Vino: il “semestre Covid” è il peggiore di sempre
Il "semestre Covid-19" (marzo-agosto) ha prodotto effetti negativi anche sul commercio mondiale del vino che ha registrato una contrazione senza precedenti nella storia moderna del settore.
Nei Paesi extra-Ue – stando alle elaborazioni dell’Osservatorio Vinitaly-Nonisma Wine Monitor su base dogane – gli scambi complessivi di vino nel semestre in questione hanno subito un calo del 15,2%, la perdita rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente è di circa 1,4 miliardi di euro.
Il calo più significativo è stato registrato dalle bollicine (-28,8%), perdono infatti quota in tutti i 10 top importer, che rappresentano il 92% del mercato extra-Ue. In tutto ciò il vino italiano, pur registrano il peggior risultato degli ultimi trent’anni, riesce a contenere le perdite e a chiudere il periodo dell'emergenza sanitaria a -8,6%, dopo un ottimo avvio di anno. Nel primo bimestre il trend segnava + 14,5%.
Per il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani: «In un altro periodo l’export in calo di quali il 9% significava crisi, oggi è una mezza vittoria se si guardano i competitor, ma il bicchiere rimane comunque mezzo vuoto e la congiura non aiuta. Il nostro osservatorio evidenzia uno scenario sempre più asimmetrico all’interno del comparto, e a pagare sono soprattutto le piccole e medie imprese di qualità, asse portante del made in Italy. A wine2wine exhibition % forum (22-24 novembre) faremo il punto sul settore e sulle alternative commerciali direttamente con gli attori internazionali del mercato».
L'import del vino da Italia e Francia nel semestre Covid
Stati Uniti e Svizzera, rispettivamente la prima e la terza importatrici del prodotto tricolore, sono i Paesi che hanno contribuito a rendere meno amaro il calice italiano. Negli Usa (-8,1%) la performance è stata migliore di quella francese (-40,1%) stroncata dai dazi aggiuntivi; in Svizzera ha addirittura registrato un aumento (+7,5%). La differenza nel computo finale del semestre tra le due superpotenze produttive mondiali sta anche alla Cina, che segna un piano inclinato (-38%) per entrambe ma i cui pesi, e relative ripercussioni, sono ben differenti.
Per l’Italia infatti il deficit equivale a 26 milioni di euro; per la Francia in 122 milioni di euro. In crisi anche il mercato del Regno Unito, anche a causa della Brexit: 9,5% per l’Italia e 21,6% per i cugini transalpini, con le bollicine in netta controtendenza rispetto agli ultimi anni, in particolare per Parigi (-41,9%, Roma a -17,4%). Ed è proprio questa tipologia a raggiungere un crollo assoluto, -38,5% delle bollicine francesi e -12% per quelle italiane.
Per il responsabile dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini: «Il semestre marzo-agosto ci consegna una pesante diminuzione nelle importazioni di vino dei mercati terzi dove l’Italia sembra soffrire meno rispetto alla Francia alla luce di una distribuzione dei propri vini più equilibrata tra on e off trade, anche se i pessimi segnali che stanno giungendo sulla seconda ondata della diffusione del Covid-19 rischiano di appesantire ulteriormente la perdita, considerando che solitamente l’ultimo trimestre arriva ad incidere per circa il 30% sull’export complessivo dell’anno». Il semestre ha infine inciso notevolmente in termini di quote di mercato nell’extra-Ue tra i 2 market leader, con la Francia che perde 5 punti e scende al 29,3% mentre l’Italia sale al 23,5%.
L'import del vino nel mondo nel semestre Covid
È di 7,7 miliardi di euro il valore delle importazioni di vino nei Paesi terzi nel "semestre Covid-19" a fronte di 9,1 miliardi di euro registrati nel pari periodo del 2019.
A perdere, 8 tra i 10 top buyer considerati e tutti i primi 5 principali importatori extra-Ue: Usa (-20,7%), UK (-6,8%), Cina (-35,5%), Canada (-7,9%) e Giappone (-17,5%).
A farne maggiormente le spese proprio la tipologia che è cresciuta di più negli ultimi anni: gli sparkling pagano infatti con un -28,8% e trend negativo in tutte le piazze della domanda, con quella statunitense che paga oltre 1/3 delle vendite in valore.
Perdono la metà rispetto alle bollicine i fermi imbottigliati (-14,7%), a partire dalla Cina (-35,8%), con cali sopra la media anche da parte di Usa e Australia.
In generale, la (vistosa) contrazione del prezzo medio è da addurre a 2 fattori: le grandi difficoltà del canale horeca e di conseguenza dei vini a maggior valore e le condotte speculative lungo la filiera.
Fonte: Osservatorio Vinitaly - Nomisma Wine Monitorsu base dati dogane
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