Sagrantino di Montefalco: un vitigno antico proiettato nel futuro
“… Il paesaggio umbro, verde e luminoso, rinchiuso entro una possente cerchia di alti monti ancora innevati. Vicino o lontano, non c’è sguardo che non sfiori una località antica, celebre, sacra; ecco laggiù Spoleto, Perugia, Assisi, Foligno, Spello, Terni, e nel mezzo centinaia di luoghi minori, di villaggi, chiese, corti, monasteri, rocche e case coloniche: una terra ricca di storia, di monumenti romani e preromani, attraversata dal piccolo fiume Clitumno, del quale spesso leggevamo quando studiavamo latino…”.
Così Hermann Hesse, durante la visita in Umbria agli inizi del Novecento, descriveva la pianura Spoletina osservandola da Montefalco, la cittadina medievale in provincia di Perugia chiamata "Ringhiera dell'Umbria” per la favorevole posizione panoramica.
Montefalco: un territorio che ha saputo mantenere invariata la sua identità
È passato oltre un secolo dalla visita del poeta tedesco, ma il paesaggio della pianura ai piedi di Montefalco appare ancora “verde e luminoso” come un tempo. Una sorta di “immobilismo conservatore” (da molti vissuto come elemento di arretratezza) che ha prevalso sul cambiamento, spesso violento, del territorio, ha preservato l’integrità di “una terra ricca di storia”, un paesaggio rurale unico ed irripetibile. Il territorio di Montefalco ha saputo preservare la propria ruralità, le proprie tradizioni, le proprie caratteristiche paesaggistiche distintive, in una sola parola la propria identità.
Proprio su questa identità si sono fondate le idee di un gruppo di lungimiranti imprenditori vitivinicoli del territorio che, dagli anni ’70 ad oggi, hanno saputo valorizzare l’areale produttivo di Montefalco attraverso la Doc Montefalco (1979) e la Docg Montefalco Sagrantino (1992). Attualmente la zona di coltivazione del “Montefalco Sagrantino” comprende interamente il comune di Montefalco e parte del territorio dei comuni di Bevagna, Gualdo Cattaneo, Castel Ritaldi e Giano dell’Umbria, tutti nella provincia di Perugia. Con lo stesso spirito innovatore del passato, il Sagrantino di Montefalco è oggi al centro di un nuovo progetto di sviluppo che sta ridefinendo il modello produttivo territoriale nell’ottica dell’efficienza e della sostenibilità ambientale, economica e sociale. Il programma sperimentale denominato “New Green Revolution”, premiato all’Expo di Milano tra le pratiche imprenditoriali di sostenibilità regionale, verrà allargato a tutte le aziende del Consorzio di Tutela Vini che vorranno impegnarsi nella valorizzazione ambientale, turistica e culturale di Montefalco.
Cenni storici e diffusione della varietà di Sagrantino
“Il luogo è bello, posto sopra un colle molto vago et di bellissima veduta, raccoglie dilicati frutti et grano et vino da vendere….” così uno scrittore di cose umbre, Cipriano Piccolpasso, parlava di Montefalco nel 1565.
L'origine dell'uva Sagrantino è incerta: varietà autoctona o proveniente dall'Asia Minore?
Ma la storia della viticoltura di Montefalco è ben più antica. Testimonianze storiche sui vini della zona sono già presenti nel I secolo d.C. Alcuni studiosi accosterebbero il Sagrantino attuale all’uva Itriola citata da Plinio il Vecchio nella sua “Naturalis Historiae” come l’uva tipica del territorio di Montefalco. Altri studiosi, non presentando la varietà Sagrantino alcuna somiglianza con altri vitigni, la considerano un vitigno di origine locale (Bruni - Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste - Commissione per lo studio ampelografico dei principali vitigni ad uve da vino coltivati in Italia) dimostrando così la mancanza di qualche sua parentela con un noto vitigno comunemente coltivato nelle zone viticole del Centro Italia come spesso si è erroneamente pensato. Altri ancora infine ritengono che il Sagrantino sia stato introdotto dalle regioni dell'Asia Minore dai seguaci di San Francesco e che il suo nome derivi dall'utilizzo nei riti religiosi monastici (Sacramenti) del vino ottenuto dall'uva Sagrantino.
Comunque già nel 1088 si scrive di terre piantate a vigna nel territorio di Montefalco nel più antico documento pervenutoci che attesta la presenza dell’attività viticola. Nella chiesa di San Bartolomeo in Montefalco, risalente all'Alto Medioevo, sulla parete esterna dell'abside, si ritrovano bassorilievi con tralci di vite e grappoli. Nell'archivio Storico di Montefalco numerosi documenti descrivono fin dal 1200 la cura costante che “.... i vignaioli riservano al campo piantato a vigna...” e come già nella prima metà del 1300 le Leggi Comunali dettino Normative e Statuti volti a tutelare “vite e vino” della zona di Montefalco.
Un raro documento locale del 19 ottobre 1315 descrive minuziosamente le varie fasi di impianto e di crescita di una vigna e poi la raccolta delle uve e la vinificazione: “pastinare, plantare, accrescere, allevare, potare, zappare, palare, ligare, occhiare, arachogliere, scacchiare, affossare, assepare (chiudere e custodire), vendemmiare, uvam pistare”.
Nel 1451, il celebre pittore fiorentino Benozzo Gozzoli, chiamato dai Francescani ad affrescare l'abside della loro chiesa (oggi Museo Civico in Montefalco tra i più importanti del Centro Italia), allude forse al Sagrantino nel dipingere la bottiglia di vino rosso sulla mensa imbandita del Cavaliere da Celano all’interno del ciclo della “Storia della vita di San Francesco”.
Nel Rinascimento il vino Sagrantino ha ormai almeno 400 anni
Dal 1540 un'ordinanza comunale stabilisce la data d'inizio delle operazioni vendemmiali di Montefalco. Nel Rinascimento il vino di Montefalco è ormai noto e apprezzato come vino di pregio. Si può affermare con certezza che il Sagrantino abbia almeno più di quattrocento anni. La menzione per ora più antica sulla coltivazione dell’uva “sagrantina” a Montefalco risale al 1549 ed è documentata da una ordinazione di mosto di Sagrantino da parte dell’ebreo Guglielmo, mercante di Trevi e di sua moglie Stella (Toaff, 1989).
In un documento manoscritto datato 1598 recentemente segnalato e conservato presso l'Archivio Notarile di Assisi, si trova un’altra antica citazione dell'uva Sagrantino: “Un altro modo di fare il vino rosso che se usi, è in Foligno”. E il modo era questo: “Se mette in uno botte, o carrato (=caratello), sagrantino, o uva negra sgranato quanto pare un poco acciaccata” (Guarino, 2000). Si trattava di una operazione che si usa fare ancora oggi, detta con un linguaggio che dice tutto, “la governa”, cioè aggiunta di uva sagrantino ad un vino comune poco pregiato, quale appunto doveva essere quello di Foligno, per “tirarlo un po’ su”, e renderlo accettabile.
Quindi il celebre Sagrantino di Montefalco, che trapiantato altrove non dà mai lo stesso prodotto pregiato, già dal secolo XVI veniva utilizzato anche nei territori vicini per migliorare le qualità dei loro prodotti scadenti.
Nel 1622, il Cardinale Boncompagni, Legato di Perugia, aggrava le sanzioni già previste dallo Statuto Comunale, prevedendo persino “... la pena della forca se alcuna persona tagliasse la vite d'uva...”.
lI 23 settembre 1521 il podestà di Montefalco, Girolamo Verisi da Vissa, fece arrestare un notabile del luogo, Bernardino (detto Bizzarro: il sopranome dice molto), figlio di Ser Nicola de Cuppis, cugino del celebre cardinale Giovanni Domenico De Cuppis (+1555) decano del Sacro Collegio, per aver vendemmiato avanti la data stabilita (venemiabit ante terminum statuti). Per ottenere la libertà provvisoria dovette dare in pegno un anello d’oro.
Nell'Ottocento il Calindri, nel suo ''Saggio geografico, storico, statistico del Territorio Pontificio'' cita Montefalco al vertice dello Stato per i suoi vini. Il Sagrantino viene descritto dalla Commissione Ampelografica del circondario di Foligno (Ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio. ”Bullettino Ampelografico, 1879, XII, p. 34) e dal Baldeschi (Baldeschi G. ”I vitigni e i vini dell'Umbria”; 1893) come vitigno di antica coltivazione in Umbria.
Nel 1925, alla Mostra enologica dell'Umbria, Montefalco è definito il centro viticolo più importante della Regione: 'Montefalco occupa il primo posto nella coltura del vigneto specializzato con un prodotto medio annuo di 65 q di uva per ettaro' a conferma di come il Sagrantino sia un vitigno dalle produzioni tendenzialmente modeste.
Il 30 Ottobre 1979 il Sagrantino ottiene il riconoscimento della DOC e il 5 Novembre 1992 il riconoscimento della DOCG: due certificazioni fondamentali per il futuro sviluppo culturale sociale ed economico del territorio. Le poche viti antiche di Sagrantino ancora vegetanti sono state nel 1998 giustamente etichettate perché memoria storica capace di raccontare momenti di vita e di lavoro del nostro “chi eravamo”.
Considerazioni finali sul vitigno Sagrantino e la sua storia
È stato accertato che alcune di esse risalgono a periodi compresi tra il 1700 ed il 1800. I documenti acquisiti inducono, almeno per ora, a fare due considerazioni sul vitigno Sagrantino: la prima è che il suo nome era già consolidato nel 1500, come testimoniato dal documento di ordinazione di mosto di Sagrantino da parte di un mercante di Trevi (1549), e la seconda è che le sue uve erano destinate alla governa dei vini rossi per conferire loro più aroma, più colore e più sapore. Quest’ultimo aspetto evidenzia come già in epoche antiche il vitigno sagrantino fosse famoso per le sue caratteristiche polifenoliche.
Articolo tratto da l'Enologo – n°4 2016 – Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
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