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Uve a confronto: Aglianico di Taurasi, Aglianico del Taburno e Aglianico del Vulture

04 Gennaio 2017
Uve a confronto: Aglianico di Taurasi, Aglianico del Taburno e Aglianico del Vulture
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Da l'Enologo – n°11 2016 – Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani

Le prime citazioni relative all'Aglianico risalgono al 1400, ma la sua fama cresce a partire dalla prima metà del 1500. Questo vitigno è sinonimo e toponimo di numerosi tipi di uva nera: da qui la difficoltà di risalire alla genealogia dell’Aglianico e ipotizzare la sua etimologia.

Sostanzialmente esistono tre biotipi: l’Aglianico di Taurasi, l’Aglianico del Taburno e l’Aglianico del Vulture.

I tre principali biotipi di Aglianico: Taurasi, Taburno o amaro, Vulture

Sebbene presentino espressioni produttive ed enologiche piuttosto differenti in relazione all’ambiente di coltivazione e selezione secolare, questi tre biotipi di Aglianico (Foto 8, 9, 10) mostrano alcuni parametri morfo-fisiologici simili, relativi soprattutto alla conformazione della chioma, del grappolo ed alla struttura dei tessuti della bacca. Tutti e tre i biotipi sono caratterizzati infatti da un discreto vigore vegetativo, più marcato nel biotipo Taburno o Amaro, una buona fertilità reale e basale delle gemme, internodi piuttosto ravvicinati con conseguente superficie fogliare complessiva elevata e un più alto numero di gemme per unità lineare. Ciò consente a tutti e tre biotipi di adattarsi a forme di allevamento a spalliera e densità d’impianto molto diverse, mantenendo un elevato livello produttivo e qualitativo.

Aglianico di Taurasi
Foto 8. Aglianico di Taurasi
Aglianico del Taburno
Foto 9. Aglianico del Taburno o amaro
Aglianico del Vulture
Foto 10. Aglianico del Vulture

 

Per quanto attiene invece la forma del grappolo, la caratteristica comune è la notevole compattezza derivante da un’alta percentuale di allegagione in fioritura. L’epicarpo della bacca si presenta, in tutti e tre i biotipi, di ridotto spessore. Rispetto alla resistenza alle più comuni fitopatie, tutti risultano molto sensibili all’oidio e alla botrite e mediamente sensibili alla peronospora.

Fino alla fine degli anni ‘90 del secolo scorso, i caratteri produttivi e qualitativi prima descritti hanno determinato il successo della varietà e dei suoi biotipi in termini di ampliamento degli areali di coltivazione nei diversi territori provinciali della Campania, anche in zone non proprio vocate per il tipo di ambiente pedoclimatico. Tuttavia, se da un lato plasticità di adattamento, a forme di allevamento e densità d'impianto, e buona produzione quantitativa e qualitativa hanno rappresentato elementi di affermazione colturale della varietà, allo stesso tempo oggi ne costituiscono un limite per la conduzione colturale dei vigneti, diventata sempre più onerosa da un punto di vista operativo ed economico per la necessità crescente di mezzi di gestione della chioma e del controllo delle fitopatie.

bicchiere vino Aglianico
Un bicchiere di vino Aglianico

La consapevolezza del grande impegno in vigna per il mantenimento di parametri enologici elevati e costanti ha dato avvio, a partire dall’inizio del 2000, a un processo di selezione clonale per l’identificazione e la valutazione di cloni con caratteristiche fisiologiche ed agronomiche differenti soprattutto in funzione di una più contenuta fertilità delle gemme e quindi della produzione unitaria, di una minore compattezza del grappolo, di bacche più piccole e con buccia più spessa, nel rispetto dell’elevato standard qualitativo dei vini da essi prodotti. Sia istituti pubblici di ricerca che aziende private in collaborazione con vivaisti hanno quindi selezionato e messo in coltura vari cloni per ciascun biotipo ma tutti finalizzati allo stesso obiettivo che ha portato alla diffusione di numerosi cloni, soprattutto relativi al biotipo Taurasi.

Tuttavia, un notevole contributo alla razionalizzazione e semplificazione delle pratiche agronomiche e alla possibilità di un maggior adattamento dell’Aglianico alle oscillazioni climatiche, senza inficiare il grande pregio enologico delle uve, può venire proprio dalla ricerca di biotipi come quelli prima citati - Aglianico lasco, Aglianichello, Mangiaguerra - che naturalmente mostrano caratteri agronomici ideali: grappolo spargolo, buccia spessa, vigore e produzione contenuti, precocità di maturazione, alto contenuto zuccherino, ottima resistenza alle fitopatie e notevole adattabilità ad ambienti diversi, qualità eccellente del vino in termini compositivi e aromatici come risulta da diversi anni di sperimentazione condotti dall’Assessorato all’Agricoltura della Regione Campania (AA.VV. 2013. op. cit.).

Da l'Enologo – n°11 2016 – Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani

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