La stirpe del vino: come raccontare le storie dei vitigni
Lo storytelling può essere definito come la fabbrica delle storie.
Una frase significativa di Giulio Cesare nel “De bello Gallico” afferma che: “Gli uomini credono volentieri che ciò che desiderano sia vero”. Lo storytelling è un dispositivo di captazione delle attenzioni per mezzo della storia, dall’intreccio e dalla tensione narrativa. Non attira l’attenzione come fa il logo ma fidelizza il pubblico grazie ai suoi ingranaggi narrativi. Il cervello umano è infatti in grado di sintetizzare meglio un’informazione quando questa è comunicata in forma narrativa. Attraverso schemi, figure e elenchi si creano racconti e si usano tecniche narrative sviluppate dal romanzo, fumetti e cinema.
Gli spunti immateriali per la narrazione del vino sono numerosi: il richiamo territoriale, la funzione socializzante, la funzione identificativa, la proiezione del sé, l’aderenza ad uno stile di vita/di consumo, l’identità del produttore, il mito/la qualità. Quelli materiali sono un po’ più facili da interpretare: Il profilo gusto olfattivo, la funzione nutritiva, la salubrità, l’impatto sensoriale, l’impatto fisiologico, l’impatto psicologico, la materializzazione del packaging, la garanzia del brand, il prezzo. Tutti questi elementi sono da un lato la sostanza fisica di una bottiglia e dall'altro lo spirito della bottiglia. È difficile costruire un racconto che attiri solo attraverso elementi materiali.
Il racconto del vino
Il racconto del vino quindi parte dal romanzo del territorio: il territorio ha storia, antropologia, geografia, suolo, clima. Questi sono tutti elementi fondamentali per raccontare una storia perché questa va collocata in un luogo: non possiamo inventare una storia di un vino senza poterla collocare in una parvenza di realtà. Intorno a questa possiamo costruire quello che vogliamo. Il linguaggio più efficace è quello dei sensi. il territorio può essere spiegato non solo come descrizione fisica ma come i nostri sensi interagiscono con il territorio ed hanno un impatto interattivo.
Naturalmente bisogna partire da un prodotto, non possiamo partire da un territorio senza un prodotto di qualità. Vale molto anche il profilo del produttore, lo stile di consumo del vino, la genesi del mito . Penso serva una comunicazione seria, ricca di contenuti tecnici realizzata con un linguaggio semplificato, che lasci al consumatore libertà di scelta, che non sia solo emotiva. Bastano poche parole guida: paesaggio, territorio, storia , cultura, ambiente.
Come si organizza la narrazione del vino
Abbiamo due tipi di narrazione: la prima omnicomprensiva, che si sviluppa su saghe (epopee e leggende) e storie (racconti e romanzi). Abbiamo poi una narrazione frammentaria, usata principalmente dai media (gossip, news e rumors). Sono due modi diversi di comunicare: nel secondo caso è uno storytelling molto rapido e non esaustivo, che serve a creare curiosità, mentre con i racconti o e romanzi la narrazione offre spunti ed argomenti che possono essere sviluppati con altre tecniche, quali la cinematografia o il teatro.
Una performance di racconto del vino deve sincronizzare quattro tipi di effetti :
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il racconto e la sua messa in scena;
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l’effetto subliminale del vocabolario e delle metafore, fondamentali in un romanzo per leggere la fase successiva di stimolo;
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la tensione narrativa;
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l’effetto contagio su internet e social network.
La sinestesia può aiutare la comunicazione del vino?
La sinestesia è un meccanismo psicologico legato al funzionamento dei nostri neuroni che riesce a legare sensazioni fisiche (un profumo,una musica,un colore etc) a sentimenti. Due esempi significativi possono aiutare a comprendere questa affermazione:
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G. Bachelard, in “Il diritto di sognare” del 1974: “Questo bicchiere di vino chiaro, fresco, secco, riassume tutta la mia vita campagnola. Le persone credono che io beva, ma io ricordo”,
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M. Proust , in “Alla ricerca del tempo perduto” (1913-1927), dove il calembour nella comunicazione del vino mescola l’intreccio narrativo alla cultura, nel senso più largo, del tempo, attraverso l’approccio diacronico e didascalico degli avvenimenti, mescolando antico e contemporaneità, sviluppando gli argomenti nel tentativo di collegare ricordi personali a fatti storici ed a sensazioni gustative o emozionali (il profumo delle Madaleine appena sfornate gli ricordano la madre).
L’uso della metafora nello storytelling per spiegare l’origine dei vitigni coltivati
Nel Simposio (chiamato anche dell’amore) Platone nel suo colloquio con Agatone, ricco discepolo ateniese, usa una metafora, quella della curiosità, per indicarne il ruolo pedagogico fondamentale.
Vengono riportate a solo titolo esemplificativo tre metafore da utilizzare per sviluppare e rendere comprensibile la narrazione del vino: la metafora del confine, del viaggio e dell’angoscia. Con queste metafore si possono narrare rispettivamente la storia delle tante viticolture italiane , l’origine dei vitigni coltivati e l’inquietudine per il cambiamento climatico.
La metafora del confine è fondamentale per raccontare come si è sviluppata la civiltà del vino in Europa. Usiamo tre parole che non distinguiamo nel loro vero significato: confine, frontiera e limes. Confine è uno spazio condiviso, dove due culture che vengono a contatto si integrano per dare origine a una nuova cultura. Molti vitigni sono nati proprio grazie a queste interazione. L’opposto è la frontiera ,dove due culture si incontrano, si fronteggiano ma non si fondono, contrapponendosi. Il limes è un limite fisico, dove i confini sono rappresentati da montagne, fiumi e mari. Limes significativi sono le isole o le valli difficilmente superabili che rappresentano delle “frontiere nascoste”, alla base di condizioni di isolamento e di conservazione.
Un’altra metafora è quella del viaggio. Il viaggio è la metafora della vita. Comprende situazioni come il superamento di difficoltà, prove di conoscenza, ricerca del nuovo, fuga dalla realtà. È fondamentale strumento narrativo costituito dai nostoi che sono i viaggi di ritorno dell’epica omerica degli eroi greci dalla guerra di Troia. Sono viaggi tragici come quello di Agamennone che viene ammazzato dagli amanti della moglie, di Diomede ed Antenore, che avvertiti del rischio che correvano tornando a casa, vagano senza meta nello spazio adriatico e diventano gabbiani nella leggenda. Ma è soprattutto il racconto che viene fatto da Omero del viaggio di Ulisse nell’Odissea ad avere un ruolo fondamentale nella conquista dell’Occidente da parte dei greci. La storia dell’origine di molti vitigni coltivati ancora oggi in Italia può essere raccontata attraverso la saga dei Nostoi.
Ma non solo : il pacchetto tecnologico alla base della produzione dei vini dell’Italia meridionale ha origine dall’apporto culturale dei navigatori e coloni greci. A loro si attribuisce la diffusione dei palmenti, delle anfore ma soprattutto dell’uso rituale e simbolico del vino. Analogamente a quanto era avvenuto in Caucaso nel quale la diffusione delle coltivazione della vite è avvenuta per opera degli artigiani della ceramica: questi ceramisti si spostavano da un paese all’altro per produrre vasellame di uso famigliare. Con questi spostamenti diffondevano la cultura del vino, le tecniche di allevamento della vite, i metodi di pigiatura e di fermentazione. Ma non solo, insegnavano anche a berlo. Il simposio era il modo per dare un significato simbolico e trascendentale al vino .
Le origini dei vitigni
I vitigni che coltiviamo sono il risultato di scelte fatte dai primi viticoltori all’interno di territori dai contorni ben definiti: spesso sono giunti fino a noi perché l’isolamento geografico e culturale ne ha garantito la conservazione. In altri casi invece attraverso migrazioni e viaggi sono arrivati da luoghi lontani, spesso dopo essere stati acclimatati hanno ripreso il loro viaggio o si sono incrociati con vitigni locali provenienti dalla domesticazione delle viti selvatiche.
L‘era genomica, iniziata circa quindici anni fa con la decriptazione del DNA della vite, ha rivoluzionato e spesso contraddetto le ipotesi formulate dalla cultura idealista dell’800 che si basava sulla tradizione letteraria e mitologica. Si è aperto uno spaccato di nuove conoscenze ed attraverso la ricostruzione dei pedigree dei vitigni più importanti sono apparsi dei rapporti di parentela inattesi e spesso poco spiegabili.
Il libro dal titolo "La stirpe del vino " uscito recentemente per i tipi delle Sperling&Kupfer racconta in modo semplice, con la tecnica dello storytelling, le tante storie dei vitigni europei più coltivati .
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