Lombardia
Approvata come tipologia della DOC “Oltrepò Pavese” con DPR 06.08.70 G.U.27.10.70
Approvato DOC con DM 03.08.2010 G.U. 192 - 18.08.2010
Modificato con DM 03.11.2010 G.U. 269 - 17.11.2010
Modificato con DM 30.11.2011 Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf
Sezione Qualità e Sicurezza Vini DOP e IGP
La Denominazione di Origine Controllata “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco” è riservata ai vini, anche nella tipologia “frizzante”, che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione.
Il vino “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco” deve essere ottenuto dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell’ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:
- Barbera: dal 25% al 65%;
- Croatina: dal 25% al 65%;
- Uva rara, Ughetta (Vespolina), congiuntamente o disgiuntamente: fino a un massimo del 45%.
La zona di produzione delle uve destinate alla produzione dei vini “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco” comprende la fascia vitivinicola collinare dell’Oltrepò Pavese per i territori a sud della via Emilia dei seguenti comuni in provincia di Pavia: Stradella, Broni, Canneto Pavese, Montescano, Castana, Cigognola, Pietra de’ Giorgi.
1) Condizioni naturali dell’ambiente
Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del vino a Denominazione di Origine Controllata “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco” devono essere quelle tradizionali della zona di produzione e, comunque, atte a conferire alle uve e ai vini le specifiche tradizionali caratteristiche di qualità.
I vigneti devono essere posti su terreni di natura calcarea o calcareo-argillosa e su pendici collinari ben soleggiate escludendo comunque i fondovalle e i terreni di pianura.
2) Densità di impianto
Per i nuovi impianti ed i reimpianti la densità dei ceppi per ettaro non può essere inferiore a 4.000, per gli appezzamenti di croatina la densità di ceppi per ettaro non può essere inferiore a 3.200.
3) Sesti d’impianto e forme d’allevamento
I sesti d’impianto, le forme di allevamento (controspalliera) e i sistemi di potatura devono essere quelli di tipo tradizionale e, comunque, i vigneti devono essere governati in modo da non modificare le caratteristiche dell’uva, del mosto e del vino. Per i vigneti esistenti alla data di pubblicazione del presente disciplinare sono consentite le forme di allevamento già usate nella zona, con esclusione delle forme di allevamento espanse.
4) Irrigazione
É consentita l’irrigazione di soccorso.
5) Rese ad ettaro e gradazione minima naturale
Le produzioni massime di uva per ettaro in coltura specializzata dei vigneti destinati alla produzione del vino a Denominazione di Origine Controllata “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco” ed i titoli alcolometrici volumici naturali minimi devono essere:
Tipologia Produzione massima Titolo alc. vol. nat. min. (t/ha) (% vol)
1. Buttafuoco 10,50 11,50
2. Buttafuoco frizzante 10,50 11,50
Anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa uva ad ettaro dovrà essere riportata nei limiti di cui sopra purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, ferma restando la resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi. Oltre detto limite del 20% decade il diritto alla Denominazione di Origine Controllata “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco” per tutta la partita.
La Regione Lombardia, sentito il parere del Consorzio di Tutela, annualmente, con proprio decreto, tenuto conto delle condizioni ambientali di coltivazione, può fissare produzioni massime per ettaro inferiori a quelle stabilite dal presente disciplinare di produzione, o limitare, per talune zone geografiche, l’utilizzo delle menzioni aggiuntive, dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo.
1) Zona di vinificazione
Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate nella zona di produzione delimitata dall’art. 3. Tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione é consentito che tali operazioni siano effettuate nell’intero territorio della provincia di Pavia, nonché nelle frazioni di Vicobarone e Casa Bella nel comune di Ziano Piacentino in provincia di Piacenza.
2) Resa massima uva/vino
Le rese massime dell’uva in vino devono essere le seguenti:
Tipologia Resa uva/vino
1. Buttafuoco 70%
2. Buttafuoco frizzante 70%
Qualora la resa uva/vino superi i limiti sopra riportati, ma non oltre il 5%, l’eccedenza non avrà diritto alla denominazione di origine controllata; oltre tale limite decade il diritto alla denominazione di origine per tutta la partita.
3) Modalità di vinificazione e di elaborazione
Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche corrispondenti agli usi locali, leali e costanti, atte a conferire ai vini le loro rispettive caratteristiche. In particolare é ammessa la vinificazione congiunta o disgiunta delle uve che concorrono alla denominazione “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco”.
Nel caso della vinificazione disgiunta, il coacervo dei vini, facenti parte della medesima partita, deve avvenire nella cantina del vinificatore entro il periodo di completo affinamento e comunque prima della richiesta della certificazione della relativa partita prevista dalla vigente normativa o prima della eventuale commercializzazione, all’interno della zona contemplata dall’art. 5.1, come vino atto a “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco”.
4) Immissione al consumo
I vini a Denominazione di Origine Controllata “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco” non possono essere immessi al consumo prima del 30 aprile dell’anno successivo alla vendemmia.
Il vino a Denominazione di Origine Controllata “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco”, deve rispondere, all’atto dell’immissione al consumo, alle seguenti caratteristiche:
“Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco”:
- colore: rosso vivo, più o meno intenso;
- odore: vinoso, intenso;
- sapore: asciutto, di corpo;
- titolo alcolometrico volumico complessivo minimo: 12,00% vol;
- acidità totale minima: 4,50 g/l;
- estratto non riduttore minimo: 24,00 g/l.
“Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco” frizzante:
- colore: rosso vivo, più o meno intenso;
- odore: vinoso, intenso;
- sapore: asciutto, di corpo;
- spuma: vivace, evanescente;
- titolo alcolometrico volumico complessivo minimo: 12,00% vol, di cui almeno 11,50% vol
effettivo;
- acidità totale minima: 4,50 g/l;
- estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.
In relazione all’eventuale conservazione in recipienti di legno, il sapore dei vini può rilevare lieve sentore di legno.
E’ facoltà del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con proprio decreto, modificare per i vini di cui sopra i limiti indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.
1) Qualificazioni
Alla Denominazione di Origine Controllata “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco” è vietata l’aggiunta di qualsiasi menzione diversa da quelle previste dal presente disciplinare ivi compresi gli aggettivi superiore, extra, fine, scelto, selezionato, vecchio, riserva e similari. E’ tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi o ragioni sociali o marchi privati, purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore.
2) Etichettatura
Sulle bottiglie o altri recipienti contenenti “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco”, è obbligatoria l’indicazione dell’annata.
3) Caratteri e posizioni in etichetta
La denominazione “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco” deve essere indicata nella designazione del prodotto in maniera consecutiva, anche su più righe, seguita immediatamente al di sotto dalla menzione specifica tradizionale “denominazione di origine controllata”. Le menzioni facoltative, escluse i marchi e i nomi aziendali, possono essere riportate nell’etichettatura soltanto in caratteri tipografici non più grandi o evidenti di quelli utilizzati per la denominazione di origine del vino, salvo le norme generali più restrittive.
4) Marchio collettivo
La Denominazione di Origine Controllata “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco” è contraddistinta obbligatoriamente dal marchio collettivo espresso nella forma grafica e letterale allegata al presente disciplinare, in abbinamento inscindibile con la denominazione. L’utilizzo del marchio collettivo è curato direttamente dal Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese che deve distribuirlo anche ai non associati, alle medesime condizioni di utilizzo riservate ai propri associati.
Il vino a Denominazione di Origine Controllata “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco”, di cui all’art. 1 deve essere immesso al consumo in bottiglie di vetro di capacità non superiore a litri 5.
A) Informazioni sulla zona geografica
1. Fattori naturali rilevanti per il legame
L’area di produzione della DOC “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco” è inclusa nei territori situati a sud della via Emilia dei comuni di Stradella, Broni, Canneto Pavese, Montescano, Castana, Cigognola e Pietra de’ Giorgi, i quali sono compresi geograficamente nell’area dell’Oltrepò Pavese. Questa a sua volta si colloca all’interno del bacino padano, delimitato dalle catene alpina ed appenninica e con una apertura principale verso est; in particolare la fascia collinare pavese si inserisce nella fascia appenninica che dal Piemonte si spinge verso l’Emilia. L’area è caratterizzata da solchi vallivi con direzione prevalente da sud verso nord.
Analisi pedopaesaggistica
L’area di produzione della DOC “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese”, così come l’intero Oltrepò Pavese, in larga misura, presenta un’orografia preappenninica. I terreni collinari, nei quali si trova la maggior parte della superficie coltivata a vite dell’Oltrepò, appartengono al Cenozoico. Le formazioni mioceniche sono complesse ed importanti, presentano piani diversi compresi nelle colline e nelle prime montagne. Per i territori della DOC “Buttafuoco” il piano più significativo è dato dal Messiniano, caratterizzato da marne gialle chiare, con lenti calcaree in una continuità molto precisa. Appartengono a questa formazione i terreni di Montescano, Castana, Canneto Pavese, Pietra de’ Giorgi e Cigognola. Dal punto di vista agronomico le zone viticole con caratteristiche litologiche omogenee sono:
• Depositi alluvionali terrazzati: si sviluppano principalmente lungo la fascia pedecollinare da Broni a Stradella, inserendosi lungo l’alveo dei principali corsi d’acqua. Questi depositi formano i primi dolci rilievi costituendo il raccordo tra la pianura e l’area collinare. Si tratta di depositi elastici incoerenti a granulometria eterogenea, generalmente ricoperti da una coltre di alterazione di varia potenza e colore.
• Alternanze eterogenee di conglomerati, arenarie, siltiti e argille: unità che raggruppa tutte quelle formazioni caratterizzate da una estrema variabilità litologica di cui è difficile la suddivisione in litofacies. È costituita da arenaria, brecce, calcari, calcari cariati, marne, conglomerati gessiferi, conglomerati e argille, che generalmente costituiscono corpi lentiformi variamente interstratificati. Un affioramento si trova nella zona di Pietra de’ Giorgi che continua tra i comuni di Montescano, Broni e Stradella.
• Alternanze a dominante arenacea: litofacies caratterizzata da alternanze più o meno regolari di arenarie variamente cementate, sabbie, marne-siltose e argille, generalmente di colore grigio. Solitamente hanno maggiore diffusione le fitte sequenze di straterelli arenacei, marno-siltosi e argillosi ma localmente si può avere predominanza della parte psamamitica o di quella pelitica. Nel primo caso gli strati arenacei assumono spessori intorno a 80-100 cm; nel secondo si hanno spessori di pochi centimetri. La morfologia dei rilievi, costituita da questa unità, è assai varia con pareti verticali e pendii a modesta acclività ove si possono accumulare spessori anche notevoli di coltre eluvio-colluviale. Frequenti in questa unità sono i fenomeni di scoscendimento al contatto con formazioni argillose. Questa tipologia è presente lungo le valli dei torrenti Versa e Scuropasso.
La radiazione solare
La radiazione solare che giunge su un terreno in piano è funzione della latitudine, mentre nelle zone collinari bisogna considerare anche gli effetti della pendenza, dell’esposizione e dell’orizzonte orografico tipico di ciascun vigneto. La zona di produzione della DOC “Buttafuoco” è caratterizzata mediamente da un valore di radiazione solare compreso tra 2.250 e 3.000 MJ/m2 all’anno.
La temperatura dell’aria
Nella fascia compresa fra la base delle colline ed i 400 m di quota, la temperatura media annua presenta valori di circa 12°C e la temperatura media del mese più freddo (gennaio) è di circa 1°C. La media delle minime è per lo più inferiore a 0°C. Le temperature medie del mese più caldo (luglio o agosto) sono 22/24°C, mentre le massime mensili sono di circa 28/30°C.
Le precipitazioni
La distribuzione delle precipitazioni all’interno dell’area della DOC “Buttafuoco” mostra un gradiente altitudinale, con piogge che aumentano al crescere della quota, e dall’altro una diminuzione progressiva da est verso ovest. I comuni del Buttafuoco si suddividono fra le seguenti classi di precipitazioni: Cigognola, Broni e Pietra de’ Giorgi, nonché l’area occidentale dei comuni di Canneto Pavese, Montescano e Castana, fra gli 800 e gli 850 mm/anno; questi ultimi nei loro territori più orientali, insieme con il comune di Stradella, fra gli 850 e i 900 mm/anno. Come per il resto dell’Oltrepò, la distribuzione media delle precipitazioni nel corso dell’anno è caratterizzata da un massimo ed un minimo rispettivamente nei mesi di novembre e di luglio. In media il mese più piovoso nella stagione primaverile risulta essere maggio.
2. Fattori umani rilevanti per il legame
Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere i vini a Denominazione di Origine “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco”. Considerato, sin dai tempi di Strabone, una zona di produzione di vini di qualità, l'Oltrepò Pavese è quel lembo di terra collinoso a sud della Lombardia noto per essere il punto d'incontro di quattro regioni: Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna. Tale peculiare caratteristica rende l'Oltrepò Pavese ricco di culture, lingue, tradizioni e cucine differenti, ma ben integrate tra loro.
Questa terra è anche, anzi soprattutto, antica dimora della vite. Un'importante testimonianza arriva dal reperto di un tralcio di vite, risalente ai tempi preistorici, trovato in Oltrepò Pavese. Strabone, nel I secolo a.C., attribuì all'Oltrepò Pavese l'invenzione della botte. Nei suoi testi fu descritta di dimensioni più grandi delle case. Nei secoli successivi si incontrano poi altre testimonianze. Andrea Bacci, per esempio, nel XVI secolo, descrisse i vini di tale zone con il termine “eccellentissimi”. L'Oltrepò Pavese vitivinicolo attuale trova le sue radici nel secolo scorso, come conseguenza dei danni portati dalla fillossera, e nel rinnovamento globale del mondo vinicolo italiano di quel periodo. E' sufficiente ricordare che nel 1884 l'Oltrepò Pavese vantava ben 225 vitigni autoctoni. Oggi sono circa una dozzina quelli di maggior diffusione, tra cui i più diffusi sono sicuramente Croatina con i suoi 3.900 ha e Barbera con i suoi 3.300 ha sui 13.300 totali. Nel corso dei decenni la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principale del territorio, tanto che nel 1970 il vino Oltrepò Pavese, e con esso la tipologia “Buttafuoco”, è stato riconosciuto come DOC con DPR del 6 agosto. L’incidenza dei fattori umani nel corso della storia è riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del presente disciplinare di produzione:
· la base ampelografica dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione dei vini in questione sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata, ovvero Croatina, Barbera, Uva rara e Ughetta (Vespolina);
· le forme di allevamento, i sesti d’impianto ed i sistemi di potatura, anche per i nuovi impianti: sono quelli tradizionali e permettono la migliore e più razionale disposizione delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata e bene esposta superficie fogliare e di contenere le rese di produzione entro i limiti fissati dal presente disciplinare;
· le pratiche relative all’elaborazione dei vini: sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in rosso di vini tranquilli, vivaci e frizzanti.
B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico
La DOC è riferita a due tipologie di vino rosso: fermo e frizzante. Dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari (descritte all’Articolo 6), che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico. Il Buttafuoco presenta caratteristiche chimico-fisiche equilibrate. Visivamente è limpido, di colore rubino carico con riflessi violacei e, se invecchiato, tendente al granato e di buona consistenza; l’olfatto è intenso, franco, penetrante e vinoso e si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni Croatina e Barbera: da note floreali di viola, a sentori di frutti rossi e di frutta cotta (prugna); al gusto si hanno una grande corposità dovuta alla struttura e al buon grado alcolico, una acidità complessiva relativamente limitata ed un buon equilibrio tra le sensazioni di asciutto e di rotondo.
C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B)
Le condizioni microambientali, geologiche e non ultime quelle storiche mettono il territorio dell’Oltrepò Pavese, tagliato a metà dal 45° parallelo, e in particolare quello dei comuni del Buttafuoco, fra le zone del mondo più vocate per la produzione di vini rossi. Grazie alle indagini condotte sul territorio dell’Oltrepò Pavese iniziate con lo studio di zonazione realizzato a partire dal 1999 con il contributo dell’Amministrazione provinciale di Pavia, coordinato dall’Università di Milano e con la collaborazione dell’Università di Piacenza e dell’ERSAF e conclusesi con esperienze di monitoraggio del territorio condotte dall’Università di Milano e dal Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, è stato possibile ottenere una mappa delle unità territoriali che rappresenta la sintesi delle informazioni scientifiche raccolte. L’intero areale dei comuni di Stradella, Broni, Canneto Pavese, Montescano, Castana, Cigognola e Pietra de’ Giorgi si presta alla coltivazione delle uve Croatina, Barbera, Uva rara e Vespolina per la produzione dei vini a DOC “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco”. L’area è costituita da valli caratterizzate da ripidi versanti e fitti crinali con substrati rocciosi relativamente soffici, che risultano in buona parte lavorabili. Il substrato è costituito prevalentemente da rocce calcaree limoso-argillose e il suolo si presenta con una tessitura da grossolana a media, con scarsa presenza di scheletro e moderatamente profondo. Sono presenti strati rocciosi profondi di facile lavorabilità. L’area è molto calcarea, con pH alcalino e drenaggio buono. Essa interessa esclusivamente la prima fascia collinare con altitudini comprese tra 150 e 350 m; è caratterizzata da valori di radiazione fotosinteticamente attiva medi e da tenori pluviometrici compresi tra 800 e 900 mm/anno. Il clima è condizionato dall’elevata inerzia termica del bacino padano che, con effetto tampone, mantiene nel corso di tutto l’anno temperature costanti. L’area è soggetta all’effetto del vento di föhn che favorisce l’abbassamento dell’umidità dell’aria aumentando l’evapotraspirazione e la diminuzione dell’acqua nel suolo. L’inverno è mite e induce una certa precocità nella ripresa vegetativa, mentre le estati sono molto calde. Data l’eterogeneità della distribuzione orografica delle valli non vi è una esposizione di versante prevalente; le pendenze sono importanti e possono assumere anche valore prossimi al 35%. Questa fascia collinare è particolarmente adatta per la produzione di uve da vinificare in rosso con la massima espressione per colore, struttura e grado alcolico. L’ottima maturazione delle uve garantisce la massima espressione varietale producendo vini strutturati e complessi. L’ampiezza sensoriale è caratterizzata da note floreali di viola, da sentori di frutti rossi e di frutta cotta (prugna). Alla degustazione si percepisce una grande corposità dovuta alla struttura e al buon grado alcolico e una acidità complessiva relativamente limitata. Il crinale spartiacque fra il torrente Versa e il torrente Scuropasso, ovvero la zona storica di produzione del Buttafuoco, fa parte, come tutta la prima fascia collinare dell'Oltrepò, di quella zona citata dal geografo greco Strabone (60 a.C. - 20 d.C. circa), il quale dice testualmente: “della bontà dei luoghi è prova la densità della popolazione e la grandezza delle città e la ricchezza. L'abbondanza del vino viene indicata dalle botti fatte di legno e più grosse delle case”. Certamente molto tempo prima, le tribù liguri, abitanti le colline oltrepadane, conoscevano il prezioso nettare e l'arte della coltura viticola impiantata sui soleggiati pendii strappati ai boschi spontanei che un tempo coprivano queste terre. P. G. Garoglio, nel suo trattato di enologia, ricorda che al centro e al nord Italia verso la fine dell'età del bronzo e all'inizio di quella del ferro si faceva già uso del frutto prezioso della vite. Anche nel tardo impero romano la vite non cessò di mantenere la sua importanza. Alessandro Maragliano ci ricorda come nell'ultimo secolo dell'era antica, Patrizi e Matrone, col codazzo di schiavi e di clienti, si recassero nelle ville delle ridenti colline oltrepadane a sorseggiarvi il vino. Il Robolini in "Notizie storiche di Pavia" parlando di rendite, privilegi, investiture dal 600 al 1300, quando trattasi di fondi rustici segnala quasi sempre le vigne. E' perciò fuori dubbio che anche le genti di questa terra, che come dimostrano i reperti archeologici rinvenuti in diversi siti, fu anticamente abitata, conservarono nei secoli la capacità e l'arte della produzione vitivinicola; capacità certamente condizionata dalle esigenze materiali contingenti e dai voleri e capricci dei "signori" mano a mano succedutisi nella proprietà delle terre. La stretta striscia di terreno fra il fiume Po e lo "sperone di Stradella" era il passaggio obbligato per tutte quelle genti che migravano da est a ovest e viceversa, è perciò verosimile che i molti popoli succedutesi nel passaggio abbiano lasciato nuove esperienze e nuove tecniche, anche di coltivazione della vite e di vinificazione delle uve. Da una pergamena del 1164 (Archivio di Stato di Milano) apprendiamo di una investitura data da Simone Cellanova a Giovanni Vigano e figli, di un manso di terra nel territorio di Figaria (antico nome di Castana) a un terzo delle granaglie e a metà del vino. Moltissimi erano i tributi imposti dai feudatari del medioevo alle popolazioni delle colline e si distinguevano sotto infinite denominazioni: di fodro, di toloneo, di terratico, di casatico, di ripatico, di alpatico, di ghiandatico ecc.; quelli però più vessatori erano i dazi sui generi di prima necessità, pane, carne, vino. Già a quei tempi carni e pane potevano essere conservati nelle botteghe purché bollati dal daziere e il vino doveva essere accompagnato da bolletta nei trasporti; agli osti era ordinato di servire il vino dentro recipienti di misura fissa: la Galeda, il Galedino, il Cyatus e lo Sciphus e di non servirlo dopo il suono dell' avemaria. Pene severe tutelavano la vite e l'uva: aprire un varco nella siepe che circonda la vigna e rubare uva, comporta doppia pena, altra pena a chi ruba pali posti in opera o a chi scava alberi per farne pali o avere salici, “se uno taglierà le viti di altri sia condannato a pagare dieci lire e se non vorrà o potrà gli si tagli una mano” (Statuti di Varzi). Il Monastero di san Bartolomeo in strada di Pavia, proprietario del castello di Castana, dal sec. XII, fece costruire la caratteristica cantina, testimonianza della ricchezza enoica dei luoghi. Probabilmente nel castello veniva vinificato e stagionato il vino che poi avrebbe varcato il Po per raggiungere le mense del Monastero in Pavia. (Statuto Sancolombanese - 1374). Da un documento del 1623 sull'inventario dei beni della chiesa di Cigognola si parla “di un tavernello con su una vite di rossera” a dimostrazione che spesso la vite veniva allevata "maritata" con vari tipi di alberi, ma non solo: nel medesimo documento si parla di una vigna "spessa" (coltivazione intensiva) “un altro pezo parte cultivo e parte a vigna spessa dove si dice il budello, comune della Castana lontano dalla colombara del Monte Guzo un tiro di sasso ed il campo ha dentro tre rose bem belle, alcuni ormi, grossi pomi, peri selvatici, doi nocette, gabe quattro o cinque, tavernelli, doi salici, una sorbetta ecc.”. Il 20 luglio 1723 la zona "storica" venne visitata, come gli altri comuni oltrepadani, da emissari imperiali austrungarici incaricati di redigere il Catasto (Catasto di Carlo VI). Il territorio fu misurato e delineato appezzamento per appezzamento e sul posto furono costruite le mappe, sulle quali è molto ben evidenziata su ogni particella il tipo di coltura effettuato. Dalla mappa, dal processo verbale e dal sommarione stilati in quel tempo, si rileva che la coltura della vite era abbastanza diffusa. Vediamo di seguito i prezzi delle derrate prodotte in quel periodo: fieno L 2,3 al fascio, frumento L 12 al sacco, spelta L 2,1 al sacco, vezza fava ceserchia L 6 al sacco, melgone L 5,1 al sacco, vino L 3,1 alla brenta, legna forte L 6 al carro. Dalla fine del 1700 molti dei coltivatori diventano livellari in enfiteusi perpetua, quindi assimilabili ai proprietari. Questo crea da una parte un ulteriore spezzettamento delle proprietà, ma dall'altra incrementa la coltura della vite, coltura che ha bisogno di molta cura e dedizione che solo il coltivatore diretto può dare. Dal volume "Viti Italiane" di Giuseppe Acerbi apprendiamo un elenco di vitigni coltivati in quel periodo su queste colline, fra i rossi: Moradella piccola e grossa, Toppia, Gattinera, Barbisina, Nibiolo, Pignolo, Ciau, Ughetta di Canneto, Uva d’oro, Sgorbera o Croà, Basgano, Monferrina, Pizzadella, Bonarda, Ugone, Coda di Vacca, Bermestica, Rossera. Dopo la metà del 1800 i vigneti, che il cav. Giuletti poneva nella fascia migliore, qualitativamente, dell'Oltrepò (fra Bardonezza e Scuropasso) erano composti prevalentemente da uve rosse e in principal modo da Pignola Ughetta e Moradella allevate secondo il sistema Bronese, che permetteva nello spazio fra i filari, chiamato "piana" la coltivazioni di cereali e erbe foraggere. Nel 1872 a Stradella per volere di Agostino De Pretis nacque la Società Enologica, sotto la guida dell'enologo tedesco Schoeber, ma non ebbe lunga vita. Nel 1875 venne rilevata dalla Cirio & comp. e la direzione affidata all'enologo Carlo Pisani che riuscì ad eguagliare nella qualità i vini francesi e a sfidarli nel ricco mercato americano. La Società arrivò ad esportare in America ottocento bordolesi al mese pari a 3500 brentine (180.000 litri) con un’immagine e un prezzo superiore ai vini francesi. Il 31 Agosto 1879 si dava la notizia della presenza della Fillossera in Italia e il 14 ottobre dello stesso anno il prof. Pirotta di Pavia scoprì la Peronospora. Dal 1898 con la scoperta dei primi focolai di infezione a Redavalle, si aprì un cupo scenario anche per i viticoltori che videro bruciare in poco tempo la loro unica fonte di reddito. Dal 1874 al 1885, anche per la mancata produzione delle vigne francesi già nel pieno della infezione fillosserica, l'uva era molto richiesta; quella di Castana e Canneto spuntava sulla piazza di Broni fino 30 Lire al quintale per poi passare però dal 1886 a Lire 25 e dal 1907 a Lire 20 su Broni e a Lire 15 su Stradella. Fu in questo periodo che molti, dopo aver ipotecato le vigne senza alcuna possibilità di riscatto, scelsero la via della emigrazione soprattutto nelle Americhe; la tenacia di chi rimase, sperimentando sulla propria pelle ogni forma possibile di lotta ai parassiti, vinse e negli anni successivi alla grande Guerra i versanti delle colline oltrepadane ritornarono verdi. Il Dott. Vittorio Gobetti direttore della cattedra ambulante di viticoltura, che visitava periodicamente i vigneti oltrepadani, consigliava sulle operazioni colturali e di lotta, fra gli altri, l'esperimento delle barriere fillosseriche di viti Americane ai confini di vigneti. Nel periodo tra le due guerre i viticoltori continuarono la strada della specializzazione e della razionalizzazione degli impianti, abbandonarono il sistema Bronese e adattarono alle loro esigenze il sistema Guyot; curioso era il sistema usato a Canneto detto "serpentario". Negli anni cinquanta Castana, Canneto e Montù Beccaria avevano la vite coltivata su circa il 90% del territorio ed erano sicuramente i comuni più vitati d'Italia; l'uva veniva pigiata quasi totalmente sul posto dai piccoli proprietari. Segue una descrizione della vitivinicoltura dall’800 ai primi del ‘900, ricavata dal testo di Fabrizio Bernini “Che cos’è la vita se non spumeggia il vino – storia della vitivinicoltura in Oltrepò Pavese” edito nel 2001 da Ponzio Olona servizi grafici.
Capitolo XIX - Il primo Novecento vitivinicolo oltre il Po: la rustica croatina Il professor Arturo Marescalchi, esperto ampelografo, asseriva nella sua dotta monografia sui vini tipici d’Italia, pubblicato nel 1924, che il Barbacarlo, il Sangue di Giuda, prodotti a Broni e Canneto, nonché il Buttafuoco e il Montenapoleone erano fra “i migliori vini rossi d’Italia”. Il nome Buttafuoco si origina dall’antica frase “al buta me al feug” ossia germoglia come il fuoco, con riferimento sia ai vitigni di Croatina, Barbera e Uva rara da cui si ottiene, che dal colore rosso dell’amalgama. Negli ultimi anni la viticoltura si è specializzata, sono stati rinnovati gli impianti e anche grazie al “Club del Buttafuoco Storico” è stata intensificata la produzione di qualità; il “Club del Buttafuoco Storico”, è un gruppo di produttori che si è dato regole comuni volte alla produzione di vini da singola vigna con almeno tre anni di invecchiamento e con rese limitate, dotandosi anche di alcuni sistemi di autocontrollo. I loro prodotti sono riconoscibili per la presenza di un veliero in rilievo sulla bottiglia: il veliero in questione è proprio il “Buttafuoco”, varato dalla marina austriaca verso la metà del XIX secolo. Una leggenda racconta che un gruppo di marinai della marina imperiale austroungarica, impegnati a metà dell'800 come traghettatori sul Po nei pressi di Stradella, in operazioni di guerra contro i soldati franco-piemontesi, si lasciarono tentare ed entrarono in una cantina del luogo dove fecero una strage, non di soldati nemici, ma di un vino denominato appunto “Buttafuoco”. Il vino “Buttafuoco”, dapprima tipologia della DOC “Oltrepò Pavese”, nata nel 1970, è stato elevato alla categoria di DOC autonoma, con disciplinare proprio, nel 2010 (DM 3 agosto 2010) per la sua importanza storica.
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