Preoccupazione sull'export 2018 del vino
Da l'Enologo - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
I dati definitivi sull’export 2018 del vino italiano rilasciati dall’Osservatorio del Vino (Unione Italiana Vini e Ismea) confermano le preoccupazioni relativamente ad un rallentamento.
“Da un lato, si registra una crescita in valore e il superamento per il secondo anno consecutivo della soglia dei 6 miliardi di euro (6,2 miliardi di euro), fatto estremamente positivo che testimonia come il vino italiano sia sulla giusta strada per una migliore valorizzazione dei prodotti. Dall’altro, il contesto mondiale, caratterizzato da consumi relativamente stabili, e il “sistema Italia”, che non riesce ad accelerare in termini di competitività, costringono il comparto ad un andamento sui mercati internazionali segnato da una tendenza di crescita che sembra essersi interrotta”.
I numeri di Nomisma Wine Monitor sull'export 2018 del vino
Anche le stime export presentate a Vinitaly dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor (a fonte dogane) prevedono una crescita delle vendite sui 12 mesi 2018.
Secondo questo report la crescita è del 3,8%, pari a quasi 6,2 miliardi di euro di prodotto tricolore esportato. Una variazione positiva che non trova riscontro nei volumi, in calo del 9%, principalmente dovuto alla scarsa vendemmia dello scorso anno.
Ma la crescita è interamente da imputare all’ennesima performance positiva degli sparkling (prosecco in primis) che hanno contribuito a mantenere in timido segno positivo mercati decisivi come Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Russia e Svezia e a limitare parzialmente i trend negativi di Giappone e Svizzera.
Crisi ‘strutturale’ invece del partner Germania, dove la perdita tocca il 4,1% con un calo sia dei fermi imbottigliati che degli spumanti.
Nel confronto diretto con i principali competitor, l’Italia realizza trend inferiori rispetto alla leader Francia (a 9,54 miliardi di euro, +4,8% a valore) e della Spagna, che supera la soglia dei 3 miliardi di euro (+5,2%). Male i produttori del nuovo mondo, che nonostante gli accordi bilaterali favorevoli sul fronte dei dazi virano complessivamente in negativo.
Con l’Australia a +0,1% che stacca il Cile, a -5,4%, gli Usa (-6,8%) e la Nuova Zelanda a -4,4%.
Crisi dei vini fermi ma spumanti in festa nell'export 2018 del vino
Il consueto exploit degli spumanti (+16,3%), evita la crescita zero del made in Italy enologico. I fermi imbottigliati, destinati a chiudere a +1,2%, sono in sofferenza in particolare nei 3 principali Paesi buyer - Usa (-1,9%), Germania (5,4%), Regno Unito (-4,1%) -, ma anche in Giappone, Canada, Svizzera e Russia.
“Dall’analisi dei numeri – ha detto il responsabile di Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini – quello che sembra emergere è che al di là di tutto, l’Italia cresce ma soprattutto grazie agli spumanti.
Si tratta di un trend che va avanti ormai da alcuni anni e che nel 2018 si è maggiormente accentuato in alcuni Paesi come Usa e Germania dove nel primo caso sono i vini fermi francesi, in particolare i rosé, a togliere spazio di mercato ai nostri prodotti, mentre in Germania sono i domestic wine a crescere maggiormente”.
Il dettaglio sui top 10 Paesi importatori (Usa, Uk, Germania, Cina, Canada, Giappone, Svizzera, Russia, Svezia, Brasile), che da soli valgono i 2/3 degli scambi globali di vino, segnala una perdita a volume dell’export italiano in tutte le aree considerate a eccezione degli Usa (+0,9%).
Diverso lo scenario a valore, con decrementi in Germania, Giappone e Svizzera mentre sono positivi ma contenuti i trend nelle altre piazze, con Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Svezia e Russia destinati a crescere non oltre i 2 punti percentuali.
Diverso il discorso sulla Cina, che ha chiuso da 6 mesi le proprie fonti doganali e dove l’Italia, secondo i principali partner commerciali, cresce del 3,8%.
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