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La diminuzione dei prezzi può corrodere il patrimonio vitivinicolo italiano

25 Marzo 2019
La diminuzione dei prezzi può corrodere il patrimonio vitivinicolo italiano
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Se i miei ricordi di scuola reggono, a dispetto degli anni, c’è una grossa differenza tra un problema e una questione. Nel senso che il primo, pur richiedendo una soluzione, ha dei precisi confini. La questione, invece, impegna una serie di problemi che ruotano tutti intorno al medesimo tema, per cui vanno affrontati globalmente e nello stesso tempo. Così il crescente gioco al ribasso dei nostri vini, con ogni comprensibile riflesso sull’andamento del mercato, che solo da pochi anni sta cercando di sottrarsi al peso di una sterile economia, apre una questione quanto mai complessa.

Che vede anzitutto sotto accusa chi, in forme sconsiderate, minaccia l’immagine e il prestigio di un intero settore. Mi riferisco a quelle norme comportamentali, che vanno sotto l’etichetta dell’etica. Vale a dire a quei principi morali dei quali, prima ancora che le imprese, è chiamato a farsi interprete ognuno di noi. Specie quando le nostre scelte vanno al di là del privato, per coinvolgere la vita sociale della comunità nella quale operiamo.

La “difesa” inalberata a vantaggio di una politica tanto rischiosa, non trova alcun conforto negli esiti della vendemmia 2018. La quale tra l’altro risulta sì generosa ma non così abbondante; di buona qualità, in molti casi ottima, in altri eccellente. La quantità si aggira intorno ai 52.000.000 di ettolitri di vino e mosto. Un valore questo che poco si scosta da quello di annate normali.

Vendemmia vitivinicola italiana
La vendemmia 2018 ha prodotto 52 milioni di ettolitri di vino e mosto

Sono numeri oggettivi, che non avrebbero dovuto in alcun caso alimentare un’interpretazione scorretta da parte dei mercati. E soprattutto dar vita a una campagna di speculazione ingiustificata e falsa, che sta portando a una valutazione dei vini sul mercato assolutamente inadeguata rispetto ai costi di produzione. Di qui la tendenza di alcuni a ridurre i prezzi di acquisto dei mosti e dei vini. Siamo a una interpretazione commerciale volutamente miope e strumentale. Anzitutto perché non tiene conto delle annate precedenti. Valga per tutte, quella del 2017, la più scarsa nel corso degli ultimi cinquant’anni. È evidente che per quei produttori non legati agli esiti di questa o quella annata, compensare le eventuali perdite richiede spesso non meno di quattro/cinque anni. Un traguardo piuttosto faticoso, e non sempre raggiungibile, se si mantiene una politica che fa leva sui prezzi bassi.

Vini bottiglie scaffali
Bottiglie di vino

Ne consegue che i produttori, messi alle strette di fronte a richieste capestro, hanno solo due scelte: uscire da una mortificante economia, incrementando la produzione (con ogni comprensibile riflesso sul piano della qualità), oppure chiudere un’attività non più remunerativa. Due soluzioni che non mancheranno di pesare sui destini della nostra produzione vitivinicola, e dalle quali usciremmo tutti sconfitti.

Perché buttare su piazza (e il termine non è scelto a caso) una valanga di bottiglie a prezzi assolutamente inadeguati, significa alimentare un prodotto squalificato, sotto ogni punto di vista. Al di sotto di una soglia sostenibile del prezzo ci potremmo trovare anche dinanzi a vini che legittimano ogni sospetto, a partire dall’origine e utilizzo delle uve ai processi di vinificazione. Perché se proviamo a valutare i costi di gestione di una bottiglia (vetro, etichetta, tappo, capsula, imballaggio, trasporto, provvigione al rappresentante e utile per chi vende) i conti non tornano. Per cui, a ben riflettere, siamo di fronte a una politica non solo poco remunerativa, ma fortemente dannosa per l’intero comparto.

C’è poi da tenere conto del discredito che sta investendo, prima ancora che il mondo del vino, i singoli produttori. I quali, ormai da anni stanno cercando di costruire con legittimo orgoglio e tanta ambizione l’affermazione dei nostri vini sui mercati di tutto il mondo.

Ora, questo faticoso percorso corre il rischio di essere compromesso da coloro che bruciano la nostra storia e il nostro prestigio e soprattutto il nostro futuro sull’altare dei più fatui interessi a brevissimo termine. E questo in aperta violazione di qualunque principio di rispetto nei confronti di chi invece opera con sacrificio e tanta onestà, per tenere alti il livello e la credibilità dei nostri vini. Il successo sin ora raggiunto ci obbliga a mantenere (ma direi costantemente a migliorare) lo standard di qualità dei nostri prodotti. E questo non è possibile, puntando sulla politica dei prezzi bassi.

Prezzi che in molti casi hanno avuto una contrazione del 40-45% rispetto alla passata stagione. Qualcuno potrebbe ritenere questo un fenomeno che riguarda tutti i Paesi della Comunità europea. No cari amici, il fenomeno è solo italiano se è vero, come è vero, che in Spagna i prezzi dei vini sfusi sono aumentati del 36% sui bianchi e 43% sui rossi ed in Francia del 4,8% (fonte Ismea). La questione, in tutta la sua gravità, impone di essere affrontata.

di Riccardo Cotarella

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