Viaggio a Salina, terra della Malvasia delle Lipari
Siamo ormai a metà febbraio: cappotti, sciarpe e guanti hanno da tempo preso il posto di costumi, T-shirt e sandali, ma sono ancora presenti nei miei ricordi le sensazioni di albicocca matura, fichi secchi, mandorle e miele e quel gusto dolce, ma sapido e fresco, che ti pervade la bocca e ti proietta nell’Olimpo degli Dei che solo la Malvasia delle Lipari DOC, in tutta la magnificenza del suo color oro ambrato, sa donare!
Prodotto ineguagliabile dell’arcipelago vulcanico delle Isole Eolie e, soprattutto, della sua isola più verde e con la maggior vocazione agricola ed enoica: Salina, dal 1981 Patrimonio dell'Unesco e riserva naturale, terra di viticoltura estrema e di eccellenze enogastronomiche, come quella del cappero e del suo meno noto frutto, il cucuncio, che trova in quest’isola l’epicentro della produzione di qualità.
Uno sguardo al territorio delle Isole Eolie
L’arcipelago delle Eolie è un luogo letteralmente da sogno. Un territorio tra i più straordinari del Mediterraneo, dichiarato dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità, come Riserva della biosfera e patrimonio culturale. È una regione vulcanica molto particolare che si è originata da un processo tettonico in cui la faglia si è assottigliata e si sono sviluppati una serie di vulcani, dei quali 7 hanno generato nei loro processi eruttivi delle isole (Alicudi, Filicudi, Lipari, Panarea, Salina, Stromboli e Vulcano), mentre altri 8 (Alcione, Enarete, Eolo, Glabro, Lamentini, Marsili, Palinuro, Sisifo) sono sottomarini a profondità varianti dai 1.500 metri fino a poche centinaia di metri dalla superficie dell’acqua.
L'isola più antica è Filicudi, che risale al Pleistocene inferiore, dell’età di circa 1 milione di anni, mentre la più recente è Alicudi, emersa non più di 100.000 anni fa. Tutte le isole, anche se emerse in epoche molto diverse, sono ordinatamente disposte a formare un arco lungo circa 200 chilometri e sono tutte caratterizzate dalla presenza di bocche eruttive, alcune apparentemente spente e altre ancora in piena attività, come quelle di Stromboli e Vulcano. Sia le isole emerse che le bocche sottomarine appartengono a un complesso vulcanico ancora attivo che è più grande di quello dell’Etna.
Morfologicamente l’area è l’effetto di fenomeni di subduzione, causati dalla tettonica a placche che spinge verso la Calabria. I suoli sono piuttosto recenti e in continua evoluzione: leggeri, disciolti, costituiti da pozzolane, ceneri, pomice e da altri materiali piroclastici, a reazione subacida, poveri di carbonati e ricchi di potassio1. Molto diversi, quindi, sia da analoghi vulcanici dell’Etna che da quelli isolani di Pantelleria o delle Egadi.
Salina, perla delle Eolie
Posta al centro dell'arcipelago eoliano, lunga circa ventisette chilometri, Salina è come una perla protetta dall’arco formato dalle altre isole: Vulcano e Lipari a sud, Panarea e Stromboli a est, Filicudi e Alicudi a ovest. Il suo profilo è inequivocabile, caratterizzato com’è da due montagne gemelle che sono il primo e il terzo rilievo più alto del gruppo di isole: il Monte della Fossa delle Felci (962 m) e il Monte dei Porri (860 m).
Le due alture si stagliano in maniera così caratteristica sull’orizzonte che nell’antichità l’isola aveva il bellissimo nome di Didime (da δίδυμος, dìdymos, gemello, in greco antico), nominativo poi sostituito da quello attuale per la presenza sull’isola di una piccola laguna in riva al mare, dalla quale si estraeva il prezioso minerale.
I due monti sono separati da una valle ubertosa in cui crescono ginestre, erica, corbezzolo, lentisco e caprifoglio, erbe aromatiche che regalano all’isola una gamma incredibile di profumi che, insieme alla mineralità del terreno, conferiscono alla Malvasia delle Lipari una complessità di aromi ineguagliabile.
A Salina si possono riconoscere tre tipi di suolo:
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nella zona costiera che va da Malfa a Lingua i terreni sono costituiti da pomice, più o meno ricchi di silice e minerali ferrosi e da tufi bruni;
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nella zona di Valdichiesa, tra i due vulcani dell’isola, i suoli sono più ricchi di scheletro, il che consente maggiori riserve idriche;
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nel versante sud dell’isola si presentano suoli formati dalle eruzioni di Vulcano, leggermente limosi e pietrosi, che danno origine a vini meno strutturati ma più aromatici.
Il clima è tipicamente mediterraneo, con estati calde e secche, (600 mm di piogge annuali, 30-40 mm d’estate), molto ventoso con venti prevalenti di Scirocco da sud-est o di Maestrale da nord-ovest.
Il grande patrimonio agricolo ha conferito a Salina una ricchezza tale da farla economicamente differire da tutte le altre isole dell’arcipelago. Infatti, mentre Stromboli, Panarea, Alicudi, Filicudi e Vulcano fanno capo al Comune di Lipari, Salina non solo è l’unica tra le isole ad essere amministrativamente autonoma, ma è addirittura divisa in tre comuni: Santa Marina, Malfa e Leni. Inoltre è servita da due porti in grado di far attraccare i traghetti, uno a nord, Santa Marina, e uno a Sud, Rinella.
La storia della Malvasia nelle Eolie
Le inimitabili caratteristiche organolettiche della Malvasia fecero amare questo vino sin dai tempi antichi tanto da farla definire un vero e proprio “nettare degli dei”.
La storia del suo impianto nelle Eolie è tutt’ora controverso, esistono più correnti di pensiero. Alcuni fanno risalire l’introduzione addirittura ai Fenici e ai Greci, per i quali le isole erano degli avamposti per i loro viaggi verso occidente. A sostegno di questa tesi il ritrovamento di antichi contenitori con semi di vite selvatica e di vite domesticata che fa ritenere che nelle Eolie ci sia stato un avamposto di domesticazione della vite. Altri elementi identificativi possono essere considerati i riferimenti che Omero, nel IX canto dell’Odissea, fa alle viti presenti nell’isola dei Ciclopi e il ritrovamento a Salina di resti di anfore originali di Chio, usate nell’antichità per il trasporto di vino di grande qualità. Lo storico Diodoro Siculo parla di una colonia greca che, nel 588 a.C. avrebbe importato a Lipari un vitigno corrispondente alla Malvasia.
Altre ipotesi, invece, riconducono l’introduzione del vitigno della Malvasia ai mercanti veneziani che nel 1248, sbarcarono nel porto di Monembasia, roccaforte bizantina abbarbicata sulle rocce di un promontorio posto a sud del Peloponneso, dove si producevano vini dolci. Conquistati dal loro sapore, i Veneziani cominciarono a esportarli in tutta Europa con il nome di Monemvasia, dalla cui forma contratta si farebbe anche risalire il nome "Malvasia". In breve tempo il vino fatto con questa varietà era divenuto così popolare che a Venezia pullulavano osterie, dette proprio Malvase, dedicate esclusivamente al suo consumo.
Una delle prime testimonianze scritte della produzione vitivinicola delle Eolie risale al 1596 quando il medico e naturalista Andrea Bacci nel suo “De naturali vinorum historia accessit”2 afferma che “… l’isola di Lipari è sparsa di fecondi colli, che per l’interno calore del suolo danno un vino sincero ...”, documento nel quale però mancano riferimenti specifici alla tipologia del vino prodotto.
Studi più recenti, infine, hanno portato a ritenere che in realtà le prime barbatelle di Malvasia siano state impiantate a Capo Gramignazzi, nel comune di Malfa, agli inizi del XVII secolo. Tale è la tesi del professor Marcello Saija, docente dell’Università di Messina, storico della Malvasia, che ha dedicato molti suoi studi a ricostruire la storia di questo vitigno, il quale nel suo saggio “Salina, la Malvasia e il blocco continentale” sostiene che il vitigno arrivò a Salina nel 1622 con alcuni veneziani in fuga da attacchi turchi, che si rifugiarono su queste isole portandosi al seguito il culto di Santa Marina, cui dedicarono un piccolo oratorio che oggi si trova nell’omonimo comune, e le barbatelle di Malvasia.
Ai là delle teorie sul primo impianto del vitigno, la presenza della Malvasia sulle isole Lipari è sicuramente antica e senza uguali, in quanto i caratteri morfologici di questa varietà sono distintivi e non hanno corrispondenze in nessuna altra area vitata né della Sicilia né del continente.
Nell’Ottocento, secolo in cui il commercio di Malvasia raggiunse il culmine, il vino veniva smerciato in tutta Europa e aveva tra i suoi più fedeli ammiratori i soldati inglesi stanziati a Messina per fronteggiare una possibile avanzata di Napoleone in Sicilia; essi richiedevano il noto passito Eoliano per collocarlo sulle tavole degli ufficiali britannici come pregevole vino da dessert. Si riferiscono a questo vino e al vitigno diffuso nell’arcipelago scrittori francesi come Alexandre Dumas padre che, nel resoconto del suo viaggio alle Eolie del 1835 intitolato “Impressions de Voyage” (nell’edizione italiana “Dove il vento suona”), scrisse: “Venne portata una bottiglia di Malvasia delle Lipari; fu il vino più eccezionale che abbia mai assaggiato nella mia vita”. Guy de Maupassant, inoltre, nella sua “La vie errante” (diario del 1890 di una crociera del mediterraneo), scrive così dell’isola e del suo vino: “Un’isola nascosta dietro Lipari, il barcaiolo la chiamò Salina, dove si produce il vino di Malvasia. Volli bere… una bottiglia del celebre vino… è proprio il vino dei Vulcani, denso, zuccherato, dorato…”.
Il vino venne esportato per lungo periodo lungo le coste del mediterraneo dalla flotta mercantile dell’isola composta da più di cento velieri, e nel 1889 fu anche presentato all’Esposizione Universale di Parigi dove ottenne vari riconoscimenti.
Poi, nello stesso periodo, come nel resto del continente, anche a Salina purtroppo arrivò la fillossera che distrusse la maggior parte dei vigneti e come conseguenza, gli isolani ne abbandonarono quasi in toto la coltura.
Il vitigno Malvasia di Lipari sarebbe stato destinato a sicura scomparsa, se non fosse stato per alcuni appassionati viticoltori che, nella seconda metà del secolo scorso, dettero nuova vita alle vigne e ripresero la produzione. Si dovette aspettare fino agli anni Settanta per assistere alla rinascita della Malvasia. Artefice della nuova fortuna è stato principalmente Carlo Hauner, pittore bresciano di origine boema, che s’innamorò di Salina e vi si trasferì incominciando a coltivare la Malvasia secondo gli insegnamenti di antichi testi e dei contadini locali, riportando il vino ai fasti perduti.
Dal 1973 la Malvasia delle Lipari è tutelata con la D.O.C., di cui vi racconterò in un prossimo articolo.
[1] - Prof. Attilio Scienza – Vitigni e Territori
[2] - Monumentale trattato in sette libri sulla storia dei vini. Tratta della vinificazione e conservazione dei vini; del loro consumo in rapporto alla salute; delle caratteristiche peculiari dei diversi vini; della fruizione dei vini da parte degli antichi; dei vini delle varie regioni d'Italia e di quelli che si importavano a Roma; dei vini stranieri. L'opera, arricchita dei dati raccolti dalla letteratura greca e latina, propone annotazioni sul clima, l'agricoltura e le tradizioni conviviali dei vari paesi.
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