolti). È un vino da dessert, da abbinare soprattutto alla pasticceria secca ed a dolci a base di cioccolato, ma anche con formaggi piccanti. L'Amarone, invece, ha un sapore asciutto e di buona struttura, con sentori netti di amarena ed uva passa. Dalla gradazione minima di 14 gradi, questo celeberrimo vino nostrano va servito a temperatura ambiente, meglio se versato in caraffa prima del consumo e si abbina perfettamente a piatti di sevaggina, carne alla brace, brasati e formaggi stagionati.
Vini del Piave o Piave Raboso DOC
La proverbiale accoglienza veneta non si smentisce e, seguendo il plumbeo colore delle pietre che compongono la via Postumia, la provincia di Treviso e Venezia ci invita a sorseggiare un'eccellenza della zona: il Piave Raboso.
Questo vino è prodotto con uve Raboso Piave o Raboso Veronese, delle quali la prima è considerata la più antica del territorio friulano-veneto poiché deriva, probabilmente, dalle viti selvatiche della pianura trevigiana (chiamata Friulara o Rabosa Friulara, poiché il Friuli storico arrivava fino alla sponda sinistra del Piave). Il nome Raboso, invece, trae origine da un affluente del Piave o, come qualcuno sostiene, dalla reazione "rabbiosa", dall'impatto molto acido ed astringente, che hanno sul palato sia l'uva che il vino.
Il Piave Raboso è un vino dal colore rosso rubino carico, tendente al granato con l'invecchiamento, che si arricchisce di un profumo vinoso, marcato e con note di violetta che si evidenziano con l'età. Secco, austero e sapido nel sapore, il Piave Raboso è giustamente tannico e presenta una gradazione di 11,5 gradi. Rinomato per la particolare forma d'invecchiamento obbligatorio che lo vede in botti di legno per almeno un anno dei tre anni totali, questo vino può essere apprezzato al massimo delle sue capacità tra il quarto e il settimo anno, ma se la vendemmia da cui proviene è buona e la bottiglia viene conservata ottimamente, può invecchiare ancora qualche anno.
Servito a temperatura ambiente (sui 18-20°C), la struttura notevole del Piave Raboso si sposa alla perfezione a tutta la cucina veneta, in particolare con la pasta e fagioli, la tipica "polenta ed osei", la "tacchinella e polastro in tecia", il brasato di manzo, il bollito misto e con formaggi di media stagionatura, come l'Asiago ed il Piave.
Il Friuli-Venezia Giulia ed il Friuli Aquileia Refosco dal peduncolo rosso DOC
La stanchezza si fa sentire e gli oltre 900 chilomentri percorsi iniziano a pesare sulle gambe: prima del commiato, però, a guidarci verso l'ultima chicca vi è la viva curiosità di scoprire quale gioiello enologico ci possa riservare il Friuli-Venezia Giulia. Qui gli imponenti boschi di abeti si alternano con le pianure ben curate e ricche di prodotti agricoli, le quali fanno da corollario a vitigni insigni e rinomati.
Tra di essi il Refosco dal peduncolo rosso può essere considerato come il vitigno indigeno più tipico della zona friulana-istriana ed offre i suoi natali al celebre Friuli Aquileia Refosco dal peduncolo rosso DOC.
Vantando la presenza sul territorio fin da tempi remoti, questo vino rosso trova le prime notizie sulla produzione che lo riguarda si sono trovate nei comuni di Torreano e Faedis. Dal colore rubino, carico, con riflessi violacei che si attenuano con l'età, il Friuli Aquileia si caratterizza per un profumo intenso, erbaceo e vinoso con note che ricordano facilmente la mora selvatica e frutti di bosco. Con un sapore asciutto e deciso, è un rosso moderatamente tannico e piacevolmente amaro.
La gradazione minima del Friuli Aquilea Refosco dal peduncolo rosso emerge intorno ai 10,5 gradi e, con almeno 11 gradi, può recare la menzione di Superiore; un minimo 12 gradi e 2 anni d'invecchiamento obbligatorio lo qualificano con l'appellativo Riserva e la sua produzione può toccare la tipologia di Novello. Il Refosco, nella versione normale e nel tipo Novello, va bevuto giovane coi salumi ed i formaggi tipici friulani o con piatti della tradizione, come la "peta della Val Cellina". Nella versione Riserva o Superiore si accompagna bene a carni grasse ed a formaggi maturi. Va servito a temperatura ambiente, sui 16-18°C.
Se tutto inizia per finire, anche il nostro viaggio giunge ora al termine. Abbiamo attraversato quattro regioni dello Stivale, degustando alcuni tra i migliori prodotti enologici del territorio e ripercorrendo una strada tanto antica quanto ricca di storia. Con un bicchiere di ottimo vino d'annata non ci resta che brindare al prossimo itinerario: prosit!
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