Il Durello dei Monti Lessini
Di Elio Cecchin
Non è un blasonato Franciacorta, né un rampante Trento Doc o un più lontano Blanc de Morgex et de La Salle, di sicuro non è soltanto un metodo Martinotti e, a dirla più italicamente, non è un ammiccante Prosecco, ma è semplicemente una grande bollicina metodo classico e non solo: è il Monte Lessini Durello DOC.
Il Lessini Durello, DOC dal 1987, è lo spumante delle colline di Verona e di Vicenza e la sua denominazione, negli anni, sta esercitando attrazione e fascinazione fra i grandi appassionati di bollicine nuove e gli esperti operatori del settore.
Dall’omonimo vitigno autoctono, è l’uva Durella a dare il nome al vino, l’antica Durasena, già ampiamente coltivata nel Settecento e narrata sin da Plinio il Vecchio, e da qui probabilmente l’origine etimologica dal latino Durus Acinus, con i suoi acini rustici dalla buccia spessa, tannica, e dal sapore acidulo, dalla maturazione tardiva. Il suo utilizzo ha origini umili: come uva di rinforzo per vini bianchi deboli di pianura, grazie alla sua tannicità e ad un colore intenso ben si prestava ad essere vinificata in rosso con prolungate macerazioni sulle bucce. La sua versatilità si esprimeva anche grazie all’acidità, ottima per le basi spumante ed è proprio da qui che inizia la storia di bollicina autoctona del Durello.
Il territorio del Durello dei Monti Lessini
La suddivisione per ettari vitati, su un totale di circa 500 ettari, è di 4 a 1 a favore del territorio veronese ma senza nulla togliere alla qualità complessiva del territorio.
La Lessinia è una zona montana delimitata nel veronese da ovest verso est dalla Valpolicella e il Soave, fra le Prealpi venete, l’Adige e la pianura padana; da nord le Piccole Dolomiti ne delimitano la frazione vicentina fino a scendere verso sud nel territorio del Gambellara.
Dalla sommità dei monti lo sguardo spazia su tutta la pianura padana arrivando, nelle giornate in cui l’aria è più tersa, a catturare all’orizzonte a sud, gli Appennini Emiliani e, a nord, le cime del monte Baldo e del monte Pasubio. Anche in questo caso l’esposizione verso sud, l’insolazione giornaliera, la ventilazione e l’escursione termica tra il giorno e la notte garantiscono all’uva peculiarità e maturazione omogenea.
Certo, la parte alta è terra di lupi (ben reinseriti su di un ceppo maschile sloveno e femminile italiano), di malghe e pascoli, di boschi di castagno con i marroni di San Mauro, di sportivissimi biker e di appassionati birdwatcher a caccia di scatti dedicati all’aquila reale o al più raro zigolo delle nevi. Scendendo nelle zone più collinari spuntano invece i ciliegi con i duroni del veronese, gli ulivi della Valpolicella mitigati dall’Adige e dal Garda, ma soprattutto i vigneti, dimorati su di un preziosissimo suolo seminato da antichi vulcani spenti, ricco di lapilli e tufo, a volte calcare, ferro, magnesio e basalto.
Caratteristiche del Durello dei Monti Lessini
Dalla qualità ampelografica dell’uva e dal terreno vulcanico votato, il Durello esprime tutto il suo carattere nel potenziale di acidità e mineralità, ideale per gli spumanti freschi, sapidi, persistenti e fini nel perlage, anche nella versione charmat che rappresenta il grosso della produzione locale.
Il Pinot bianco, la Garganega, lo Chardonnay e talvolta il Pinot nero vinificato in bianco, accompagnano da disciplinare nel blend il carattere unico di quest’uva.
Fragranza, finezza ed eleganza, l’eredità dell’uva è un mix di note agrumate, delicatamente citriche ed astringenti, pulite, ma anche più rotonde e avvolgenti, di pane lievitato e tostato grazie alle permanenze sui lieviti che si prolungano dai più tradizionali 3 anni del Durello Metodo Classico di Sandro De Bruno fino ai 4/5 anni di interpretazioni più complesse come il Lessini Durello Riserva Extra Brut di Casa Cecchin o il Riserva Brut e Pas Dosé Etichetta Nera di Fongaro, o addirittura agli 8/9 anni del Lessini Durello AR di Marcato.
Abbinamenti del Durello dei Monti Lessini
Il Durello più tradizionale, d’altra parte, è un vino secco, robusto e fermo, autentico, dalle note organolettiche simili al più narrato spumante per mineralità e piacevole astringenza. Simile al parente più giovane e ottimo in abbinamento con pesci di torrente come la trota ma anche con lavorazioni più grasse come l’anguilla, il salmone o il baccalà alla vicentina o mantecato, fino ai Bogoni in umido (le lumache) o alle carni bianche e di maiale magari nella versione Superiore e ferma o la più rara ma presente, da vendemmia tardiva. La fermentazione e l’affinamento, anche in questo caso, non si sposta dall’acciaio o dai grandi tini e spesso si prolunga a contatto con le fecce fino all’imbottigliamento.
Morbidezza e sentori di frutta matura, gratuita al palato, nel Durello non convivono: persino nella versione passita in purezza, nella quale un’originale nota malica produce durezze gradevoli e severe, dando di petto alle dolcezze dell’appassimento, pronta a fare da argine a formaggi come il Monte Veronese Dop, magari nella versione più stagionata “d’allevo”, oppure ad un formaggio più grasso da latte crudo come il Morlacco del Grappa o ancora ad un internazionale paté di fegato d’oca.
Fra i passiti spiccano eccellenze quali l’Antico Pasquale di Masari, azienda espressione del versante vicentino nella Val d’Agno, e il Montebello della veronese Casa Cecchin.
Di Elio Cecchin
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