Chi è il consumatore di vino?
Da l'Enologo - n°7-8 Luglio/Agosto 2017 - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
di Nino D'Antonio
Ha un volto il consumatore di vino? Intendo non una fisionomia, ma un’identità, e quindi una formazione – e un gusto e una cultura – che lo portino a orientare le sue scelte in un senso anziché in un altro?
La risposta è che sappiamo poco di questo ipotetico consumatore (età media, origini, livello di scolarità, preferenze, indice di competenza ecc.) e la disponibilità dei dati risulta spesso così controversa da imporre un’indagine a parte per venirne fuori. La situazione si fa poi più complessa – e meno decifrabile – se appena si passa dal ritratto del singolo consumatore al panorama assai vasto e differenziato del mercato. Perché qui siamo di fronte a esiti che dovrebbero esprimere altrettante verità, e che invece non solo si contraddicono con frequente leggerezza, ma spesso negano ciò che un’altra indagine afferma con molta sicumera.
Il consumatore del vino: cosa è vero e cosa falso
Insomma, il gioco del sì e del no, del vero e del falso, è dietro ogni cifra. È certa la crescita del 5% (che significa 22,5 milioni di ettolitri) per il 2016, dichiarata dall’Oiv? O quella dell’americana TDA, che valuta il fenomeno a 20,5 milioni, con un incremento del solo 1%? E risulta attendibile il dato dell’IWSR, che porta l’Italia a 26 milioni di ettolitri, ma con un leggero calo? E ancora: i bilanci di approvvigionamento forniti dalla Commissione Europea (che sommano produzione, import ed export) accreditano invece un consumo a quota 24,5 milioni. Sono cifre assai incerte, specie se si spostano i dati al consumo pro capite. Un elemento di valutazione che, a partire dall’ultimo mezzo secolo fino ai giorni nostri, ha subito non poche flessioni. E anche qui le cifre diventano ballerine. Siamo intorno ai 35/38 litri, o il consumo è ancora in calo?
Dobbiamo all’accurata indagine di Carlo Flamini – un sicuro mestiere e tanto impegno nella ricerca – se il mondo delle statistiche viene ancora una volta messo in discussione, sia per l’affidabilità dei risultati che per la loro interpretazione. E qui sorge immediato qualche modesto rilievo. Il mondo del vino è al centro, dagli ultimi decenni, di una sistematica indagine sulla produzione e sull’andamento dei mercati. Per non dire sul profilo dei consumatori (giovani in testa) e sulle più accreditate tipologie di vini e denominazioni. Ebbene, i risultati di queste indagini sono piuttosto controverse.
Le incertezze dei sondaggi sul consumatore di vino
Si dirà che le metodologie adottate dai vari organismi (c’è ormai una folla di enti e associazioni che occupano il campo) sono spesso diverse, per cui anche gli esiti risentono del diverso approccio con i dati. E qui il riferimento alle incertezze dei sondaggi politici e alle tecniche di rilevazione non manca di far capolino. Con la differenza che per il vino si interviene su dati acquisiti, mentre per il voto resta l’incognita dell’elettore fino al suo ingresso in cabina. Per cui disorienta rilevare che nelle statistiche legate al vino e alle sue attività, le cifre fornite dalle cosiddette “fonti ufficiali” risultino spesso contrastanti.
Certo, il fronte dei consumi è quello più esposto ai rischi di un errore, ma basterebbe una maggiore dovizia dei dati da valutare, per evitare azzardate conclusioni. E il discorso vale anche per il fronte della distribuzione (da quella tradizionale a quella più avanzata), alla quale vanno ricondotti i destini di molte aziende.
In effetti, non è tanto la conoscenza dei risultati a mancare – anche se spesso controversi – ma piuttosto la loro interpretazione. Perché è tutt’altro che facile orientarsi nel ginepraio dei numeri per tirarne fuori indicazioni utili alla crescita delle proprie attività. Il ventaglio delle fonti (ognuna ispirata a precise finalità) va sottoposto a una lettura critica, in grado di cogliere il dato oggettivo, rispetto a quello manipolato con sottile “mestiere”.
Di qui l’auspicio di Fabio Piccoli perché nasca un Osservatorio del Vino, con l’obiettivo di formare un quadro attendibile delle analisi del settore, ma soprattutto la chiave giusta per la loro interpretazione. Siamo ancora una volta a quel lavoro di squadra, che in Italia continua ad avere il fiato grosso.
di Nino D'Antonio
Da l'Enologo - n°7-8 Luglio/Agosto 2017 - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
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