Conoscere i mercati: la nuova frontiera dell'enologo
Esistono pochi altri mercati che possono vantare una storia millenaria, profonda e ampia quanto il mercato del vino. Questa consapevolezza rappresenta un patrimonio di grande valenza per tutti coloro che svolgono la nostra appassionata e appassionante professione, proprio in quanto conferisce autorevolezza e scientificità a regole, procedure e processi che hanno alle spalle secoli di sperimentazioni e di esperienze maturate non solo nei grandi Paesi del vino come Italia e Francia, ma anche nei più diversi contesti del mondo: dalla Napa Valley al Kazakistan, dalla Norvegia al Sudafrica.
Il nostro immenso “patrimonio di certezze” rischia, però, di rappresentare una barriera inerziale se ci impedisce di cogliere con tempestività i segnali delle profonde trasformazioni che stanno interessando il mercato dei nostri clienti. Da anni, le aziende vitivinicole italiane stanno affrontando, con coraggio e determinazione, uno scenario in continua evoluzione competitiva per una serie di fenomeni concomitanti: la globalizzazione dei mercati, il peso crescente della grande distribuzione organizzata, il ruolo della comunicazione attraverso web e social network, tanto per citarne alcuni, l’intensità dei quali è progressivamente alimentata dalla profonda mutazione dei consumatori ovvero dei clienti dei nostri clienti.
Pensiamoci un attimo: le nostre imprese vitivinicole devono confrontarsi con un consumatore sempre più esperto che, sicuramente, non ha la nostra competenza agronomica, enologica e tecnologica, ma sa scegliere, tra diverse alternative, fino a individuare la soluzione più rispondente alla propria motivazione d’acquisto. È un consumatore intelligente che può acquisire il parere dei più grandi esperti e confrontarsi con tanti altri operatori senza spendere un solo euro e può decidere a tavolino dove, come, quando, da chi e a quali condizioni comprare.
È un consumatore esigente e indisponibile a compensare pregi e difetti: per lui un difetto pesa quanto dieci pregi e se è soddisfatto di un prodotto (o di un servizio) ne parla con tre persone, se è insoddisfatto con nove. Di tutto ciò non ha senso meravigliarsi perché, a ben pensarci, è proprio quello che accade a ognuno di noi quando deve valutare un ristorante o un albergo, pur non essendo ristoratore, né albergatore, o quando qualcuno ci vuol vendere qualcosa che non abbiamo alcuna intenzione di acquistare.
In compenso lo stile di vita, le esperienze, le competenze che il nostro consumatore ha maturato ne hanno accresciuto la disponibilità a nuove emozioni, la sensibilità per il benessere, la curiosità per una storia, l’attenzione per un territorio.
Dunque, oggi la nostra impresa vitivinicola deve competere in un mercato sempre più severo e selettivo dovendosi rivolgere a clienti sempre più intelligenti, preparati ed esigenti. Un vecchio proverbio cinese sostiene: “quando soffia il vento del cambiamento, alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento”. Purtroppo è molto più facile erigere muri o alzare steccati, che progettare e installare mulini a vento per volgere in positivo le nuove energie sprigionate dal cambiamento.
Però, questa minaccia, rappresenta una grande opportunità per tutti noi: dobbiamo far capire ai nostri clienti che produrre un vino eccellente è una condizione necessaria, non più sufficiente per il successo e lo sviluppo.
Dobbiamo aiutarli ad accogliere quanto sta accadendo come grande occasione di ripensamento della catena del valore: dalla concezione, alla progettazione, alla produzione, alla distribuzione, alla comunicazione del prodotto.
In questo senso, sia detto per inciso, la comunicazione è solo l’ultimo anello: non basta comunicare efficacemente un prodotto per farlo apprezzare al cliente, sarebbe come applicare una vernice preziosa a un tavolo sghembo: al più sarà un tavolo sghembo ben verniciato!
E, allora, dobbiamo insegnare alle nostre aziende a “vivere” i loro clienti, ad accoglierli nelle proprie cantine fisicamente o virtualmente, con tutti i mezzi che la tecnologia mette a disposizione.
Occorre parlar loro del modo migliore di: far conoscere la propria storia e la specificità del proprio vino, individuare i propri clienti, impostare un sistema produttivo e organizzativo coerente con la strategia aziendale, monitorare i costi, dimensionare la propria offerta, posizionarla e distribuirla efficacemente, impostare un efficace sistema di comunicazione con il proprio target. Dunque, le indispensabili e primarie competenze enologiche e agronomiche debbono essere necessariamente integrate con competenze di gestione aziendale.
Come ho avuto occasione di sostenere in una recente intervista, questa necessità mette in crisi e rende artificiosa la divisione rigida dei ruoli tra il tecnico che progetta vini e l’esperto di marketing o di gestione. Le conseguenze di tale divisione rischiano di diventare pericolose, tanto quanto l’anacronistica separazione tra produzione e mercato, quasi fossero elementi appartenenti a mondi distinti e distanti.
Tutto ciò rende improcrastinabile un ampliamento della missione e del campo d’azione dell’enologo che - coerentemente con il ruolo di primo interlocutore dell’imprenditore vitivinicolo - dovrà supportarlo nella individuazione degli strumenti e delle professionalità in grado di monitorare la performance dell’intera catena del valore: dalla vigna, alla cantina, alla distribuzione, alla comunicazione.
Insomma, per risolvere problemi sempre più complessi e affrontare situazioni sempre nuove, occorre disporre di strumenti sempre più aggiornati per: progettare un modello di business, posizionare un prodotto, dimensionare la struttura organizzativa, conoscere e gestire i costi aziendali.
Il tutto per garantire la continuità e lo sviluppo dell’impresa vitivinicola che, ancora una volta, potrà contare sull’apporto professionale, culturale e passionale della nostra categoria.
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