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Aceto balsamico di Modena: perché denigrare i nostri tesori?

05 Agosto 2016
Aceto balsamico di Modena: perché denigrare i nostri tesori?
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Sul sito web di un'autorevole testata giornalistica è di recente apparso un articolo sull'Aceto balsamico di Modena IGP. In tale articolo si denuncia che le materie prime utilizzate per produrlo arrivano dal di fuori della zona di produzione, anche dall'estero, "ma il consumatore non lo sa affatto".

La cosa ci lascia basiti: probabilmente chi ignorava la questione era il giornalista e non i consumatori. La normativa comunitaria sulle DOP ed IGP, ormai risalente al 1992, prevede infatti che l'IGP designi un prodotto "la cui produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata". E' quindi assolutamente legittimo e noto che la materia prima delle IGP possa provenire anche dall'estero.
Peraltro, dopo il riconoscimento della IGP "Aceto balsamico di Modena", avvenuto con Reg. (CE) 583/2009, il disciplinare di produzione è stato pubblicato, come da prassi consolidata, nella nostra Gazzetta Ufficiale per conoscenza erga omnes.

Perché dunque esprimere disappunto per una situazione che solo chi non voleva conoscere ha ignorato? Forse perché noi italiani siamo bravissimi a denigrare i nostri tesori e nello specifico le nostre produzioni, che pure ci invidiano e ci usurpano nel mondo.

Sempre nel suddetto articolo si evidenzia come il termine "balsamico" sia usato liberamente. Purtroppo l'ultimo "considerato" del Reg (CE) 583/2009 prevede che i termini "aceto" e "balsamico", anche se usati congiuntamente, siano liberi ed è protetta unicamente la denominazione "Aceto balsamico di Modena" usata nella sua interezza.
Qui ritengo non si possa tacere il grave errore commesso dall'Italia quando ha accettato tale previsione. E' evidente infatti che nell'immaginario collettivo, e non solo in Italia, aceto o condimento balsamico siano collegati direttamente a Modena e a Reggio Emilia come si può agevolmente dimostrare con un'indagine a campione sul territorio comunitario (procedura peraltro già seguita quando abbiamo dovuto dimostrare che “Parmesan” non è altro che Parmigiano Reggiano).

Che fare dunque?
Intervenire sull'Unione Europea, anche alla luce delle recenti sentenze tedesche che ci danno ragione, per richiedere la modifica dell'ultimo "considerato" del Reg. (CE) 583/2009 nel senso di prevedere che il termine "balsamico" non possa essere usato accanto ad "aceto", "condimento" o termini analoghi, in quanto evocativo della IGP e delle due DOP dell'Aceto balsamico tradizionale di Modena e dell'Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia.
Ed è questa l'unica soluzione, in quanto le norme comunitarie sono al vertice della gerarchia delle fonti del diritto ed il Reg.(CE) 583/2009 è chiarissimo laddove recita: "... la protezione è conferita alla denominazione composta Aceto Balsamico di Modena. I singoli termini non geografici, anche utilizzati congiuntamente, nonchè la loro traduzione possono essere adoperati sul territorio comunitario..."

Pertanto qualunque interpretazione a livello nazionale risulterebbe insostenibile e facilmente impugnabile e i nostri produttori avrebbero come unico strumento per far valere i loro diritti quello di una lunga e defatigante sequenza di procedimenti giudiziari.

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