Massimo Bottura: rapidità, luce e creatività, così si esce dalla crisi
"I vini del futuro me li immagino pieni di coraggio, carattere e con una storia da raccontare."
Massimo Bottura, chef patron dell’Osteria Francescana, è cresciuto a Modena. Sin da ragazzo manifesta uno spiccato interesse per la gastronomia che apprende osservando cucinare madre, nonna e zia. Nel 1986 abbandona gli studi di legge per aprire il suo primo ristorante. Successivamente perfeziona la sua formazione lavorando per Alain Ducasse al Louis XV di Montecarlo e per Ferran Adrià a elBulli. Combinando gli antagonismi di queste due scuole, Bottura creerà una sua propria filosofia, tradizione in evoluzione, e aprirà nel 1995 l’Osteria Francescana.
Tradizione e innovazione
All’Osteria Francescana, il ristorante più blasonato d’Italia, Bottura trae spunto dall’arte contemporanea per realizzare piatti altamente innovativi che approfondiscono e reinterpretano le tradizioni culinarie italiane. Il suo stile ludico e dinamico gli è valso tre stelle Michelin e lo ha consacrato miglior ristorante del mondo nella classifica dei World’s 50 Best Restaurants nel 2016 e nel 2018.
Bottura si è inoltre distinto anche per la sua opera nel sociale. "Ho seguito le mie passioni per oltre trent’anni per riuscire a trovare la mia voce - scrive Bottura nel suo blog. È venuto il momento di usarla per rendere visibile l’invisibile. Sprechiamo un terzo del cibo che viene prodotto le direttive necessarie. Ciò che oggi può fare la differenza è proporre un’esperienza che vada oltre la nostalgia e il comfort food, ma che sia una proposta innovativa, che porti luce e stupore. Un ristorante, lo dice la parola stessa, ha la funzione di ristorare anima e corpo. Ed è proprio per questo che in Francescana cerchiamo di servire ogni giorno emozioni in bocconi masticabili. Trasportare le persone in un nuovo viaggio che le farà volare con il pensiero, aprendo, spero, nuovi orizzonti e nuove ispirazioni. Da adesso in poi è necessario munirsi di grande coraggio per sperimentare nuove idee e credere in ciò nel mondo". Per questo, nel 2016, fonda Food for Soul, una Onlus, che lottando contro lo spreco alimentare costruisce progetti di inclusione sociale.
L'intervista
D: “Come sta vivendo questo post lockdown il settore della ristorazione italiana?”
R: “Penso che stiamo facendo tutto il possibile per ripartire e accogliere italiani e non che abbiano voglia di tornare a emozionarsi. Stiamo rispettando le procedure, il distanziamento sociale, seguendo le direttive necessarie. Ciò che oggi può fare la differenza è proporre un’esperienza che vada oltre la nostalgia e il comfort food, ma che sia una proposta innovativa, che porti luce e stupore. Un ristorante, lo dice la parola stessa, ha la funzione di ristorare anima e corpo. Ed è proprio per questo che in Francescana cerchiamo di servire ogni giorno emozioni in bocconi masticabili. Trasportare le persone in un nuovo viaggio che le farà volare con il pensiero, aprendo, spero, nuovi orizzonti e nuove ispirazioni. Da adesso in poi è necessario munirsi di grande coraggio per sperimentare nuove idee e credere in ciò che si sta facendo. Per avere successo bisogna essere "ossessionati". L'ossessione permette di andare in profondità più di ogni altra cosa.
È più forte delle passioni struggenti: la prima cosa a cui pensi al mattino e l'ultima alla sera. Noi ristoratori italiani siamo fatti così: la cucina è una vocazione più che un'attività. Per questo molti di noi sono in difficoltà in questo momento. Tuttavia, siamo i migliori a cavalcare i sogni e maneggiamo l'irrazionale meglio di altri.”
D: “Tre “ingredienti” per uscire da questo momento così delicato a livello nazionale e internazionale.”
R: “Rapidità, luce, creatività.
Rapidità perché abbiamo bisogno che i governi e le istituzioni ci sostengano per ripartire a pieno regime il prima possibile.
Luce perché, come dicevo, abbiamo bisogno di rinascere da un periodo di difficile. La luce è un nuovo giorno che arriva, è l’inizio ma è anche il lampo, l’intuizione, la bellezza. Come i pittori rinascimentali hanno rotto con il passato studiando e sfruttando i movimenti e il senso di prospettiva dato dalla luce, così noi tutti abbiamo bisogno di nuove idee, nuovi stimoli per dare inizio ad una nuova rinascita.
Creatività: arriva subito dopo la luce. La creatività è il nostro salvagente per continuare a sperare, amare e rimanere ossessionati da ciò che ci rende felici. Solo così avremo l’opportunità di andare avanti.”
D: “Grande cucina e grandi vini. L’Italia che piace all’estero per la sua storia, per la sua cultura e per le sue bellezze artistiche e paesaggistiche, crede che debba ulteriormente puntare sul binomio enologia e gastronomia?”
R: “Enologia e gastronomia sono storicamente un binomio non solo vincente ma indissolubile. Il patrimonio enologico italiano è di una ricchezza varia e profonda e ha ancora tantissimo da dare, non solo all’estero ma anche agli italiani.
Come la sala è indispensabile portavoce ed espressione della cucina, così la cucina perderebbe consistenza senza il fondamentale apporto di una sala attenta e appassionata. Questo è lo stesso rapporto che vedo tra cucina e vino. Non c'è distanza, l'esperienza gastronomica è un unicum che non dovrebbe essere sezionabile.”
D: “Se dovesse pensare ai vini del futuro da mettere nella carta del suo ristorante, come se li immagina?”
R: “È importante riuscire a essere cuochi contemporanei, attraverso la ricerca, che passa dalla cucina ma ovviamente anche dalla cantina. Bisogna analizzare il passato in chiave critica e non nostalgica, per farne tesoro e rielaborarlo attraverso l’esperienza. È per questo che noi non poniamo mai limite alla sperimentazione e dunque all’accostamento. I vini del futuro me li immagino pieni di coraggio, carattere e con una storia da raccontare.”
D: “Molti sostengono che il mondo post pandemia non sarà più lo stesso. Lo pensa pure lei? Crede che sia giunto il momento di pensare a nuovi modelli di vita?”
R: “Penso che questo periodo così delicato ci abbia insegnato molto. E credo sia necessario, ora più che mai, partire dalla consapevolezza. Penso ad esempio a quello che mi ha dato Kitchen Quarantine, le dirette su Instagram con cui ogni sera io e mia figlia Alexa ci connettevamo con il mondo durante la quarantena.
Abbiamo sfruttato questo mezzo di comunicazione per trasmettere il nostro approccio agli ingredienti e alla cucina, per cui non esistono scarti ma solo risorse. La lotta allo spreco alimentare parte innanzitutto da una presa di coscienza, da come si acquista a come si sfrutta il potenziale di ogni singolo ingrediente soprattutto nella propria cucina di casa.
È solo così che saremo in grado di guardare le eccedenze alimentari sotto un’altra prospettiva. I baccelli dei piselli, i gambi degli asparagi o del sedano, la buccia dello zenzero, le pesche ammaccate e i pomodori raggrinziti…sono tutti elementi che non tolgono valore, ma lo aggiungono! Soprattutto oggi, l’atto del cucinare così come quello di nutrirsi deve diventare una scelta etica, non più solo di gusto.
Chiediamoci da dove viene quello che abbiamo nei nostri piatti, quale sia il suo passato, ma anche e soprattutto come vediamo il suo futuro. Questo è uno dei primi modelli di vita che dovremmo prendere come riferimento.”
D: “Ai giovani che si affacciano al mondo della cucina e in generale delle professioni, cosa si sente di raccomandare o consigliare?”
R: “Di lasciare aperta la porta dell’inaspettato e non smettere mai di lasciarsi ispirare da qualsiasi cosa. Studiate, leggete, siate curiosi di qualsiasi cosa catturi la vostra attenzione.
Ogni scintilla è trasferibile in cucina e può dare vita a qualcosa di unico. Imparate tutto e poi dimenticatevi di tutto, senza farvi condizionare da nessuna costrizione. È importante conoscere per poter avere consapevolezza e da lì fare un passo oltre, innovare, creare nuove tradizioni.”
D: “C’è un piatto che ha segnato la ripartenza post Covid? Oppure il piatto che ha segnato la svolta della sua professione.”
R: “Il 2 giugno, il giorno della riapertura di Osteria Francescana, abbiamo inaugurato With a Little Help From My Friends, un nuovo menù che è espressione creativa di tutto il mio team, nessuno escluso. Dal primo all’ultimo abbiamo lavorato insieme durante la quarantena, a distanza, provando e studiando nuovi abbinamenti, nuove possibilità. Il risultato è andato oltre ogni nostra aspettativa!
Gli ospiti sono sempre più entusiasti e questa per noi è la conferma che il lavoro di squadra è essenziale per superare qualsiasi ostacolo e raggiungere anche gli obiettivi più alti. Contemporaneamente a Casa Maria Luigia ogni domenica abbiamo una nuova esperienza culinaria, un brunch dove il menù è stato creato da un team di ragazzi giovani e creativi sfruttando una delle forme più antiche di cottura, il forno e la legna, realizzando sapori sorprendenti.
È questo che il fine dining deve continuare a fare: dare un esempio concreto, per ispirare ed essere un punto di riferimento, un faro nel buio.”
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