Storia del vino in Friuli Venezia Giulia
Da l'Enologo - n°4 Aprile 2018 - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
In Friuli Venezia Giulia il vino e l’enologia hanno avuto, fin dall’antichità, un ruolo importante nel tessuto sociale. Grazie ad un ambiente particolarmente favorevole alla coltivazione della vite e alla passione dei contadini friulani, la fama della viticoltura locale nei secoli si è espansa e diffusa non solo in Italia, ma anche all’estero. Infatti, il vino Pucino era apprezzato al tempo dei Romani; la Ribolla era nota nel Medioevo sia ai luogotenenti della Serenissima che a quelli austriaci; il Terrano viene esaltato dal Valvasor, nel 1689, come uno dei vini più ricercati nei paesi tedeschi; il Pignolo era apprezzato da Giobatta Michielli che nel suo “Bacco in Friuli" dice: “E vorrei sempre esser solo nel ber a tazze piene il buon Pignolo”. E non si deve dimenticare il Picolit che il conte Fabio Asquini produceva già nella seconda metà del ‘700 in quel di Fagagna.
Il Friuli Venezia Giulia è dunque una terra di antichissima tradizione vitivinicola, una zona ricca in vitigni da cui nascono alcuni tra i migliori vini d’Italia: i più prodotti sono i bianchi, mentre i rossi oggi si attestano attorno al 30% dell’intera produzione regionale.
I vini del Friuli Venezia Giulia
Oggi la Regione conta circa 24.000 ettari vitati e accanto ai vitigni internazionali, che sono i più coltivati in Regione, troviamo gli autoctoni quali Ribolla Gialla (oggi il vino più rappresentativo in fatto di crescita), Tocai Friulano, Verduzzo, Malvasia, Glera, Vitoska e Picolit a bacca bianca mentre, a bacca rossa abbiamo Pignolo, Refosco dal Peduncolo Rosso, Schioppettino, Tazzelenghe e Terrano.
La Regione Friuli Venezia Giulia è rappresentata da:
- 3 DOCG: Picolit, Ramandolo e Rosazzo;
- 9 DOC: Collio, Carso, Friuli Colli Orientali, Friuli Isonzo, Friuli Grave, Friuli Aquileia, Friuli Latisana, Friuli Annia e Lison Pramaggiore;
- 3 IGT: Venezia Giulia, Delle Venezie e Alto Livenza.
La quasi totalità dei vini prodotti provengono quindi da vitigni controllati e tutelati. Nel 2009 viene riconosciuta la nuova DOC Prosecco che, in Friuli Venezia Giulia, conta oltre 3.000 ettari coltivati a Glera.
La viticoltura in Friuli Venezia Giulia
La collocazione geografica e le condizioni climatiche rendono i terreni di questa Regione perfetti per la coltivazione della vite. Le zone più vocate per la viticoltura tradizionale si trovano all’estremo Est e sono per la maggior parte collinari mentre, la pianura friulana, viene ricercata per la coltivazione di varietà produttive e altamente commerciali.
La Regione viene attraversata da numerosi fiumi, i più importanti sono Tagliamento, Isonzo, Judrio e Meduna, dove lungo le loro sponde la vite trova un clima ideale per la sua coltivazione.
Nella piccola cittadina di Rauscedo (in provincia di Pordenone), situata a ridosso del fiume Meduna, c’è il più grande centro mondiale per la produzione di barbatelle innestate: i Vivai Cooperativi di Rauscedo. A Rauscedo, dopo anni di ricerca e sperimentazione, vengono commercializzate alcune varietà resistenti alle crittogame e che stanno riscuotendo un grande successo internazionale.
Come ricordato poc'anzi, il Friuli Venezia Giulia è da sempre una regione a forte tradizione agricola. Negli anni sessanta il comparto agricolo friulano era composto principalmente da piccole aziende a conduzione famigliare dove, molto spesso, la zootecnia diveniva l’attività predominante. Oggi, lo scenario agricolo si è totalmente rivoluzionato, la zootecnia è quasi del tutto scomparsa e le produzioni specializzate hanno soppiantato la vecchia agricoltura fatta di mezzadria e coltivazioni promiscue. In questo nuovo concetto di agricoltura la viticoltura è divenuta altamente specializzata e le piccole aziende agricole, nel piano di una inevitabile ristrutturazione e cambio generazionale, si sono associate alla cooperazione oppure attraverso acquisizioni private.
Storia dello sviluppo vinicolo in Friuli Venezia Giulia
Gli anni sessanta videro il Friuli Venezia Giulia muovere i primi passi e inaugurare una nuova stagione nella comunicazione. Personaggi storici del calibro di Mario Soldati, Ave Ninchi e Gigi Veronelli seppero “raccontare” il territorio friulano abbinandolo alla gastronomia e ai vini bianchi prodotti. Un input che sdoganò, grazie anche al lavoro di straordinari vignaioli come Mario Schiopetto, la vera enologia friulana.
Un ruolo fondamentale, per lo sviluppo vitivinicolo in Friuli Venezia Giulia, dal dopoguerra ad oggi, è da attribuirsi soprattutto alla figura professionale dell’allora Enotecnico, oggi Enologo. Dapprima con i tecnici formati alla Scuola di Conegliano a cui seguirono, alla fine degli anni ottanta, quelli dell’Istituto Agrario di Cividale e dell’Università di Udine. Anche la nascita, nel 1974, della Sezione Assoenologi Friuli Venezia Giulia, contribuì notevolmente ad incrementare quella crescita qualitativa dei vini prodotti in Regione e che oggi ci vengono riconosciuti dai consumatori di tutto il mondo.
Il primo presidente di Sezione, Pietro Pittaro, affiancato da Giuseppe Ceschin al Consiglio nazionale, organizzò nel 1974 il Congresso di Assoenologi a Udine. Mentre a livello locale si tesseva con pazienza una rete di contatti, atti a far crescere gli iscritti, non mancò chi contribuì allo sviluppo del settore apportando idee molto innovative. Doveroso, in questo contesto, ricordare il progetto realizzato a Carema (Torino) da Gaspare Buscemi che fu il primo "Enotecnico Condotto" d'Italia. Nel 1979 Gaspare Buscemi assunse la presidenza della Sezione, mentre Piero Pittaro entrò in Consiglio nazionale. Furono anni di intensa attività, si moltiplicarono i momenti di aggiornamento tecnico, con relatori anche di fama mondiale, e con viaggi all'estero, mentre notevole interesse iniziavano a riscuotere le degustazioni proprio per focalizzare la ricerca di una qualità percepita dal consumatore.
Era il 1985 quando a Grado si tenne il secondo e ultimo Congresso Nazionale di Assoenologi in Friuli Venezia Giulia, sempre sotto la regia di Piero Pittaro che, negli anni successivi, passò alla presidenza nazionale dell’Associazione per concludere il suo mandato ai vertici dell’Uioe (Union Internationale des OEnologues).
La crisi e la rinascita del vino in Friuli Venezia Giulia
Il 1985 era l’anno del metanolo: un brutto momento che fece piombare il mondo del vino in uno dei periodi più bui a causa di alcuni personaggi che nulla avevano a che fare con la sana tradizione enologica italiana. Anche quel triste momento è stato brillantemente superato e oggi il Friuli Venezia Giulia si trova in una posizione dominante per il futuro dell’enologia dei vini bianchi.
Infatti, tutto è cominciato dopo che la Regione perse l’utilizzo del nome Tocai Friulano, a causa di incomprensibili logiche politiche europee.
Questo nuovo scenario ha fatto emergere un’altra grande criticità nel panorama enologico, legata ai nomi di vitigno non tutelati dal territorio di appartenenza. Ecco allora che, grazie al paesino di Prosecco in provincia di Trieste inerpicato sui ciglioni carsici, nasce la più grande DOC d’Italia, DOC Prosecco, finalizzata a salvaguardare il nome di un vino divenuto oramai internazionale, a dimostrazione di un successo commerciale pienamente meritato.
Anche nella nuova DOC interregionale del Pinot Grigio (DOC Delle Venezie Pinot Grigio - dalla vendemmia 2017) ha visto la Regione Friuli Venezia Giulia, assieme a Veneto e Trentino, in prima linea per dare un grosso contributo di fattibilità e rilanciare, a livello internazionale, un vino che per anni ha fatto la fortuna commerciale di tantissime aziende friulane.
Ed è sempre in Friuli Venezia Giulia, terra di confine a Nord Est, che si sta progettando una nuova Doc Transfrontaliera, unica nel panorama europeo, con l’intento di salvaguardare lo storico vitigno del Terrano (vino rosso di antichissime origini) coinvolgendo, oltre all’Italia, la Slovenia e la Croazia, nazioni limitrofe dove quest’uva viene coltivata da secoli nei terreni carsici.
Ultimo traguardo, ma solo per ragioni cronologiche, per il Friuli Venezia Giulia è la salvaguardia dello storico vitigno Ribolla Gialla. Oggi, la Ribolla Gialla, con il suo forte trend di crescita, sta entrando di diritto nel panorama commerciale nazionale e affacciandosi al mercato estero. Inizialmente fu la sua versione di vino fermo ad interessare il consumatore più attento ma, i grandi numeri si sono visti nella versione spumante, sia con il metodo Charmat-Martinotti che Classico. Una situazione questa che “costringe” il viticoltore, assieme alle istituzioni regionali e alle diverse organizzazioni di categoria, a tutelare lo storico vitigno della Ribolla Gialla legandolo, in modo indissolubile, sia alla menzione “Tradizionale” che al territorio di appartenenza con una specifica DOC. Oppure, come per l’esperienza del Terrano, progettare una DOC internazionale a difesa del nome Ribolla e Rebula coltivata in Slovenia e Croazia. Un’operazione non semplice ma che per questo non scoraggia per nulla l’ambiente vitivinicolo regionale.
Da l'Enologo - n°4 Aprile 2018 - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
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