Tu sei qui

Barbera N.

Sinonimi ufficiali

Nome Ampelografico

Barbera

Fonte

di G. Dalmasso, G. Dell'Olio, A. Corte e P. Malfattoda "Barbera", in Principali vitigni da vino coltivati in Italia - Volume I, Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, 1960

Sinonimi (ed eventuali errati)

Contrariamente a quanto potrebbe far supporre la grande diffusione che questo vitigno ha avuto in varie regioni d'Italia (ed anche in lontani Paesi, persino d'oltre Oceano), si può ritenere che il "Barbera" non abbia veri sinonimi. Il Molon, nella sua "Ampelografia" (in cui sono scrupolosamente elencati i sinonimi dei vari vitigni da lui descritti), per il "Barbera" dà una lista abbastanza lunga di pseudo-sinonimi, ma che in realtà non sono che il nome del vitigno con qualche aggettivo qualificativo, o accrescitivo. Esempio: "Barbera grossa", "Barbera fina", "Barbera nera", "Barbera forte", "Barbera dolce", "Barbera amaro", "Barbera d'Asti", "Barbera nostrana", "Barberone", "Barbera mercantile", "Barbera a raspo verde", "Barbera a raspo rosso"... Come si vede, non si può parlare di veri sinonimi. Perciò a ragione Mas e Pulliat nel loro "Vignoble" (1874-75) scrivevano: "Il solo nome che essa dovrebbe portare è quello che le diamo noi (Barbera), perché se in qualche località essa viene anche chiamata B. dolce, B. forte, B. grossa, ecc., gli è che il nome principale è accompagnato da qualificativi designanti dei caratteri fuggevoli e che non hanno sufficiente importanza per designare delle sotto-varietà". E lo stesso riaffermava l'"Ampelografia italiana" nella monografia dedicata a questo vitigno (1879): "Questa vite fortunatamente non ha alcun sinonimo o doppio nome". Diverso è il caso per altri appellativi, come ad esempio "Barbera rossa" (citata da Demarta e Leardi), in quanto trattasi di vitigno differente dal vero "Barbera"; "Barbera riccia" (o "Barbera rissa"), appellativo dato già almeno da ottant'anni a viti di "Barbera" affette da una forma di degenerazione, che sovente è riferibile a quell'ampelopatia che oggi si è convenuto di chiamare "degenerazione infettiva" della vite. Può riuscire interessante riportare quanto in proposito scrivevano gli stessi Demaria e Leardi fin dal 1875: "La Barbera riccia ha nome dal racemo che si presenta attortigliato al nodo... Ma oltre a questi, altri caratteri della foglia e del grappolo dalle altre sotto-varietà la differenziano; se tuttavia (?) si mantengono costanti in diverso suolo e con diversa coltura. La foglia è piccola, allungata assai, con cinque ed anche sette lobi ed i due inferiori che si allargano moltissimo al peziolo, [...] Il grappolo nell'insieme ha i caratteri della "Barbera"; però l'acino è meno ovato, la polpa è più densa e per di più attaccata al fiocine." "Alcuni campioni, e non poco numerosi, sono stati inviati, che presentavano molti acini abortiti ed il grappolo molto più povero, esile, sottile... Ed avvertasi che questo medesimo fatto si ripete in altri vitigni, come nella "Freisa", nella "Bonarda", nel "Cari"". Vitigni del tutto differenti dal vero "Barbera" sono la "Barbera bianca" di talune plaghe della provincia di Alessandria (che verrà descritta a parte) e la "Barbera ciarìa" d'una ristretta zona della provincia di Cuneo (comuni di Pocapaglia e Sommariva Perno, presso Bra). Trattasi d'una delle poche zone del Piemonte che si prestano alle uve da tavola, e infatti questa "Barbera ciarìa" vi viene coltivata per rifornire i mercati locali (Torino compreso) di uve mangerecce. Comunque, anche secondo l'autorevole parere del prof. Satinino che l'aveva studiata, essa "non ha niente di comune colla Barbera del Piemonte, ed il suo nome le è venuto da quello di una famiglia di coltivatori del luogo". Nomi senz'altro errati, ossia falsi sinonimi, sono quelli di "Olivella", "Vespolina, "Ughetta", "Besgano", "Cassolo": nomi dati talvolta, in passato, in provincia di Pavia quali sinonimi di "Barbera"; e lo "Sciaccarello" della Corsica, che l'Ottavi ritenne erroneamente identico al "Barbera" (mentre lo "Sciaccarello" ha foglie glabre!): errore già rilevato dall'occhio infallibile del conte di Rovasenda, al quale, fra parentesi, si deve la prima ampia e accurata monografia sul "Barbera" (1877). Più controversa è la questione di eventuali setto-varietà di "Barbera". Già il conte Lorenzo De Cardenas nell'Acerbi distingueva due "Barbera"; una a "peduncolo rosso" e una a "peduncolo verde"; l'Odart descrisse pure due varietà di "Barbera"; una "Barbera vera" o "Barbera d'Asti" e una "Barbera fine"; Demaria e Leardi scrivevano che le sotto-varietà di "Barbera" sarebbero "tutt'al più tre o quattro"(!). E anche il Molon, pur così prudente, scrisse in proposito nella sua "Ampelografia": "Chi ha visto la Barbera ad acini grossi dell'Astigiano non può crederla identica alla Barbera ad acini piccoli delle Langhe; bisognerà adunque studiare un po' sul posto anche queste questioni, la cui importanza, come ben si comprende, non è soltanto scientifica". Ora, da quando il Molon scriveva queste parole, gli studi da lui auspicati sono stati fatti. E uno di noi, in una sua Ampelografia inedita del 1909, poteva fin d'allora concludere - in seguito a prove effettuate personalmente, trasportando una "Barbera grossa" da un vigneto in piano alla sommità d'un colle solatìo - che "le differenze di volume del frutto, di colore del raspo e specialmente di bontà del vitigno, dipendono esclusivamente dal terreno, dall'esposizione, dallo stato di vigore delle piante", e perciò possiamo concludere col Rovasenda ("Saggio", "io non conosco che una sola Barbera"), che non esistono sotto-varietà di "Barbera".

Scheda ampelografica

Descrizione Ampelografica

Per la descrizione del vitigno venne scelto un clone in comune di Nizza Monferrato; ma i caratteri vennero confrontati e controllati nelle varie zone piemontesi tipiche di coltura del vitigno
Germoglio di 10-15 cm
Figura 1: Apice di Barbera. Apice: espanso, biancastro con orli terminali con tomento aracnoideo.
Foglioline apicali (dalla 1a alla 3a): spiegate, pagina superiore con tomento aracnoideo, pagina inferiore con fitto tomento cotonoso, biancastro; colore della lamina verde, con sfumature rossastre ed orlo parzialmente carminato.
Foglioline basali (dalla 4a in poi): spiegate; pagina superiore con tomento aracnoideo, pagina inferiore con tomento lanugginoso, di color verde opaco.
Asse del germoglio: per lo più ricurvo.
Germoglio alla fioritura
Apice: espanso, verde biancastro con punte rosso-carminio; con tomento aracnoideo.
Foglioline apicali: piegate a doccia la 1a e la 2a; spiegate e rivolte all'indietro le altre; pagina superiore con tomento aracnoideo, pagina inferiore cotonosa, biancastra; colore verde parzialmente carminato.
Foglioline basali: spiegate, pagina superiore glabra, pagina inferiore vellutata, di colore verde, con picciolo striato in rosso.
Asse del germoglio: ricurvo.
Tralcio erbaceo: a sezione quasi circolare, ma alquanto angoloso, con tomento aracnoideo nella parte apicale; poi quasi glabro; colore verde, con qualche striatura rossa.
Viticci: bi e trifidi, lunghi, intermittenti (formula: 0-1-2-0-1-2-0).
Infiorescenza: normalmente conica, lunghezza media 10-15 cm.
Fiore: ermafrodita, con 5 stami (talora 6), di color verde; apertura della corolla normale; auto fertile.
Figura 2: Foglia di Barbera. Foglia: di grandezza media, pentagonale, quinquelobata; con seno peziolare a lira, per lo più chiuso, e anche con bordi sovrapposti; seni laterali superiori a lira, per lo più chiusi, talvolta con bordi sovrapposti; seni laterali inferiori un po' meno profondi, per lo più aperti; pagina superiore glabra, di color verde cupo (talora già durante l'estate arrossate o bronzate), con nervature verdi sfumate in rosso presso la base.; pagina inferiore tomentosa, con le nervature di 1°, 2°, 3° ordine setolose, di color verde chiaro, sfumate in rosso presso la base; lembo piano, leggermente bolloso; denti irregolari, a base larga.
Picciolo: di media lunghezza, rossiccio.
Colorazione autunnale delle foglie: rossiccia, non di rado anche rosso vivo.
Figura 3: Grappolo di Barbera. Grappolo a maturità industriale: di grandezza media, per lo più piramidale, più raramente cilindrico; talora piuttosto sciolto, talora compatto (a seconda delle condizioni ambientali e colturali); peduncolo abbastanza lungo, semi-legnoso, sovente bruno-rossiccio; pedicelli di media lunghezza, sovente rossicci; cercine evidente; pennello corto, rosso.
Acino: medio, ellissoide, regolare; buccia molto pruinosa, di color blu intenso tannica, sottile ma abbastanza consistente; polpa molto succosa, di sapore semplice, dolce ma acidulo; succo incolore.
Vinaccioli: per lo più 2, raramente 3, grandezza un po' più che media, con becco lungo e sottile.
Tralcio legnoso: robusto, ma con legno piuttosto tenero, elastico; corteccia ben aderente, di color bruno piuttosto scuro, fortemente striata; sezione ellittica; nodi con gemme bene sporgenti, coniche; internodi di lunghezza media (di 10-12 cm).
Tronco: robusto.

Fenologia

Condizioni d'osservazione: Il clone descritto è situato in comune di Nizza Monferrato, nelle seguenti condizioni:
Ubicazione
Longitudine: 8°20'15'' E (Greenwich); 4°6'45" O (Monte Mario);
Latitudine: 44°46' N;
Altitudine: m 190 s.l.m;
Esposizione: sud;
Portinnesto: "Berlandieri" x "Riparia 420 A";
Età delle viti: 25 anni;
Sistema di allevamento: a filare basso;
Sistema di potatura: tipo Guyot;
Terreno: collinare, di medio impasto (argilloso-calcare).
Fenomeni vegetativi
Germogliamento: medio-precoce (per lo più nella prima metà di Aprile).
Fioritura: media (per lo più nella prima decade di Giugno).
Invaiatura: media (per lo più verso la metà di Agosto).
Maturazione dell'uva: III epoca (per lo più ai primi di Ottobre).
Caduta delle foglie: per lo più verso la metà di Novembre.

Caratteristiche ed Attitudini colturali

Vigoria: buona, ma non eccezionale. Nella sua zona più tipica di coltura viene allevato con sistemi tipo Guyot, per lo più con un solo capo a frutto relativamente lungo (10, anche 12 gemme), molto più raramente con due capi a frutto.
Produzione: è considerata una delle più costanti per i vitigni piemontesi, e, relativamente, abbondante; solo in annate decisamente sfavorevoli può andar soggetta a colatura.
Posizione del primo germoglio fruttifero: 3° nodo (più raramente 2°).
Numero medio di infiorescenze per germoglio: per lo più 2 (raramente 1).
Fertilità delle femminelle: trascurabile.
Resistenza ai parassiti ed altre avversità: piuttosto sensibile alle gelate e brinate (relativamente ad esempio al "Freisa"). Quanto alla resistenza alle malattie crittogramiche, i pareri non sono sempre concordi: chi lo considera più ricettivo all'oidio che alla peronospora; chi al contrario; tuttavia si può bene difendere da entrambe queste crittogame. In autunni piovosi l'uva va piuttosto soggetta al marciume, anche perché piuttosto attaccata dalle tignole (specialmente la cosiddetta "Barbera grossa", a grappoli serrati).
Comportamento rispetto alla moltiplicazione per innesto: oggi i portinnesti preferiti sono il "420" e il "Kober 5BB" (quest'ultimo tende a prevalere sul primo, ma non dappertutto la maturazione dell'uva avviene con esso egualmente bene). Poco usata la "Ruprestis du Lot" (che può provocare colatura) e, nei terreni molto calcarei, il "41 B" (che in qualche caso ha dimostrato di ritardare la maturazione). Ormai abbandonati gli ibridi di "Riparia" x "Rupestris", specialmente per le frequenti fallanze lamentate negli innesti sul "3309".

Utilizzazione

Esclusivamente per la vinificazione.

Tutti i contenuti di questa sezione sono stati gentilmente forniti dal MIPAAF - Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali