Il Lagrein in Alto Adige
Da l'Enologo – n°10 2016 – Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
La storia della viticoltura in Alto Adige o Sud Tirolo si può ricostruire per circa 2500 anni. Reperti archeologici di vinaccioli dimostrano che la vite era conosciuta nell’arco alpino già nel 1500 avanti Cristo. Una viticoltura sistematica con impianti, allevamento e potatura risalgono all’età del ferro (600-500 anni avanti Cristo). La prima viticoltura in Sud Tirolo ha subito sicuramente l’influsso dei Retici, degli Etruschi e in seguito dei Romani, trovandosi lungo l’asse da Nord a Sud. Dopo il declino dell’Impero Romano, sono sopraggiunti i Longobardi e i Bavaresi, che hanno influenzato la viticoltura sudtirolese. Nel periodo tra il 700 e il 900 dopo Cristo, tanti conventi germanici hanno fondato nel territorio delle aziende vitivinicole per il proprio fabbisogno. Che la qualità del vino sudtirolese era già apprezzata in questo periodo, lo dimostra il fatto, che il vino finito era in seguito esportato fino alla parte sud della Germania, in Baviera, e quindi doveva avere un certo potenziale di conservabilità o addirittura d’invecchiamento.
Cenni storici sul Lagrein
La prima citazione del nome “Lagrein” risale al 1318 come “Weisser Lagrein” (Lagrein bianco). Il primo termine “Rott Lagrein” (Lagrein rosso), risale all’anno 1526. La logica comunque fa pensare, che, se di un vino veniva indicato il colore, come per esempio il “Lagrein bianco”, nello stesso periodo, esisteva già anche il vino dell’altra tipologia. Effettivamente l’apprezzamento dei vini bianchi in quest’epoca era superiore rispetto ai vini rossi. Infatti, nel 1370, in un ordine di vino da parte dell’imperatore Carlo IV, il “Lagreiner” era considerato il migliore tra i vini di Bolzano, ed era bianco. Altri attestati testimoniano la presenza di coltivazioni di Lagrein nel 1379 a Termeno (Lagrein bianco), nel 1459 a Montagna, nel 1482 a Bolzano (Lagrein bianco), nel 1497 ad Appiano, nel 1507 a Scenna (Lagrein bianco), dal 1532 fino al 1534 a Caldaro, Cornaiano, Appiano e Terlano (sempre Lagrein bianco) e nel 1536 a Laives (anche Lagrein bianco). Una cosa resta comunque incerta, ovvero se il nome si riferisce al mosto/vino e non al vitigno.
Che un vino fosse chiamato con il nome della varietà è un fatto recente, che risale a non più di 200 anni fa. Prima il vino era chiamato con il nome della zona d’origine. Infatti, i vini di allora si chiamavano “Leitacher”, “Traminer” o “Grieser”, per citarne qualcuno. Comunque le varietà più importanti in Sud Tirolo tra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo erano il Lagrein, la Rossara (Geschlafene), l’Heunisch, il Moscato e come varietà più giovane la Schiava (Vernatsch).
L’origine del “Lagrein” non è del tutto chiara. Il nome potrebbe derivare da “Lagarina” o “Lagarino”. Esiste, infatti, l’ipotesi che il vitigno abbia avuto origine nella parte sud della Valle dell’Adige, vicino a Rovereto, nella Vallagarina. Questo però non è scientificamente dimostrato, dato che oltre alla somiglianza fra i nomi non esiste nessun altro riscontro ad avvalorare tale ipotesi. Tuttavia altre varietà rosse imparentate con il “Lagrein”, come “Teroldego” e Marzemino” si sono diffuse nel Trentino-Alto Adige.
Il “Lagrein” della zona di Bolzano e dintorni si è mantenuto per secoli per la sua buona resa produttiva garantendo una costante redditività. In un secondo momento sono subentrati gli aspetti qualitativi del vino, favorendo la coltivazione del Lagrein rosso a discapito del Lagrein bianco, che purtroppo nel frattempo si è estinto (è scomparso). Una successiva valorizzazione del Lagrein rosso è dimostrata dal fatto, che dal diciassettesimo secolo in poi fu tagliato con le varietà Schiava e Rossara per dare colore e struttura. La specifica esigenza pedoclimatica del vitigno dimostra, che il Lagrein di Bolzano resta fino ad oggi quello di riferimento per tutto il Sud Tirolo.
Studi biomolecolari effettuati recentemente dalla Fondazione E. Mach di San Michele all’Adige dimostrano che il Lagrein è un incrocio naturale fra il Teroldego trentino ed una varietà sconosciuta. Che questo genitore fosse la Schiava gentile, come fu sostenuto fino a poco tempo fa, è improbabile, perché la Schiava Gentile nelle ultime ricerche di Vouillamoz e Grando (2006) non corrisponde in tutti i marcatori analizzati. Sicuramente il genitore è imparentato con la Schiava gentile e proveniva dalla stessa zona. Inoltre il Lagrein è un fratello del Marzemino. Nel pedigree del Lagrein compare anche il Pinot come nonno e il Syrah come cugino.
Le caratteristiche ampelografiche del Lagrein
Il vitigno Lagrein si distingue per il suo vigore e la costanza produttiva, un po' simile alla Schiava grossa. Per questo fino a qualche decennio fa era allevato solamente su pergola semplice o doppia, per approfittare del suo potenziale produttivo. Anche la scarsa formazione di cirri e viticci, internodi lunghi e la mancata fertilità sulle gemme basali indicano l’idoneità del Lagrein per queste forme di allevamento.
Curioso è il fatto, che troviamo due biotipi differenti. La differenza visiva sta nella forma del grappolo. Il biotipo a grappolo lungo (langstielig) è caratterizzato da un grappolo lungo, spargolo, spesso alato, dall’acino rotondo, medio piccolo. L’altro biotipo, a grappolo corto (kurzstielig) o raspo corto, come sarebbe la traduzione esatta, ha il grappolo più piccolo, spargolo, alato, con acini rotondi, medio grandi. Inoltre il biotipo a grappolo corto, più vigoroso del biotipo a grappolo lungo, è più sensibile all’acinellatura, ciò è dovuto spesso da condizioni climatiche non idonee durante la fioritura, con conseguenti rese produttive al di sotto delle attese.
Le tendenze attuali di puntare esclusivamente sulla qualità e non sulle rese produttive hanno comportato, che impianti moderni di Lagrein non sono più allevati a pergola, ma a contro spalliera con sesti d’impianto più fitti, con produzioni molto inferiori per il singolo ceppo rispetto al passato.
La diffusione del Lagrein in Alto Adige
Un altro fatto molto importante nel considerare il Lagrein come una varietà autoctona del Sud Tirolo è dimostrata dalla sua quasi esclusiva diffusione nella sola provincia di Bolzano. Infatti, la superficie vitata del Lagrein fino alla fine dell’ultimo secolo era concentrata nella conca di Bolzano e in alcune zone della Bassa Atesina nei pressi di Ora ed Egna. Nell’anno 1982 la superficie vitata del Lagrein copriva 371 ettari.
Molto probabilmente è stata l’espansione urbanistica di Bolzano, che ha causato una notevole riduzione della superficie del Lagrein, che fino alla fine degli anni ‘90 è scesa fino a 252 ettari (nel 1997). Da allora il Lagrein è stato rivalorizzato notevolmente e la sua superficie vitata fino ad oggi è in continua espansione. Alla fine del 2015 in Alto Adige ha raggiunto i 466 ettari ed è ora la seconda varietà a bacca rossa dopo la Schiava. Le zone, dove è stato messo maggiormente a dimora restano sempre la piana di Bolzano e dintorni oltre ai terreni caldi pedocollinari della Bassa Atesina e la Valle d’Adige tra Bolzano e Merano tra i 220 e 350 metri sopra il livello del mare.
Oltre alla provincia di Bolzano il Lagrein è coltivato in quantità importanti anche nel Trentino (220 ettari nel 2010). Prove di coltivazione con il Lagrein si trovano inoltre in Austria, Germania, Svizzera, Slovacchia, Francia, Argentina, Stati Uniti e Australia.
Articolo tratto da l'Enologo – n°10 2016 – Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
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