Puglia
Approvato con DPR 04.06.1983 GU n. 23 - 24.01.1984
Modificato con DM 25.10.2010 GU n. 262 - 09.11.2010 (S.O. n. 245)
Modificato con DM 30.11.2011 Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf
Sezione Qualità e Sicurezza - Vini DOP e IGP
La denominazione di origine controllata «Gravina», è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti del presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie: “Gravina” bianco, “Gravina” spumante, “Gravina” passito, “Gravina” rosso, “Gravina” rosato.
I vini a denominazione di origine controllata “Gravina” devono essere ottenuti dalle uve provenienti dai vigneti aventi, nell’ambito aziendale, la composizione ampelografica appresso specificata: Gravina “bianco”, anche nella tipologia “Gravina” spumante: Greco almeno 50%; Malvasia Bianca e/o Bianca Lunga almeno 20%. Possono concorrere alla produzione di detto vino le uve provenienti dalle varietà di Fiano, Verdeca, Bianco di Alessano e Chardonnay per non oltre il 30%.
Gravina “rosso” e “Gravina” “rosato”: Montepulciano almeno 40% Primitivo almeno 20%. Possono concorrere alla produzione di detti vini le uve provenienti dalle varietà di Aglianico, Uva di Troia, Merlot e Cabernet Sauvignon per non oltre il 30%.
Gravina “Passito” Malvasia 100%.
Le uve devono essere prodotte nella zona di produzione che comprende tutto il territorio amministrativo dei comuni di:Gravina di Puglia Poggiorsini e in parte il territorio dei comuni di: Altamura Spinazzola tutti in provincia di Bari. Tale zona è così delimitata: a sud – est del centro abitato di Spinazzola il limite segue in direzione est la strada per masseria Santeramo e giunta alla quota 330 segue in direzione nord – est il sentiero che raggiunge la strada per masseria Spada, seguendo questa attraversa la strada ferrata (quota 393) e proseguendo passa per le quote 438, 441, 438, 426. A quota 426 segue in direzione sud – est la strada per la località Garagnone e prima di giungervi a quota 416 prosegue in direzione est per una retta immaginaria che unisce quota 416 con la masseria Calderoni; dalla masseria Calderoni segue in direzione sud – est la strada che passando per le quote 452, 450, 451, 454, 469, va ad incrociare in prossimità della quota 489 il confine comunale tra Spinazzola e Poggiorsini, prosegue lungo questi in direzione nord – est e a La Rocca incrocia il confine del comune di Gravina in Puglia, prosegue lungo tale confine prima in direzione nord e poi 2 sud – est per lungo tratto fino a raggiungere la quota 487 a nord di Monte Castiglione. Da quota 487 verso sud – est segue una retta immaginaria che raggiunge la masseria Calderoni quota (432) da dove prosegue verso est lungo la strada che passa a sud della masseria Pallone e della località Azzoriddo toccando le quote 417, 422, 414, 409, 402, 407 fino a raggiungere a quota 400 la strada per Altamura; prosegue lungo questa in direzione sud – est fino alla stazione ferroviaria di Altamura. Dalla stazione di Altamura segue il tracciato della linea ferroviaria a scartamento ridotto che inizialmente si dirige verso Gravina di Puglia e che superata la località Pacciarella piega in direzione sud – est costeggiando poi la strada statale di Matera (n. 99), sempre lungo tale strada ferrata raggiunge il confine di provincia in località di Rienzo, prosegue quindi in direzione ovest per il confine di provincia che discende verso sud fino a lambire la masseria Miccolis e quindi proseguendo verso ovest lungo il confine della provincia di Bari raggiunge in località Cucinella, lungo la strada che costeggia il torrente Basentello (km 7,200), all’incrocio con la strada che in direzione nord si immette nella strada statale di Venosa (n. 168 al km 43,100) prosegue quindi dall’incrocio in direzione nord lungo tale strada toccando le quote 391, 412, 441, 428 e raggiunta la strada statale di Venosa prosegue lungo questa verso ovest per circa 400 metri, quindi segue per breve tratto in direzione nord la strada per il sottopassaggio ferroviario e poi la strada ferrata che in direzione nord ed attraversando la località Gadone raggiunge a sud il centro abitato di Spinazzola da dove è iniziata la delimitazione.
Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del vino a denominazione di origine controllata di cui all’art. 1 devono essere quelle tradizionali della zona di produzione e comunque atte a conferire alle uve ed al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità. Sono pertanto da considerarsi esclusi, ai fini dell’iscrizione allo schedario viticolo, i vigneti ubicati su terreni di natura eccessivamente argillosa e con alto tenore di umidità e comunque non adatti. I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati e comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e del vino. È vietato ogni pratica di forzatura.
La resa massima di uva ammessa alla produzione del vino di cui all’art. 1 non deve essere superiore a tonnellate 12 per ettaro di vigneto in coltura specializzata.
Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di 10,50% vol.
Fermo restando il limite massimo sopra indicato, la produzione per ettaro in coltura promiscua deve essere calcolata rispetto a quella specializzata, in rapporto alla effettiva superficie coperta dalla vite. A detto limite, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa dovrà essere riportata attraverso un’accurata cernita delle uve. La Regione, su proposta del Consorzio di tutela, sentite le organizzazioni di categoria interessate, di anno in anno, prima della vendemmia, può stabilire un limite massimo di produzione di uva per ettaro inferiore a quello fissato nel presente disciplinare dandone immediata comunicazione al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate nell'interno della zona di produzione di cui all'art. 3.
Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali, è consentito che tali operazioni siano effettuate nell'intero territorio dei comuni anche se soltanto in parte compresi nella zona di cui all'art 3.
Le operazioni di elaborazione e di presa di spuma per la produzione della DOC «Gravina spumante» devono essere effettuate in stabilimenti situati nell'ambito della provincia di bari nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie in materia.
La resa massima dell'uva in vino non deve essere superiore al 70%. Per la tipologia «Gravina» passito la resa massima di uva fresca da trasformare in vino finito non può superare il 50%. Le uve destinate alla produzione dei vini a D.O.C. «Gravina» Passito, devono subire un leggero appassimento che assicuri alle uve stesse un contenuto minimo di zuccheri riduttori non inferiore al 23%.
Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, atte a conferire al vino le sue peculiari caratteristiche.
I vini a denominazione di origine controllata «Gravina», all’atto dell’immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche:
“Gravina” Bianco colore: paglierino tendente al verdolino; odore: caratteristico, gradevole; sapore: secco o amabile, fresco, sapido, armonico, delicato, talvolta lievemente vivace; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol; acidità totale minima: 4,5 g/l; estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l.
“Gravina” Rosato colore: rosato brillante; odore: caratteristico, gradevole, fruttato; sapore: secco, fresco, sapido, minerale, armonico, delicato; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol; acidità totale minima: 4,5 g/l; estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l.
“Gravina” Rosso colore: rosso rubino brillante; odore: tipico, fruttato, con sentori di more; sapore: secco, armonico, rotondo; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol; acidità totale minima: 5,0 g/l; estratto non riduttore minimo: 23,0 g/l.
“Gravina” Spumante spuma: fine e persistente; colore: giallo più o meno intenso talvolta con riflessi verdolini; odore: caratteristico con delicato sentore di lievito; 4 sapore: vivace, armonico; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,00% vol; acidità totale minima: 4,5 g/l; estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l.
“Gravina” Passito colore: giallo dorato con tendenza all’ambrato; odore: intenso caratteristico; sapore: vellutato, gradevolmente amabile o dolce; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15,00% vol; titolo alcolometrico volumico minimo svolto: 12,00%vol; acidità totale minima: 4,5 g/l acidità volatile massima: 25 meq/l; estratto non riduttore minimo: 23,0 g/l.
È in facoltà del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali modificare, con proprio decreto, i limiti minimi sopra indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore minimo. Le operazioni di elaborazione e di presa di spuma per la produzione della DOC “Gravina spumante” devono essere effettuate in stabilimenti situati nell’ambito della provincia di bari nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie in materia.
Alla denominazione di cui all’art. 1 è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi «extra», «fine», «scelto», «selezionato», «superiore», «vecchio» e simili. È tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi o ragioni sociali o marchi privati, nomi di fantasia, purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore. Le qualificazioni: Bianco, Rosato, Rosso, Spumante, Passito devono figurare in etichetta e sono consentite ai diversi tipi di “Gravina” che presentano le rispettive caratteristiche precisate negli articoli precedenti. Nella presentazione e designazione dei vini di cui all’art.1, con l’esclusione della tipologia spumante, è obbligatoria l’indicazione dell’annata di produzione delle uve.
A) Informazione sulla zona geografica
1) Fattori naturali rilevanti per il legame
La zona geografica delimitata comprende tutto il territorio amministrativo dei comuni di: Gravina di Puglia Poggiorsini e in parte il territorio dei comuni di: Altamura, Spinazzola, caratterizzati da una grande unità morfologica e geologica. La relazione parte dalla natura dei terreni i quali nella zona interessata presentano innanzi tutto un alto tasso di omogeneità, infatti da un punto di vista geologico le Murge nord-occidentali sono formate da calcari compatti dell’unità litologica del calcare di Bari e di Altamura (formazione del cretaceo, risalente a circa 130 milioni di anni fa, il cui spessore raggiunge i 3000 m.). L'altopiano da noi considerato, comprende le cosiddette Murge nord-occidentali dove si notano le quote più elevate dell'intero rilievo (M. Caccia 680 m., Torre Disperata 686 m.) con un altezza media che difficilmente scende al disotto del 350 m s.l.m. Dal punto di vista strutturale le Murge corrispondono ad un rilievo tabulare allungato nello stesso senso della Fossa Bradanica, delimitato sul margine sud orientale da una estesa scarpata; verso N-E, 5 procedendo cioè verso l'Adriatico, il rilievo murgiano degrada sino al livello del mare. La lunghissima azione di erosione da parte dei venti e soprattutto dalle acque piovane ricche di anidride carbonica ha modellato le forme di questo esteso altopiano calcareo, creando un eccezionale patrimonio di fenomeni di origine carsica. Data la costituzione litologica dell'altopiano su di esso mancano corsi d'acqua perenni, a fronte di una falda sotterranea che, nel settore delle Murge Alte, dove il carsismo raggiunge il suo massimo sviluppo, può spingersi fino a 400 metri sotto il livello del mare. Questa conformazione fa, di questo altipiano, l’habitat ideale per la vigna che affonda le sue radici nello strato calcareo immediatamente sottostante il sottile strato di terreno fertile, con la conseguenza che i vigneti qui impiantati hanno rese per ettaro naturalmente basse ed una grande mineralità sostenuta da una buona acidità in quanto è risaputo che le massime espressioni qualitative della vite si hanno su terreni minerali, con poca sostanza organica e non troppo ricchi di acqua, elemento che la natura carsica del terreno rappresenta in maniera ideale. La buona piovosità dell’area, accompagnata alla pratica dell’irrigazione di sostegno per mezzo di acqua artesiana di cui il sottosuolo profondo è ricco, compensa la relativa aridità del suolo stesso. L’elemento distintivo, rispetto al comprensorio circostante esterno all’area a DOC e che ne caratterizza ulteriormente l’unicità, è dato dall’altitudine media a cui si trovano i vigneti, tutti al disopra dei 400 metri s.l.m. in aree naturalmente ventilate costantemente, il che rende particolarmente difficile l’attacco da parte dei più comuni parassiti. Oltre alla composizione dei terreni, all’andamento pluviometrico ed alla natura collinare dei terreni, estrema importanza ha l’andamento climatico stagionale che, fatti salvi eventi eccezionali, vede temperature medie più basse rispetto al resto della regione durante tutto l’anno, con la conseguenza che le uve che allignano in loco hanno maturazione tardiva rispetto a quelle delle zone limitrofe con la conseguenza che è estremamente facile produrre vini di grande finezza ed eleganza con minore potenza alcolica, rispetto ai vini prodotti nelle parti più meridionali della regione. Il clima è tipicamente pseudo steppico, con temperature estreme quasi mai nella media. Il processo vegetativo non è molto rigoglioso a causa degli sbalzi climatici, com’è noto questo diventa l’habitat naturale per la vite che, tradizionalmente, per produrre grande qualità ha bisogno di “soffrire”; per questa ragione l’equilibrio vegeto-produttivo in questa zona è ottimale e vede le rese, naturalmente ridotte a quantità che difficilmente superano i 100 quintali per ettaro. La temperatura media annuale è compresa tra i 10 C° ed i 19 C°, con una temperatura media nei mesi più freddi, compresa tra 0 e 4 C°. Le precipitazioni nel periodo aprile-ottobre dell’ultimo decennio ammontano a circa 300 mm e cioè circa la metà del totale annuo.
2) Fattori umani rilevanti per il legame
Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “GRAVINA”. L'ampia presenza di vasi a figure rosse, oggi custodite nel Museo Fondazione Pomarici Santomasi di Gravina in Puglia, raffiguranti baccanali, scene di vendemmia risalenti al IV secolo avanti Cristo, e tutti i tipi di vasi da vino del periodo. L’antico insediamento di Gravina, sorgeva sul colle Botromagno lungo la strada che era la via Appia; originariamente ebbe il nome di Sidion, di estrazione greca e Sidini erano chiamati i suoi abitanti, come testimoniano alcune monete conservate nel nostro Museo “E.P. Santomasi”; ciò attesta che Gravina fu una colonia greca che assunse il nome di Silvium successivamente quando fu colonizzata dai Romani, la viticoltura era di chiara importazione Greca (Malvasia, Greco, Aglianico, sono tutti vitigni di chiara derivazione dalla Magna Grecia). La sua strategica posizione sulla via Appia, che ne faceva stazione di posta sulla via che collegava Roma a Brindisi (porto principale per i commerci con la Grecia) e la successiva sovrapposizione con la cosiddetta “VIA FRANCIGENA”, che rappresentava il corridoio per le crociate in Terrasanta, rappresentano con certezza le ragioni per cui questo centro fu crocevia di differenti culture che portarono con se diverse varietà viticole; Come testimoniano le evidenze sullo studio della “via Francigena” (1) poco prima dell’anno 1000 una comunità di monaci costruì in zona una Chiesa Monastero, ancor oggi visibile ed introdotto le principali varietà francesi di cui erano custodi, è stata ritrovata, in agro di Gravina presso l’azienda 6 agricola Lagreca una vite, prefilossera dell’apparente età di 200 anni che testimonia ulteriormente la presenza già in tempi antichi dei suddetti vitigni. Le prove sperimentali, condotte dal Consorzio di Tutela in collaborazione con le Cantine Botromagno, ne hanno attestato la grande compatibilità con gli uvaggi tradizionali ai quali viene però lasciata dominanza onde non stravolgere le caratteristiche tradizionali della denominazione. Ulteriore testimonianza dell’importanza dell’agricoltura e della coltura della vite in particolare e della presenza importante di uve a bacca rossa in zona viene data dallo stesso stemma e dal gonfalone cittadino risalente al 1542 da in cui compaiono, con evidenza, spighe di grano ed un tralcio di vite con bacche di colore scuro. L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione: base ampelografica dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione del vino in questione sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area di produzione; le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti, sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma. Il sesto d’impianto tradizionale era il tendone, il quale oggi rappresenta circa il 5% del totale della superficie vitata, soppiantato dalla più moderna spalliera in filari, con interfila tra i 2,20 ed i 2,50 m ed una distanza tra le piante che varia tra 1,10 ed 1,30 m, ovviamente resistono anche piccoli vigneti con oltre 50 anni di età coltivati ad alberello o a vite maritata. Le forme di allevamento più comuni sono il guyot ed il cordone speronato con poche gemme per pianta; le pratiche relative all’elaborazione dei vini sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione.
B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico.
I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico. In particolare tutti i vini presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni.
C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).
L’orografia collinare del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, orientati ad est sud est, e localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta. Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni con buona esposizione adatti ad una viticoltura di qualità. La millenaria storia vitivinicola della zona, dalla Magna Grecia, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del vino “Gravina”. L’antico insediamento di Gravina, sorgeva sul colle Botromagno lungo la strada che era la via Appia; originariamente ebbe il nome di Sidion, di estrazione greca e Sidini erano chiamati i suoi abitanti, come testimoniano alcune monete conservate nel nostro Museo “E.P. Santomasi”; ciò attesta che Gravina fu una colonia greca che assunse il nome di Silvium successivamente quando fu colonizzata dai Romani, la viticoltura era di chiara importazione Greca (Malvasia, Greco, Aglianico, sono tutti vitigni di chiara derivazione dalla Magna Grecia). La sua strategica posizione sulla via Appia, che ne faceva stazione di posta sulla via che collegava Roma a Brindisi (porto principale per i commerci con la Grecia) e la successiva sovrapposizione con la cosiddetta “VIA FRANCIGENA”, che rappresentava il corridoio per le crociate in 7 Terrasanta, rappresentano con certezza le ragioni per cui questo centro fu crocevia di differenti culture che portarono con se diverse varietà viticole. Come testimoniano le evidenze sullo studio della “via Francigena” poco prima dell’anno 1000 una comunità di monaci costruì in zona una Chiesa Monastero, ancor oggi visibile ed introdotto le principali varietà francesi di cui erano custodi, è stata ritrovata, in agro di Gravina presso l’azienda agricola Lagreca una vite, prefilossera dell’apparente età di 200 anni che testimonia ulteriormente la presenza già in tempi antichi dei suddetti vitigni. Per dare l'idea dell'importanza delle uve di questa zona, si citano “Il Tractatus de Vinea, Vindemia et Vino” del 1603 dove il celebre scienziato agronomico Monopolitano Prospero Rendella, cita la zona di Gravina come una delle più importanti di tutta la regione. Oppure il Canonico e studioso don Tobia Stamelluti nel suo manoscritto “Opinioni sulle origini di Gravina” del 1871, oggi custodito presso il Museo della Fondazione Pomarici Santomasi di Gravina, il quale cita testualmente “Estesissimi sono i vigneti in tutte le parti, abbondanti e buoni i vini, ed è celebrata la cosiddetta verdeca, che se si sapesse meglio manifatturare, non sarebbe diversa dalla vera sciampagna, avendone il colore, la limpidezza e gran quantità di alcool”. Il tutto segno di una costanza nel riconoscimento della importanza della zona vitivinicola che ha saputo cavalcare non solo i secoli bensì i millenni. L’intervento dell’uomo nel particolare territorio ha, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere gli attuali rinomati vini. L'elemento che emerge è la costanza qualitativa, dal punto di vista analitico, delle produzioni anche in presenza di annate molto diverse tra loro per andamento climatico, questo evidenzia una elevata adattabilità delle colture ed una elevatissima specializzazione dei viticoltori della zona nella prevenzione e nella cura della vite.
Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Bari, C.so Cavour n. 2 - 70121 BARI La Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Bari è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento) conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c). In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU del 19-11-2010 (Allegato 2).
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