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Il Ruchè

14 Gennaio 2019
Il Ruchè
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Da l'Enologo - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani

La viticoltura piemontese vanta una peculiarità, ovvero la la presenza diffusa di vitigni aromatici a bacca rossa: tra questi ricordiamo il Ruchè.

Con una serie di indagini A.Scheider e coll. (2016) hanno identificato i genitori di Ruchè. Analizzando la copiosa progenie di Moscato bianco si è potuto stabilire il pedigree dei vitigni aromatici piemontesi. Un’altra varietà prolifica di discendenti importanti è la Malvasia Aromatica di Parma o Malvasia odorosissima, che ha col Moscato bianco una relazione genetica del tipo genitore/figlio. I vitigni aromatici piemontesi appaiono raggruppati in due branche principali: i discendenti di Moscato bianco (Luglienga moscata, Malvasia di Schierano, Brachetto, Moscato nero di Acqui, Brachetto di Nizza, Brachetto a grappolo lungo), e quelli della Malvasia aromatica di Parma (Malvasia nera lunga, Ruchè, Brachetto Migliardi, Malvasia di Casorzo, Malvasia bianca di Vignale, Malvasia Moscata).

Ruchè vino derivato da bacca rossa
Calici di Ruchè

Per alcuni vitigni aromatici è stato possibile identificare anche il secondo genitore: il Ruchè deriva da un incrocio spontaneo tra Croatina e Malvasia aromatica di Parma, vitigno quasi scomparso, di recente recupero, che era presente anche in Piemonte e spesso confusa con la Malvasia moscata. Ci sono osservazioni ampelografiche a segno della parentela diretta: Il Ruchè ha ereditato da Malvasia l’aroma e l’assenza della tomentosità su foglie e germogli e la tipica foglia a coppa della Croatina.

Cenni storici sul Ruchè

Le prime citazioni risalgono ai primi decenni del 1800. Spesso conosciuto come Moscatello o Moscatellina, l’Acerbi nel 1825 riportò tra le uve coltivate “nel circondario di Valenza”, un “Moscatello raro“, di cui però non esiste certezza che corrisponda alla Moscatellina o Ruché. Probabilmente le due denominazioni di questo vitigno erano differenti tra le due zone di coltivazione: nell’Astigiano Ruché e nell’ Alessandrino Moscatellina.

Gallesio lo cita nel 1831 a Valenza Po e, nel 1834, scopre il ‘Roché’ a Portacomaro (Asti). Demaria e Leardi (1875) citano un “Moscatellino rosso” coltivato in discrete proporzioni nel Casalese. Il Di Rovasenda nel 1877 non elenca il Ruchè, ma cita una “Moscatellina rossa”, che potrebbe essere un altro vitigno aromatico piemontese: il Malvasia di Casorzo. L'origine del nome Ruché è di difficile derivazione. La varietà è strettamente legata al territorio di Castagnole Monferrato, che ha San Rocco come patrono.

Castagnole Monferrato Ruche
L'origine del Ruchè è legata al territorio di Castagnole Monferrato

Altri pensano che derivi dal fatto che il vitigno dà il meglio, se coltivato su rocche assolate. Piuttosto improbabile invece la derivazione da “roncet” degenerazione infettiva, verso la quale il Ruchè mostra sensibilità minore rispetto ad altre varietà.

Il vitigno del Ruchè

Il germoglio presenta un apice: glabro (o appena appena aracnoideo), verde con orli sfumati di rosso. Le foglioline apicali sono piegate a gronda, di colore verde giallastro, lucide, appena sfumate di rosso ai bordi, inferiormente quasi glabre. Quelle basali sono di colore verde chiaro, lucide, glabre. Il tralcio erbaceo: verde su entrambi i lati o appena sfumato di rosso su quello dorsale.

Foglia adulta: medio-piccola, cuneiforme e spesso più larga che lunga, trilobata o quinquelobata; seno peziolare aperto, a V o a graffa; seni laterali superiori a U o a lira; il lembo è nettamente piegato a coppa, di colore verde chiaro, opaco, con nervature verdi; la superficie, generalmente non molto bollosa, nelle foglie basali è increspata lungo le nervature principali; denti pronunciati, a base media, irregolari, a margini da un lato concavi dall’altro convessi; pagina inferiore glabra.

Vitigno Ruchè a bacca rossa
Grappolo di un vitigno Ruchè

Il grappolo a maturità: medio-grande o grande, cilindrico allungato con ali ben sviluppate, mediamente spargolo nella parte prossimale, più compatto in quella mediana e distale; peduncolo medio-lungo, verde sfumato di rosso.

Acino: medio-piccolo (1.6 g), da sferoidale a ellissoidale corto con buccia molto pruinosa, di colore blu-nero violetto; sapore aromatico. La vigoria è media; i tralci hanno corti internodi e presentano grande emissione di rami anticipati tanto da conferire alla vegetazione un aspetto affastellato.

Fertilità e produzione: la fertilità è elevata, anche a livello delle gemme basali, come pure la produzione, soggetta però ad una certa alternanza.

Dati fenologici del Ruchè

Germogliamento: media epoca (seconda decade di aprile). La fioritura: medio- precoce (prima decade di giugno), mentre l’invaiatura accade in media epoca (seconda decade di agosto). La maturazione dell’uva è medio-precoce o media epoca (fine Settembre). Comportamento alla moltiplicazione: buono con i portinnesti più diffusi.

La coltivazione del Ruchè

La densità d’impianto non inferiore a 4.000 ceppi per ettaro. Allevamento e potatura: il Ruchè è generalmente allevato a controspalliera con potatura Guyot e capo a frutto di 10-12 gemme; si adatta però anche alle potature corte. Suscettibilità ad avversità e fitopatie: viene considerato vitigno assai tollerante nei confronti della peronospora; è soggetto ad attacchi di vespe a maturazione; il Ruchè teme le primavere fredde e piovose, che ne penalizzano l’allegagione determinando fenomeni di colatura.

Le superfici coltivate e rivendicate a Ruché Doc sono passate da 26 Ha nel 2000 a oltre 120 ettari nel 2015.

Cloni iscritti al registro

Sono disponibili il CVT 1 ed il CVT 10 entrambi frutto della selezione clonale del CNR - IVV Istituto di Virologia Vegetale - Unità Staccata di Grugliasco.

La Docg Ruchè di Castagnole Monferrato

La zona di produzione del Ruché è quella comprendente l'intero territorio di alcuni comuni della provincia di Asti (Castagnole Monferrato, Grana, Montemagno, Portacomaro, Refrancore, Scurzolengo e Viarigi). Il vino prodotto in queste zone da questo uvaggio ha ottenuto il riconoscimento della Doc nel 1987 e la Docg nel 2010, con la dicitura “Ruché di Castagnole Monferrato Docg” e risulta essere l’unica denominazione o indicazione.

Vinificazione. Il mosto di Ruché è caratterizzato da una dotazione di sostanze aromatiche libere non particolarmente elevata con una discreta presenza di geraniolo e diolo 1, oltre che apporti quantitativamente modesti di linalolo, ossidi piranici del linalolo e del nerolo. Più ricca la dotazione in composti aromatici legati (glicosilati) dove prevalgono il geraniolo e il nerolo, mentre la presenza del linalolo è modesta.

Il profilo antocianico del Ruché è il più originale delle varietà aromatiche rosse del Piemonte, perché costituito da una quota importante di antocianine acilate, in particolare cumarate.

Calice Ruchè
Calice di Ruchè di Castagnole Monferrato

Il contenuto degli ossidi furanici e piranici del linalolo e dei derivati terpenici idrossilati è modesta sebbene questi composti contribuiscano all’intensità aromatica finale del vino. A completare il quadro aromatico legato concorrono quote significative di alcoli superiori (benzilico) e non trascurabili di vanillina tra i benzenoidi.

Concorrono al quadro aromatico libero quote significative di composti diolici, di derivati terpenici idrossilati e la somma della frazione libera di altri terpeni e dell’acido geranico. Le uve raccolte devono seguire le normali e corrette procedure di vinificazione, anche se sono apprezzabili differenti metodologie secondo cui il Ruchè può essere venduto nell’annata o affinato in legno per un breve periodo.

Vista la caratteristica leggermente aromatica della bacca si cerca di estrarre e mantenere il più possibile tutta la parte fruttata e vegetale, per sviluppare sensazioni olfattive di rosa, di ciliegia e bacche rosse, specie se si vuole ottenere un vino pronto da bere, fresco e giovane. La fermentazione sempre con l’utilizzo di lieviti selezionati aggiunti sul primo pigiato, avviene a temperature intorno ai 25/26 °C, con rimontaggi giornalieri e prosegue per 4/5 giorni o più. Si possono fare delastage a partire dal 3° giorno, magari scegliendo di abbassare un poco la temperatura del liquido in modo da mantenere fresche anche le bucce, con l’ausilio di una microssigenazione per fissare meglio la materia colorante.

Si procede quindi alla svinatura ed alla pressatura: a volte la fermentazione MLT può avvenire in legno oppure in acciaio. Se si sceglie di fare un periodo di affinamento in legno si cerca di esaltare le caratteristiche del vino sia per la tostatura utilizzata, sia per la durata dell’affinamento.

Il risultato finale (sull’affinato) è un vino che esprime note speziate e vanigliate all’olfatto, una morbidezza al palato (grazie alla bassa acidità) ed un retrogusto che ricorda la mandorla e la liquirizia.

Note sensoriali del Ruchè

Il vitigno produce vini di colore rosso rubino intenso con forti riflessi violacei con una buona stabilità dei caratteri sensoriali nelle diverse annate.

Ruchè vino rosso
Dal vitigno Ruchè derivano vini di colore rosso intenso

Nonostante una presenza contenuta di molecole aromatiche, il Ruchè si caratterizza con un colore rosso rubino brillante, esprime un bouquet complesso con sentori floreali (rosa e viola), e di spezie, che fa da interessante contrasto al sapore secco e asciutto, privo di tannicità. Nella versione dolce o abboccato, risulta piacevolmente aromatico, con note di rosa e di piccoli frutti (frutti di bosco, ciliegia) speziato.

Di Assoenologi, con Attilio Scienza, Roberto Miravalle, Alberto Lazzarino

Da l'Enologo - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani

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