Al clima non si comanda
Da l'Enologo – n°11 2016 – Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
Non cedo alla tentazione di una filosofia a buon mercato. Ma non posso trascurare il comune destino che lega l’esistenza dell’uomo a quella della natura. E in particolare alla vite, con la quale noi enologi abbiamo un rapporto assiduo, fatto di confidenza, passione e amore.
Si sa, il destino di ognuno di noi è carico d’incognite. Viviamo, giorno dopo giorno, senza sapere cosa ci aspetta. Speriamo sempre in un futuro migliore, che rimane comunque avvolto dal mistero. Come sarà? Avremo un po’ più di fortuna, o saremo ancora una volta vittime di quel “caso” che sembra perseguitarci? Pensateci un momento. Siamo agli stessi interrogativi che pesano sulla natura, sul mondo delle piante, sul clima, insomma su quei fenomeni che cambiano la faccia della Terra e spesso cancellano i progetti dell’uomo.
Ebbene, possiamo fare qualcosa per prevedere il nostro futuro? Siamo in grado, sulla base di qualche elemento, di indovinare l’orientamento degli anni che verranno? No, decisamente no. Eppure, a volte, circolano profezie più che previsioni. A volte, si viola quel futuro, che non ha niente di più oscuro. Ma l’uomo è sempre tentato di andare oltre i suoi limiti. Così il profeta di turno troverà ancora una volta i suoi fiduciosi clienti.
Nel nostro settore è una tentazione alla quale si va cedendo con frequenza, e con non poca superficialità. Anche se si tratta dell’ultimo passaggio nell’evoluzione della vite. Che in sostanza racchiude ed esprime quelle potenzialità che ogni buon enologo ha promosso e curato, fin dalla sistemazione degli impianti. E invece… C’è sempre qualcuno che vuole anticipare i tempi, a dispetto di tutte le incognite (e sono tante, a partire da quelle climatiche), che accompagnano la maturazione dell’uva. Così non si rende un buon servizio né ai produttori né ai consumatori. Perché si tratta di “letture” alquanto approssimative.
Guardiamoci in faccia. Il meteo televisivo ci fornisce le anticipazioni sull’andamento del tempo, peraltro a breve termine, ma non va dimenticato che si tratta di previsioni, con tutte le riserve e le incognite che il termine esprime.
Il clima nel nostro Paese ogni anno è sempre più tropicale piuttosto che continentale; si esprime spesso con manifestazioni violente ed estreme. Una gelata primaverile, una copiosa grandine in pieno agosto/settembre, non sono fenomeni rari. Come non lo è una pioggia torrenziale (purtroppo quest’anno ne abbiamo avute sin troppe, specialmente lungo la medio-bassa costa adriatica e quella ionica), che va a compromettere l’integrità sanitaria delle uve, nonché a diluire i suoi componenti più preziosi.
E qui ritorniamo alla nostra premessa sull’oscuro destino dell’uomo e della natura. I fattori climatici non sono controllabili, e ogni forma di cautela nelle previsioni può renderci solo più tranquilli. Ma le avversità restano, e vanno affrontate con energia, tempestività e metodo da chi - per professione - è chiamato ad applicare ogni opportuna misura contro il maltempo.
Perché solo chi è di sicuro “mestiere” e aggiornata preparazione può e sa intervenire. E questo sia per contenere i danni, che per rivedere qualche progetto che gli imprevisti esiti della vendemmia non possono più garantire.
E allora? Non lasciamoci andare con superficiale ottimismo al trionfo della vendemmia, ma proviamo a seguirne le sorti, zolla per zolla, con il magistero di chi intreccia la propria vita a quella dell’uva e del vino.
Articolo tratto da l'Enologo – n°11 2016 – Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
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