Demaria e Leardi, nella loro pregevole "Ampelografia della provincia di Alessandria" ci han dato vari sinonimi di questo vitigno, usati (almeno fino a novant'anni fa) in detta provincia che allora comprendeva anche l'attuale di Asti: "Barbesino", "Barbesinone", "Verbesino", "Balestra", "Arlandino", "Girodino", "Rossetto", avvertendo però che essi "esprimono parecchie sotto-varietà dello stesso vitigno, ben determinate e distinte". Il che, almeno a nostro avviso, resta da dimostrare. A questi bisognerebbe aggiungere anche quello di "Nebbiolo rosato", ricordato dall'Incisa, e prima di lui, dal conte Nuvolone. Ma, come già avvertirono gli autori sovracitati, la sinonimia in questo caso s'intreccia con la questione, sempre complessa, delle eventuali sotto-varietà del vitigno. Anzitutto, anche per il "Grignolino", come per altri vitigni, quali il "Barbera", la "Freisa", ecc., se ne vorrebbero distinguere due a seconda della grandezza del frutto. Già il Di Rovasenda, nel suo "Saggio", nominava un "Grignolino fino nero" di Asti, che egli giudicava intermedio fra il "Neretto di Marengo" e il "Nebbiolo": tre vitigni che avrebbero una certa affinità, le cui uve egli giudicava "finissime". E parlava d'un "Grignolino grosso nero", pure di Asti, avvertendo però che "le varianti di grosso e di piccolo che s'incontrano negli acini e, fino a un certo punto, nei grappoli, da luogo a luogo, provengono il più sovente dalla coltivazione e non da proprietà inerenti ai vitigni". Citava anche dall'Incisa un "Grignolino rosato", aggiungendo però che il "Grignolino è sempre rosato, pruinoso, quando s'avvicina alla maturazione, e questa avviene così perfettamente da annerirlo come le altre uve". Infine ricordava anche un "Grignolino bianco", avuto da Grumello del Monte, ma aggiungendo un (?): il che lascia comprendere che anch'egli aveva dei dubbi. Nel Catalogo dei vitigni del Circondario d'Asti, pubblicato nel "Bullettino Ampelografico" (fase. X, 1879), si trovano distinti un "Grignolino nero", e uno "rosso". Ma è probabile che si trattasse d'un solo vitigno, con variazioni di colore dovute all'ambiente. Nei riguardi dei sinonimi più sopra riportati, Demaria e Leardi han voluto dare per ciascuno qualche notizia ed esprimere qualche giudizio. Così per il "Barbesino" (o "Verbesino" o "Arlandino" sui colli di Alessandria, o "Balestra" nel Tortonese, Casalese ed Astigiano) ci dicono che "è ritenuto come varietà superiore e più fina del Grignolino comune" (e ce ne indicano i principali caratteri differenziali). Il "Rossetto" è così detto perché molti acini restano imperfettamente maturi, conservando alla vendemmia colore verde chiaro con leggera tinta violacea; l'acino è anche che più grosso e allungato. Meno sicure sono le differenze per il "Girodino", benché in alcune località si consideri varietà più fina del comune. Quanto al "Barbesinone", come dice il nome, ha acini più grossi, più densi e compressi, ma colorito più chiaro, quasi bigio; è più produttivo, "ma fuor di dubbio scadente". Bastano questi pochi cenni per far comprendere - ciò che, del resto, è ben noto a chi ha visto in coltura il "Grignolino" - quanto in questo vitigno siano frequenti le variazioni soprattutto nelle dimensioni e nel colore degli acini, e, conseguentemente, anche nella bontà del prodotto. Purtroppo però trattasi di differenze finora non ben controllate e tanto meno riprodotte con un'oculata moltiplicazione. Di qui l'utilità, per non dire la necessità, di una rigorosa selezione clonale di questo pregevole vitigno. Per concludere nei riguardi dei nomi, citiamo dall'"Ampelografia italiana" l'opinione che il nome di "Grignolino" sia derivato da "grignole": nome dialettale dato nell'Astigiano ai vinaccioli, particolarmente abbondanti nei suoi acini.