Il Canaiolo Nero
Da l'Enologo - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
Le origini del Canaiolo nero non sono ben definite. La leggenda vuole che sia stato introdotto dagli Etruschi e che le antiche origini debbano localizzarsi nell’antica Etruria.
Che si tratti di un antico vitigno lo conferma Vannuccini (1901), secondo il quale apparterrebbe al gruppo delle viti denominate Consemina. Il naturalista bolognese De’ Crescenzi lo cita nel Liber ruralium commodorum (1309) come Canajuola. L’agronomo toscano Giovan Vettorio Soderini scrive della Canaivola (1600). Cosimo Villifranchi, nel 1773, lo descrive come base del Chianti che da vino bianco era diventato vermiglio, precisando che questo vino era prevalentemente prodotto con il Canaiolo Nero al quale si aggiungeva una piccola quantità di Sangiovese, Mammolo e Marzemino.
Ignazio Ronconi (1773) conferma della distinzione tra la Canajola rossa e la Canajola colore, mentre Cosimo Trinci (1796) tra la Canajola rossa e il Colore Canajolo rosso corrispondente al Canino). Nel 1801 Jean de Sismondi sul Tableau de l’agriculture toscane lo descrive come Canniola del Chianti.
L’ampelografo lombardo Giuseppe Acerbi (1825) e il Malenotti (1831) sono i primi a riportare una serie di informazioni sul Canaiolo colore, Canaiolo nero e il Canaiolo nero minuto.
Sulla base del lavoro ampelografico svolto dal Cinelli di Sinalunga emerge che nella zona fiorentina esistevano due tipi di Canaiolo: il Canajolo nero piccolo (anche conosciuto come Cascolo) e il Canajolo grosso, già segnalati dal Targioni Tozzetti (1809).
In Ampelografia Universale il conte Giuseppe di Rovasenda (1877) elenca: una Canajola in Abruzzo ritenendola sinonimo di Uva Santa Maria o Uva della Madonna, poi una Canajola nera o Uva dei cani presente nelle Marche.
Cita un Canajolo rosso avvertendo che Trinci causa confusione perché denomina “rosse” le uve “nere”. Continua elencando una Canajola rossa di Montepulciano, il Canajolo colore, e accomuna il Canajolo cimicino al Canajolo nero. Conferma la presenza dei Canajolo nero piccolo e grosso, mentre non condivide la sinonimia tra Canajolo nero e Monica segnalata dall’Ottavi, la quale verrà poi riproposta dal Cavazza (1923).
Nella selva dei sinonimi compaiono il Canaiolo pratese e Canaiolo romano. Secondo Molon (1906) con conferma di Breviglieri e Casini (1965), si riferiscono, almeno in zona Prato e Pistoia, al Ciliegiolo. Norberto Marzotto (1925) evidenzia che la Canaiola nera, detta anche Cacciume in provincia di Chieti, non è sinonimo del Canajolo comune toscano. Anche il Canaiolo a raspo rosso non lo è perché corrisponde alla Cagnina.
L’ampelografo Giorgio Gallesio raccomanda la coltivazione del Canaiolo nero e ne riporta i pregi nella sua “Pomona” (1839). E indica un importante particolare ampelografico: “La sua foglia si distingue per la lanugine bianchiccia che copre la pagina inferiore, circostanza che gli ha fatto dare il nome di Canaiola bianca perché è questo appunto il carattere che si osserva nel Canaiolo nero”.
Conferma inoltre che faceva parte del le uve dominanti del senese, come era ben presente tra quelle coltivate a Santa Marta, a Figline e a Montepulciano, Orvieto.
Vi sono anche dei contributi enologici, tra questi quelli di Baroni (1812) e Ridolfi (1821). Gallesio (1839), parlando dei vini di Montepulciano, evidenziava che “nessuno ha mai provato a fare del vino separato di Mammolo, Canaiolo e Prugnolo; … si opina però che la Canaiola dia l’amabile … e non pare che si mischi nei vini nobili ma solo per governare i vini comuni”: anche oggi viene genericamente vinificato in uvaggio e tradizionalmente con il Sangiovese.
Certamente il più noto è quello del Barone Ricasoli che lo utilizza nell’intento di conferire al Chianti vigore e aromi, oltre che ammorbidire l’acidità e l’astringenza del Sangiovese.
In una lettera inviata al prof. Studiati dell’Università di Pisa nel 1872, il barone Ricasoli codifica l’originale ricetta per la produzione del Chianti: 2/10 di Canajolo, 7/10 di Sangioveto, 1/10 di Malvagia (Malvasia bianca lunga) e Trebbiano (toscano) (Fabrizzi, 2011).Il Nipozzano si preparava con 7 parti di Sangiovese, 2 parti di Canaiolo nero e 1 parte di Canaiolo bianco. Il Pomino con 4 parti di Sangiovese ed 1 parte di Canaiolo nero (Becciani, 2007).
Origine del nome del Canaiolo nero
L’origine del nome parrebbe derivare dal latino dies caniculares, ossia i giorni della canicola, quando, in corrispondenza del periodo fine luglio-metà di agosto, le uve invaiano.
Un’ipotesi alternativa vuole che alcuni suoi sinonimi, tipo Canina, Canino, Uva canina derivino dal nome della rosa canina o erba canina, tanto per giustificare la caratteristica nota amarognola del vino invecchiato, come pure i sinonimi Uva canaiola, Uva dei cani abbiano la stessa origine dal latino canis, dato che le uve mature attirerebbero i cani (Vannuccini, 1901).
La genetica del Canaiolo nero
È assodato che abbia similarità genetica e morfologica con le viti selvatiche femmine della zona scansanese (Ciacci e Zifferero, 2012).
A dispetto del nome, il Canaiolo biaco Drupeggio è geneticamente diverso dal Canaiolo nero. Il Canaiolo rosa invece è una semplice mutazione cromatica del Canaiolo nero. Diversi studi hanno chiarito le relazioni genetiche tra Canaiolo e Cannaiola.
La Cannaiola di Marta, nota nel comprensorio del Lago di Bolsena (VT), e la Cannaiola Macchie di Marta, posseggono lo stesso genotipo (Muganu et al., 2009). Analisi RSSR con 16 microsatelliti ne hanno stabilito l’identità genetica. Tuttavia, i genotipi umbri e laziali differiscono per alcuni significativi caratteri, non espressi da Canaiolo toscano in quei luoghi. Questi biotipi nel terroir “Tuscia” riescono a esprimere miglior concentrazione di zuccheri e polifenoli totali del Canaiolo nero.
Caratteristiche vegetative del Canaiolo nero
Il Canaiolo ha portamento semieretto e una buona vigoria. La foglia è media, pentalobata, pentagonale; seno peziolare a V stretto con bordi sovrapposti, seni laterali superiori profondi, a lira chiusa, seni laterali inferiori a V aperto, pagina superiore glabra, pagina inferiore di colore bianco-verdognolo, lanuginosa, nervature rosato-violaceo debole alla base, poi verdi, con ciuffi di peli in corrispondenza delle diramazioni con le secondarie; lembo bolloso, contorto, piegato a gronda, picciolo rosso-violaceo da un lato, dall’altra verde-violaceo. Il grappolo è medio-grande, compatto, piramidale, con due ali evidenti, peduncolo corto, grosso, legnoso, raspo rosato.
L’acino è medio, obovoide corto, regolare, ombelico poco evidente, con buccia molto pruinosa, di colore blu-nero con riflessi violacei, distribuita regolarmente, coriacea; succo incolore, polpa succosa, sapore neutro; pedicello corto, sottile; cercine poco evidente, di colore violaceo scuro, pennello corto, colore rosso-violaceo scuro, separazione del pedicello dall’acino facile; vinaccioli 2, piriformi corti.
I tralci sono lunghi, fragili, poco ramificati, ellittici, nodi globosi, glabri, corti, di colore nocciola-rossastro, uniforme, con nodi violacei; gemme coniche, globose a base larga, uncinate; cercine peziolare largo; rapporto legno/midollo: 2/1.
Epoca di germogliamento: medio (seconda decade di aprile) Epoca di raccolta: medio-tardivo (terza-quarta epoca).
La coltivazione del Canaiolo nero
Il Canaiolo ha una discreta resistenza al freddo primaverile e una buona resistenza a quello invernale. È piuttosto sensibile alle malattie crittogamiche e al mal dell’esca. Scarsamente sensibile alla flavescenza dorata. È sensibile alle carenze di Mg e K e al disseccamento del rachide. Terreni più idonei: argilloso calcareo, marne calcaree, ben drenate, collinari, con esposizione soleggiate.
Affinità d’innesto con i portinnesti sui quali è più comunemente coltivato:
- ottima con Kober 5BB, SO 4, 1103 P;
- buona con 420 A, 775 P, 110 R, 140 Ru;
- insoddisfacente con 3309, 101-14, 5 C, 779 P, 41 B.
Sistema di allevamento più diffuso: controspalliera con potatura a Guyot, cordone speronato.
Fertilità basale media.
Il Canaiolo nero è presente, seppur in misura molto ridotta in California.
I cloni del Canaiolo nero
La selezione ha individuato cloni a media produttività, in grado di garantire maggiori quantità di polifenoli e antociani per aumentare il colore nell’uvaggio con il Sangiovese (Tab. 2). Un lavoro di Giannetti et al., (2011-2012) su 5 cloni (CAN-N 6, NIPOZZANO 8, FEDIT 23 CH, FEDIT 24 CH, FEDIT 25 CH) ha evidenziato come CAN-N-6 e Nipozzano 8 mantengono un livello zuccherino più basso anche in annate particolarmente calde, a differenza dei cloni FEDIT che risultano essere più zuccherini e con il maggior contenuto di polifenoli.
Tra i flavonoli, la miricetrina-glucoside è prevalente in tutti i cloni, tranne che nel FEDIT 24, sulla quercitrina-glucoside. Il contenuto in acidi idrossicinna-miltartarici risulta inferiore a quello comunemente riscontrato nel Sangiovese, coltivato nello stesso ambiente. Tra i flavonoli estratti dai vinaccioli, il rapporto tra epicatechina, presente con valori medi intorno ai 17 mg/kg, e catechina risulta superiore a 2 in tutti i cloni ad esclusione del CH 23.
Tra le componenti antocianiche prevalenti negli estratti delle bucce è significativa la prevalenza della malvina, che oscilla tra valori compresi tra il 53 e il 60% circa, seguita a distanza da peonina (12-17% circa) e da cianina, con valori più bassi (1,2 e 2,3 % circa).
In particolare, il clone N 6 si distingue dagli altri per la maggiore percentuale di malvina e per il più basso contenuto di peonina.
Dall’esame pluriennale del profilo antocianico dei vini dei 5 cloni è emerso che possiedono una composizione antocianina stabile, con una rilevante presenza di malvidina, oltre alla significativa presenza (10-15%) di antocianine acilate, in particolare della componente p-cumarata.
I vini del Canaiolo nero
Il Canaiolo nero entra nei disciplinari di produzione dei vini Docg: Carmignano, Chianti classico.
E nelle Doc: Barco Reale di Carmignano, Candia dei Colli Apuani, Colli Amerini, Colli Etruschi Viterbesi, Colline Lucchesi, Grance Senesi, Maremma toscana, Montecarlo, Orcia, Pomino, Pietraviva, Rosso di Montepulciano, Rosso Orvietano, Val d’Arno di Sopra, Valdinievole.
Vini Igt: Colli della Toscana centrale, Lazio, Liguria di Levante, Montecastelli.
Aspetti enologici del Canaiolo nero
Il Canaiolo nero, che a maturazione ha un buon contenuto zuccherino e acidità medio bassa, è utilizzato tradizionalmente in Toscana come vitigno complementare del Sangiovese per correggerne il carattere spesso spigoloso. Lo studio più dettagliato della composizione delle uve ha fatto emergere altri aspetti tecnologici interessanti che confermano la bontà di questa unione.
Per quanto riguarda la composizione chimica, infatti, il Canaiolo nero è simile al Sangiovese come quantità totali di antociani, ma il suo profilo antocianico, con circa l’80% di antociani trisostituiti e il 13% di antociani acilati, rappresenta una buona integrazione per i vini Sangiovese che si distinguono per le alte concentrazioni di pigmenti meno stabili ai processi di invecchiamento come la cianina.
Rispetto al Sangiovese, inoltre, il Canaiolo nero si distingue per le concentrazioni di flavanoli (catechine), molecole molto reattive nei processi di stabilizzazione della matrice fenolica dei vini, e per la minor quantità di flavonoli, con una scarsa presenza di glicosidi della quercetina che possono creare, quando sono molto abbondanti come nei vini Sangiovese, problemi di intorbidamenti e precipitazioni. Le componenti fenoliche del Canaiolo nero, infine, sono facilmente estraibili, con la conseguenza che i vini che si ottengono sono normalmente più ricchi di composti fenolici rispetto a quelli ottenuti da Sangiovese.
Vinificato in purezza è un vitigno versatile e le macerazioni brevi (8-10 giorni) ne esaltano il carattere fruttato mentre, con macerazioni prolungate (20-21 giorni), si possono ottenere vini più strutturati adatti a un medio invecchiamento.
In commercio si trovano vini di Canaiolo nero prodotti con metodi di vinificazione classici, con fermentazioni più o meno indotte con inoculi di lieviti starter e affinati in botti di legno o contenitori di acciaio ma non è raro trovarlo prodotto con metodi più moderni allo scopo di proporne un’interpretazione aziendale. Si trovano, infatti, vini Canaiolo nero estremamente diversi tra loro, a volte molto fruttati, ottenuti con macerazioni prefermentative a freddo, a volte più corposi e complessi dopo un passaggio in barriques fino alla versione più fresca dei rosati. I vini ottenuti con una vinificazione tradizionale sono generalmente di colore rosso rubino, con evidenti sentori di piccoli frutti rossi e note speziate che possono ricordare il cipresso e il legno balsamico. Al gusto risulta morbido, poco acido e di medio corpo.
Del Canaiolo bianco, ormai una rarità, e del rosa, confinato a qualche campo sperimentale, non si dispongono di molti dati tecnici e analitici. Presso la collezione del Crea-Ve di Arezzo sono conservati due biotipi di Canaiolo bianco e 1 biotipo Canaiolo rosa. Dalle analisi effettuate sulle uve nell’ultimo ventennio risulta che le tipologie a bacca bianca, con acini leggermente più grossi e a bacca rosa si distinguono dal Canaiolo nero per tenori zuccherini leggermente inferiori e acidità più elevate.
Da prove di vinificazione sperimentali effettuate con Canaiolo bianco in purezza, i vini risultavano di colore giallo paglierino con riflessi verdognoli, tendenzialmente neutri e con una prevalenza delle note fermentative. Al gusto si presentavano equilibrati e con una caratteristica e piacevole nota amarognola.
Aspetti sensoriali del Canaiolo nero
In purezza si caratterizza per il colore rosso rubino intenso con buona tonalità, profumo vinoso, con note fruttate di frutti rossi, gusto morbido, di corpo, moderata acidità, sapore e retrogusto amarognolo,
Da l'Enologo - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
Ti è piaciuto questo articolo? Votalo!
Se l'articolo ti è piaciuto, metti le 5 stelline!