Continua la fase di stallo nell'export dei vini italiani in USA
Continua la fase di stallo nelle esportazioni vinicole italiane verso gli USA, secondo i dati rilasciati oggi dall'Italian Wine & Food Institute, relativamente ai primi nove mesi dell'anno in corso. Dopo un lungo periodo di pressoché costante crescita si è infatti entrati in una fase di rallentamento che negli ultimi mesi ha praticamente bloccato la fase di espansione delle esportazioni italiane. Rallentamento che preoccupa Lucio Caputo, presidente dell'Italian Wine & Food Institute, che da tempo ha avvertito sui rischi e le conseguenze che ne potranno derivare.
Secondo Caputo, che costantemente monitora il mercato americano, si tratta di un campanello di allarme che non può essere assolutamente sottovalutato e che va visto nel contesto generale di un mercato in continua espansione. L'Italia si è recentemente venuta a trovare in una fase di stallo nella quale sta subendo un contemporaneo e concentrico attacco sia nella fascia bassa che in quella alta della sue esportazioni vinicole.
La concorrenza nell'export dei vini italiani in USA
Particolarmente pericolosa la rimonta dei vini francesi che, notevolmente distanziati negli anni passati, negli ultimi tre anni ha compiuto una incredibile scalata nella classifica dei Paesi fornitori del mercato USA portandosi al secondo posto a ridosso dell'Italia nelle esportazioni in valore con tassi di crescita che oscillano intorno al 20% sia in quantità che in valore.
Al contempo Australia, Cile, Nuova Zelanda ed Argentina, alternandosi fra di loro a seconda delle costantemente variabili esigenze del mercato americano, stanno portando un considerevole e concentrato attacco alla produzione italiana nella fascia più bassa e competitiva. Ovviamente in una situazione del genere, non essendo possibile per l'Italia competere riducendo i prezzi, occorre puntare sul miglioramento dell'immagine e del prestigio dei vini italiani che è l'unico modo per attrarre un più alto numero di consumatori e recuperare le posizioni perdute nei confronti della Francia.
I francesi infatti, pur contenendo i loro costi, hanno costantemente investito nell'immagine e nel prestigio dei loro grandi vini decimando la fascia alta delle esportazioni italiane che nell'immagine del consumatore USA è ormai considerata cara soprattutto in considerazione del fatto che non gode più di quell'immagine e di quel prestigio che aveva faticosamente conquistato e che ne giustificava il costo. Purtroppo da parte italiana, in questi ultimi anni, si sono continuati ad usare i limitati fondi disponibili nel settore pubblico per attività che incrementavano l'offerta di vini italiani in un mercato pressoché chiuso all'aumento del numero dei fornitori senza far praticamente nulla per incrementare la domanda con gli ovvi risultati negativi che si stanno ora registrando.
Export dei vini italiani nel mercato USA in stallo: la soluzione
È arrivato il momento, ha sottolineato Caputo, di porre fine a tutte le inutili e controproducenti iniziative che da varie parti vengono condotte sul mercato USA e concentrarsi su un serio, coordinato, valido e professionalmente condotto programma promozionale che abbia come obiettivo principale quello di far aumentare la domanda di vini italiani, attualmente in fase di stasi. Se non si procederà in tale direzione si rischia di perdere la posizione dominante fin ora avuta sul mercato americano ed imboccare una spirale negativa che sarà poi difficile bloccare ed invertire.
Purtroppo l'attività pubblica a sostegno delle esportazioni italiane, bloccata da lungaggini burocratiche ed amministrative, langue e, sempre che parta e che possa essere efficace, lo farà quando sarà ormai troppo tardi.
Export dei vini italiani in USA: ecco i dati
Esaminando in dettaglio i dati dei primi nove mesi dell'anno in corso, le importazioni statunitensi, secondo la nota dell'IWFI basata sui dati dell'US Department of Commerce, sono ammontate a 7.054.620 ettolitri, per un valore di $3.148.554.000 contro i 6.503.580 ettolitri, per un valore di $2.935.373.000 dei primi nove mesi del 2016 con un aumento dell’ 8,5% in quantità e del 7,2% in valore.
Sempre nei primi nove mesi dell'anno in corso le esportazioni italiane sono ammontate a 1.913.220 ettolitri, per un valore di $ 996.625.000, contro i 1.899.860 ettolitri dei primi nove mesi del 2016, per un valore di $ 989.915.000 con un nominale aumento dello 0,7% sia in volume che in valore. Nello stesso periodo la quota del mercato di importazione dei vini italiani è scesa dal 33,7% al 27,1% in valore e dal 29,2% al 27,1% in quantità.
Sempre secondo la nota dell'Italian Wine & Food Institute, le importazioni dall’Australia, tornata al secondo posto, sono risultate, sempre nel periodo in esame, pari a 1.258.940 ettolitri, per un valore di $258.046.000 contro i 984.580 ettolitri, per un valore di $255.023.000, del 2016 con un incremento del 27,9% in quantità e dell’1,2% in valore. Le importazioni dal Cile, sceso al secondo posto, sono ammontate, nei primi nove mesi del 2017, a 1.009.560 ettolitri, per un valore di $198.961.000 contro i 1.169.900 ettolitri, per un valore di $198.855.000 dell'anno precedente con una diminuzione del 13,7% in quantità e dello 0% in valore.
Le importazioni dalla Francia - quarto paese fornitore del mercato statunitense in quantità e secondo in valore - sono ammontate, sempre nello stesso periodo, a 947.500 ettolitri, per un valore di $819.836.000 contro i 788.640 ettolitri, per un valore di $ 680.732.000 dell’anno precedente, con un aumento del 20,1% in quantità e del 20,4% in valore.
La nota dell'Italian Wine & Food Institute mette poi in risalto la sempre positiva situazione delle esportazioni di spumanti italiani anche se il loro tasso di espansione si è notevolmente contratto. Nei primi nove mesi dell'anno in corso tali esportazioni sono ammontate a 478.760 ettolitri, per un valore di $257.676.000, contro i 426.400 ettolitri, per un valore di $237.508.000, del corrispondente periodo del 2016, con un incremento del 12,3% in quantità e del 8,4% in valore. Da sottolineare che nello stesso periodo del 2016 rispetto al 2015 gli incrementi erano stati rispettivamente del 22,5% e del 30,2%.
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