Il Brachetto
Di Assoenologi, con Attilio Scienza, Roberto Miravalle, Alberto Lazzarino
La viticoltura piemontese vanta una peculiarità, ovvero la presenza diffusa di vitigni aromatici a bacca rossa: il Brachetto è uno dei più noti. In Piemonte sono stati osservati e descritti distinti Brachetti ad uva aromatica ed uva sapore semplice (Schneider et al., 1990, 1994):
Il Brachetto (o Brachetto di Acqui), è l’unico ufficialmente riconosciuto e iscritto al Registro Nazionale delle varietà di Vite col codice 40 (nella zona di Canelli è spesso chiamato erroneamente “Borgogna”).
Il Brachetto Migliardi (o Brachetto di Montabone), è coltivato, spesso frammisto al Brachetto ufficialmente autorizzato, nella zona sud-orientale della Provincia di Asti, tra Canelli ed Acqui Terme. La sua coltivazione, anche se in declino, è ancora diffusa. Descritto comparativamente (Schneider et al., 1994), nel 1996 si è formalizzato una netta distinzione tra questo vitigno e l’omonimo Brachetto acquese, unica cultivar ufficialmente riconosciuta e destinata alla produzione del vino aromatico Docg. I vigneti impiantati antecedentemente a questa data possono contenere questa cultivar caratterizzata da una produttività elevata, dovuta sia alle dimensioni medio-grandi del grappolo, che ad una buona fertilità. La concentrazione zuccherina del mosto è sempre discreta, il contenuto acido è moderato.
Il Brachetto del Roero (o Brachetto a grappolo lungo o Brachettone) è presente nel Roero a nord del Tanaro; è ben distinto dal Brachetto, base dell’omonimo vino Acquese. Vitigno ad uva aromatica presente nell’Albese già alla fine del 1800, è oggi coltivato principalmente nei comuni del Roero, alla sinistra orografica del Tanaro; è anche presente più in generale nelle Langhe e molto sporadicamente nell’Acquese. Il vitigno è caratterizzato da una produttività elevata, conseguente ad una buona fertilità ed in particolare alle grandi dimensioni del grappolo. Il vigore vegetativo è medio-elevato. La concentrazione zuccherina del mosto è sempre buona, così come il contenuto acido, essenziale per conferire freschezza al futuro. Il quadro polifenolico è caratterizzato da una discreta dotazione in flavonoidi totali ma da un contenuto modesto di antociani totali.
Poi c’è un quarto Brachetto, quello di Nizza Monferrato (Botta et al,1998) Affiancato o mescolato col “Brachetto” ufficiale. Le indagini genetiche consentono di risalire ad un unico grande genitore: il Moscato bianco. Da cui discendono in linea diretta il Brachetto, il Brachetto di Nizza e il Brachetto a grappolo lungo.
Il Moscato è genitore diretto della Malvasia aromatica di Parma (Malvasia odorosissima) vitigno a fiore femminile, di recente recuperato, che ha prodotto un’ampia prole di vitigni aromatici. In coppia con la Lambrusca di Alessandria ha generato il Brachetto Migliardi, spesso coltivato assieme al Brachetto.
Tra i Brachetti non aromatici si elenca: il Brachèt nel Canavese, (ma è nome locale dello Chatus o Nebbiolo di Dronero ), il Brachetto valsusino (in realtà Lambrusca di Alessandria) e, fuori dal Piemonte, il Braquet dei dintorni di Nizza (Francia) ben distinto da tutti i precedenti Brachetti.
Cenni storici del Brachetto
La leggenda narra che al “vinum acquense” si attribuissero mirabolanti virtù afrodisiache. E che Giulio Cesare prima e Marco Antonio poi, facessero precedere il loro arrivo in Egitto, alla corte della bella Cleopatra, da otri di “vinum acquense”, apprezzatissimo dalla Regina per risvegliare gli ardori dei suoi leggendari amanti. Leggende a parte, non sono note le origini del vitigno. Giorgio Gallesio ipotizzò un’origine francese, precisamente nel Nizzardo (Vitis vinifera niceanenis).
All’inizio del 1700 il Brachetto è citato con il Moscato, tra i vini serviti alla corte dei Savoia. Nel 1833, Lorenzo Francesco Gatta, in una pubblicazione edita dalla Reale Società Agraria di Torino relativa ai vini del Canavese e Valle d’Aosta, cita il Brachetto o rossero, in dialetto rouser o brachet. Nel 1817, Gallesio lo definisce “vino celebre” classificandolo vino da dessert, alcolico e poco colorato, che invecchiando assumeva il sapore del Porto o del vino Xeres. Riferisce inoltre che il Brachetto, dolce o spumante, era conosciuto e commercializzato con successo nei mercati dell’America Meridionale.
Nel 1862 Leopoldo Incisa della Rocchetta, in occasione di un’esposizione di uve, organizzata a Rocchetta Tanaro, elenca il Brachetto nel primo catalogo relativo a 105 varietà di uve. Il riferimento è sempre il Nizzardo (Nizza marina), pur evidenziando che è presente in Monferrato da molto tempo. Un Brachetto aromatico, coltivato nell’Alessandrino, viene citato un poco più tardi da Demaria e Leardi (1875) e tale vitigno pare corrispondere al Brachetto N. iscritto nel Registro nazionale delle varietà di vite.
Il Di Rovasenda nel “Saggio di ampelografia universale” (1877) cita due varietà di uva Brachetto: una piemontese (a sapore aromatico) e una del Nizzardo (a sapore semplice). A fine ‘800 il Brachetto era coltivato in almeno 60 comuni Piemontesi tra cui 38 nella provincia di Torino e 2 nella provincia di Cuneo. In quel periodo nell’Astigiano si inizia la produzione industriale dei primi spumanti e si affinano le tecniche per ottenere mosti e vini dolci. Tra i vitigni per spumante è citato anche il Brachetto.
Arnaldo Strucchi, enologo e socio di Carlo Gancia, precisa che il Brachetto è un eccellente vitigno per ottenere vini base spumante. Nel 1922 il prof. Garino Canina, futuro direttore della stazione sperimentale di Asti, così lo descrive: “… tra i vini di lusso, il Brachetto appartiene alla categoria dei rossi dolci ed aromatici: è, infatti, un vino con profumo speciale, moderatamente alcolico e zuccherino, non molto colorito, che per lo più si consuma spumeggiante o spumante.”
Intorno agli anni ‘50, un produttore lungimirante, Arturo Bersano, mise a punto un Brachetto spumante elaborato in autoclave con metodo charmat lanciandolo tra i grandi vini aromatici.
Il vitigno del Brachetto
Il Brachetto descritto è quello maggiormente coltivato e noto che interessa attualmente circa 1500 ettari nel Piemonte sud-orientale. È possibile che questa superficie comprenda anche una parte del locale Brachetto Migliardi, vitigno aromatico distinto presente nelle province di Asti e Alessandria.
Germoglio: apice poco lanuginoso, di colore verde giallastro con orli appena aranciati. Foglioline apicali piane, di colore verde chiaro, con deboli sfumature ramate, inferiormente aracnoidee. Foglioline basali di colore verde giallastro, talora sfumate di rame, inferiormente appena aracnoidee.
Foglia: di grandezza media o meno, tondeggiante, quasi intera, o trilobata ma con lobi appena accennati; seno peziolare a lira, quasi chiuso; seni laterali superiori a V stretto, quasi chiusi- colorazione autunnale delle foglie: giallastra, talora un po' rossiccia.
Grappolo a maturità industriale: di grandezza media, di forma varia; per lo più allungata, cilindrico-piramidale; grappoli alquanto compatti con peduncolo piuttosto corto, semi-legnoso sino al primo nodo; pedicelli di media lunghezza, con cercine evidente. Acini di media grossezza, (2,4 g) sub rotondi, con buccia consistente di color nero violaceo scuro, ben pruinosa; polpa piuttosto densa, ma succosa, succo incolore; sapore speciale, aromatico (che ricorda il moscato e un po' la rosa); pennello rossiccio, corto. Separazione dell'acino dal pedicello piuttosto difficile.
Vinaccioli: da 2 a 3 per acino, piriformi, con becco grosso.
Tralcio legnoso: robusto, mediamente lungo, poco ramificato; sezione trasversale circolare; a superficie liscia, glabra; lunghezza dei meritalli meno che media (cm 10-14); di color cannella-grigiastro, più scuro ai nodi; gemme molto sporgenti, midollo medio.
Fenomeni vegetativi del Brachetto
Germogliamento: piuttosto precoce (prima metà d'aprile). La fioritura è precoce (fine maggio-prima decade di giugno) come pure l’invaiatura (prima decade d'agosto).
Posizione del primo germoglio fruttifero: 2°-3° nodo.
Numero delle infiorescenze per germoglio: da 1 a 2.
Fertilità delle femminelle: trascurabile. La maturazione è precoce in seconda epoca (tra la prima e la seconda decade
di settembre).
Resistenza alle malattie: normale, ma piuttosto superiore a quella degli altri vitigni indigeni; l'uva resiste bene al marciume, sia sulla pianta che su stuoie. Non soffre molto per i geli invernali.
Produzione: regolare, ma non abbondante.
Comportamento all'innesto: normale (molto usati i "Berlandieri" x "Riparia 420 A" e "Kober 5 BB", e il "Chasselas" x "Berlandieri 41 B").
La coltivazione del vitigno Brachetto
Il vitigno, quasi dimenticato nel dopoguerra, è stato protagonista di una vistosa rinascita, stabilizzata attualmente intorno ai 1500 ettari (Istat: 159 ettari nel 1982).
I vigneti presentano densità d’impianto medio-alte, non inferiori a 4000 ceppi ad ettaro se in zona Docg. La forma d’allevamento più diffusa è a controspalliera con potatura a Guyot. Sono presenti anche vigneti impostati a Casarsa o a filari gestiti a cordone speronato.
I vigneti poggiano su terreni di composizione argillosa nella zona di Nizza Monferrato mentre nell’acquese vi è presenza di sabbia e limo, originati dai depositi marnosi e sulle arenarie del Serravaliano.
Cloni iscritti al registro del Brachetto
AL-BRA-33 vigoria medio-elevata, buona produttività, fertilità reale 1,5. Uva con concentrazione zuccherina elevata, acidità pronunciata e buona dotazione terpenica.
AL-BRA-34 di media vigoria, produttività media, fertilità reale delle gemme: 1,4. Ottimo accumulatore di zuccheri acidità pronunciata e buona dotazione terpenica complessiva.
CVT 20 dell’Istituto di Virologia Vegetale ha dimostrato un vigore medio, con produttività medio-elevata. Uva ricca di zuccheri ed elevata dotazione terpenica.
Brachetto: i vini DOC e DOCG
Il successo recente del Brachetto è stato riconosciuto con la Docg Brachetto d'Acqui o Acqui nella versione dolce, classica, spumante e passito ed una Doc: Piemonte. Il profilo antocianico del Brachetto è costituito per la quasi totalità da antocianine non acilate.
Nel ricco patrimonio antocianico prevalgono su tutte la malvidina-3-g (antocianina tri-sostituita) e la peonidina-3-g (antocianina di-sostituita). Una dotazione in generale quantitativamente rilevante di antociani ed un profilo ricco di malvidina-3-g, molto stabile alla degradazione per fenomeni ossidativi ed enzimatici che avvengono all’inizio e nel corso della fermentazione, garantiscono un notevole contributo potenziale all’intensità ed alla brillantezza cromatica del futuro vino.
La componente aromatica libera del vino di Brachetto ha evidenziato una buona (ma non eccezionale) presenza di alcoli monoterpenici, in particolare geraniolo, citronellolo, linalolo ed alfa-terpineolo (con valori simili tra loro) ed in misura minore nerolo.
Al quadro aromatico libero contribuiscono anche un contenuto elevato di acido geranico, una buona dotazione dei composti diolici ed una presenza significativa di etilvanillato.
Il vino di Brachetto dispone inoltre di un potenziale aromatico glucosidico abbastanza ricco e diversificato, in cui spiccano geraniolo e nerolo, ed in minor misura alfa-terpineolo, citronellolo, derivati terpenici idrossilati. Il linalolo glucosidico, contrariamente alla forma libera, presenta valori molto bassi. Tra i composti legati si evidenziano anche concentrazioni significative di alcoli superiori (benzilico e 2-feniletanolo) che contribuiscono alla riserva di aromi dolci e floreali del vino.
La vinificazione del Brachetto
L’obiettivo della vinificazione è quello di ottenere un MPF (mosto parzialmente fermentato) dolce con il massimo contenuto possibile di colore stabile e di profumi aromatici e fruttati tipici della varietà.
Il raggiungimento di una buona maturità fenolica delle uve è molto importante, dato lo scarso patrimonio antocianico geneticamente prederminato.
Nel corso degli anni sono principalmente due le tecniche che si sono imposte. La prima, e più diffusa, è la seguente. Le uve vengono pigiadiraspate e convogliate in fermentini termocondizionati, aggiunte di un enzima che favorisca l’estrazione dalle bucce e addizionate di lieviti selezionati. La fermentazione parte con una temperatura iniziale di 18-20 gradi e dura mediamente 3 giorni con progressivo abbassamento della temperatura sino anche a 12-14 gradi per rallentare la velocità della stessa.
Durante i 3 giorni si effettuano brevi rimontaggi con frequenza man mano più ravvicinata e con tempi crescenti partendo da intervalli iniziali di 6 ore nel primo giorno, arrivando a intervalli di 2 ore al terzo giorno. Segue svinatura e pressatura soffice, senza la separazione delle ultime frazioni di pressato, con successiva centrifugazione e filtrazione (a farina o tangenziale). L’obiettivo è quello di avere alla svinatura un grado alcolico compreso tra il 3% e 5%, la maggior estrazione possibile di antociani e tannini e un MPF ancora molto dolce e con una freschezza aromatica evidente.
La seconda: Circa il 50% delle uve che si intendono vinificare viene pigiadiraspato e convogliato in fermentini termocondizionati, aggiunto di enzima che favorisca l’estrazione dalle bucce e macerato per 2-3 giorni a bassa temperatura ( 2-4 gradi ) saturando da subito il fermentino con CO2, meglio ancora usando anche neve carbonica in tramoggia.
I fermentini devono essere dotati di idonea griglia interna con ampia superficie a protezione del tubo di rimontaggio per evitare lo spappolamento delle bucce da parte della pompa. I rimontaggi sono di breve durata ma ad intervalli molto stretti (2 ore circa). Segue successiva svinatura e pressatura soffice senza la separazione delle ultime frazioni di pressato con successiva centrifugazione e filtrazione (a farina o tangenziale).
L’obiettivo è quello di avere alla svinatura un grado alcolico compreso tra il 0% e 1%, accontentandosi di un colore scarico e instabile ma un MPF dolcissimo con una elevatissima carica terpenica originaria delle uve . La restante parte delle uve viene lavorata con la stessa tecnica descritta in precedenza, con la differenza che la fermentazione e macerazione dura 4-5 giorni e il contenuto alcolico finale sara’ circa 7% - 8%. Lo scopo è quello di estrarre maggior quantità di sostanze polifenoliche per ottenere un colore molto più intenso e stabile. Alla fine i 2 MPF prodotti vengono uniti ottenendo una nuovamente una massa con circa 4-5 gradi alcolici con un colore mediamente più stabile e profumi più floreali.
L’MPF in entrambi i casi, è poi conservato dolce in cella frigo a 0 gradi e durante l’anno viene spumantizzato partita per partita con l’utilizzo di lieviti selezionati. La fermentazione si svolge tra i 17 e 20 gradi e viene interrotta, mediante abbattimento della temperatura a 0 gradi, al raggiungimento, nel caso del cosiddetto Tappo Raso, di circa 5,5% di alcool con residuo naturale di zucchero sui 120-130 gr/lt e una sovrapressione di circa 1,8-2,5 bar, mentre nel caso dello spumante si raggiunge il 6,5% di alcool con residuo naturale di zucchero sui 90-100 gr/lt e una sovrappressione di circa 5,0 bar.
Per evitare possibili rifermentazioni future, il prodotto è imbottigliato con la tecnica della microfiltrazione a 0,45 micron o in alternativa con la pastorizzazione a pioggia delle bottiglie già riempite, che di norma avviene portando la temperatura delle stesse a 50 gradi per un tempo di 40 minuti e successivo raffreddamento a temperatura ambiente.
Note sensoriali del vino Brachetto
Il vino è caratterizzato da un colore cerasuolo tendente al rubino in base all'annata; al naso emergono note fiorali di rosa, accompagnate da quelle fruttate di pesca, frutti rossi e talvolta di agrumi; di corpo e struttura moderati. Leggermente spumato, ha un sapore dolce, delicato e vivace, con forti accenti di fragola, ciliegia e frutti rossi venati da note di muschio.
Di Assoenologi, con Attilio Scienza, Roberto Miravalle, Alberto Lazzarino
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