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Il Fiano: storia di fortune e miserie

20 Aprile 2017
Il Fiano: storia di fortune e miserie
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Da l'Enologo - n°4 Aprile 2017 - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani

Introdotto in Irpinia dai Greci, nella storia il Fiano d’Avellino ha vissuto fasi alterne di successo e decadenza. Oggi è un vitigno bandiera della terra irpina, che e riuscito a superare i confini natii per essere coltivato in numerose provincie e regioni del centro e sud Italia. Il Fiano trova sbocchi anche nei mercati enologici d’oltreoceano e nelle vigne di California, Oregon e Australia.

Storia dell'uva Fiano

Il Fiano è uno dei grandi vitigni campani, recentemente rivalorizzato e apprezzato in tutto il centro e sud Italia, isole incluse. Un vitigno che si presta alla produzione di vini bianchi adatti all’invecchiamento. Nel corso della sua storia, che lo vede introdotto in Irpinia dai greci, ha visto momenti di grande splendore e altri di abbandono e decadenza. Fino al secondo dopo guerra, quando la passione e la risolutezza di un produttore ha permesso il recupero della varietà che rischiava di scomparire a causa dell’epidemia di fillossera. Nuove vigne e un percorso in salita che lo ha portato a vivere un periodo di grande rilancio a cavallo degli anni 70-80. Da questo momento è stata una crescita entusiasmante e costante.

Vigneto di Fiano d'Avellino
Vigneto di Fiano d'Avellino

Il Fiano nell'epoca preromana

In epoca preromana la Campania e stata una delle prime regioni a sviluppare una viticoltura di una certa importanza. Furono gli etruschi, a partire dall’VIII sec a.C., ad iniziare questa terra all’arte della coltivazione dell’uva. Una terra che in quell’epoca era divisa in tre zone: la prima a nord del Volturno (Agro Falerno) comprendente la fascia dei Golfi con le citta di Cuma e Neapolis, la piana di Nola posta attorno a Capua, e la terza corrispondente alle zone di Teano e Cales (posta sull’attuale via Casilina) fino alle montagne sannitiche.

Quando si pensa alla viticoltura di questa terra non possiamo dimenticare il fondamentale contributo da parte delle popolazioni greche che si sono avvicendate su questi territori. Contributo che può essere inteso sia in termini di tecnica viticola introdotta sia per l’importazione delle cosiddette uve Amineae; viti di origine orientale, generalmente provenienti dalla Tessalia.

Il Fiano e i Romani

La romanizzazione dell’Italia meridionale, conseguente alla seconda guerra Punica, porta la Campania ad essere la regione con la maggior concentrazione di vigneti.

Resti Arcgeologici di una Villa Romana a Mondragone spracializzata nella produzione di Vinum Falernum
Resti archeologici di una villa Romana a Mondragone specializzata nella produzione di Vinum Falernum

Il Vinum Falernum, uno dei vini protagonisti dell’antichità e, secondo quanto riportato da Lucio Floro in un documento del 318 a.C., prodotto nella provincia di Caserta dove, ai piedi del Massico, si insedia una tribù Falerna responsabile della genitura di questo vino: di colore ambrato o bruno, molto alcolico proposto nelle due tipologie, secco e dolce, o secondo quanto riportato successivamente da Plinio il Vecchio, come dolce, tenue o austero. Immortale, epiteto di Dio, ardente: queste sono alcuni degli aggettivi che i poeti dell’antichità, Marziale, Ovidio e Orazio dedicano a questo vino. Una produzione di altissima qualità quella campana di questo periodo, tenuta in grande considerazione dai cittadini di rango elevato come confermato dagli affreschi tornati alla luce negli scavi di Ercolano e Pompei, dove troviamo continui riferimenti a Bacco e al vino. Del resto Pompei era il principale centro di produzione della Campania e il più importante mercato del vino dell’intera Penisola, dopo Roma.

Fiano e Falerno

Secondo qualche autore alcuni vitigni campani, oggi tra i più rinomati al mondo, rintracciano le loro origini nel Falerno. Tra questi il Fiano di Avellino, anche se l’etimo rimanda più ragionevolmente alle Uve Apiane. Uve, queste, importate dai Greci, che hanno trovato nella località di Lapio, che rimane anche oggi una delle zone di produzione, terra d’adozione. La derivazione dal Falerno appare dubbia e non solo perché non sostenuta da informazioni storiche sufficienti ma anche perché l’habitat ideale per il Fiano sembra essere quello legato ai colli dell’Irpinia, più che le aree della provincia di Caserta.

Il Fiano d'Avellino

Il Fiano è un vitigno prestigioso, noto già in epoca Medievale tanto che, secondo un documento del 1240, Federico II, quando viveva a Foggia, ordina l’acquisto di tre carichi di vini Greco e Fiano per la sua tavola.
Anche Carlo d’Angiò non doveva essere insensibile alla bontà di questo vino, tanto che al proprio commissario, Guglielmo dei Fisoni, chiede che gli siano inviate a Manfredonia 1600 viti di Fiano perché possano essere piantate nelle sue tenute. Importante non solo il vino ottenuto dall’omonimo vitigno, ma anche il territorio, se in un documento della fine del 1592 questa zona viene citata proprio come una delle più interessanti per la produzione di vino.

Castello Svevo Angioino - Manfredonia (FG)
Castello Svevo Angioino - Manfredonia (FG)

Territorio e vino che vedono il loro migliore exploit nel 1800, quando i registri indicano un volume di esportazioni (anche verso la Francia) pari a cento milioni di litri.
Un settore, quello della vitivinicoltura locale, al tempo talmente trainante da sostenere e giustificare la costruzione della prima linea ferroviaria dell’avellinese.
A questo segue la costituzione della Regia Scuola di Viticoltura ed Enologia di Avellino che dedicherà molti dei suoi sforzi di ricerca e sperimentazione al miglioramento sia delle pratiche colturali, sia delle tecniche enologiche per la vinificazione del Fiano. Fino ad arrivare, nel 1882, alla messa a punto con Michele Carlucci, al tempo direttore della scuola, di metodi di vinificazione sviluppati specificamente per il Fiano e per allineare la qualità del prodotto alle richieste commerciali.

Grappolo di uva Fiano d'Avellino
Grappolo di uva Fiano d'Avellino

Nel 1950 c’è poi un momento di consacrazione internazionale, quando l’Oiv (Organisation internationale de la vigne et du vin) pubblica lo studio di Violante e Ciarimboli sull’ampelografia del Fiano.

Ma questi anni segnano anche il declino del vitigno che viene segnato, come molti altri, dal flagello della fillossera. Non avremmo più potuto parlare di Fiano d’Avellino, se non fosse per il produttore coraggioso e risoluto Antonio Mastroberardino, che decise di dedicare parte delle sue risorse al recupero di vecchie varietà, del Fiano d’Avellino in particolare.

Oggi la situazione appare completamente stravolta, se assistiamo ad una diffusione del vitigno in quasi tutte le regioni del centro e sud Italia e se le richieste di materiale vegetale per la realizzazione di nuovi vigneti arrivano anche dal nuovo mondo.

L'origine genetica del Fiano

L’interesse e la diffusione che il vitigno ha avuto fin dai tempi antichi hanno determinato la sua presenza, come abbiamo sottolineato, in Puglia e Basilicata. In queste Regioni, non solo il Fiano d’Avellino gode di un notevole successo, ma si sono diffuse altre varietà che condividono con il vitigno irpino parte del nome, facendo supporre, se non una sinonimia, almeno una parentela seppur lontana. In un lavoro del 2009, il confronto tra profilo ampelografico e genetico (basato sui marcatori molecolari microsatellite), ha permesso di verificare la sinonimia o eventuali parentele relative a Fiano bianco d’Avellino, Fiano Minutolo, Fiano aromatico e Fiano rosa (queste ultime tutte provenienti dalla Puglia).

Calice di Fiano bianco d'Avellino
Calice di Fiano bianco d'Avellino

I risultati delle analisi hanno messo in luce che il Fiano Minutolo (o Fiano di Puglia) coltivato nella zona di Ostuni, in provincia di Brindisi, e nella valle dell’Itria, è una varietà diversa e geneticamente scollegata dal Fiano d’Avellino. In seguito a queste considerazioni e per evitare ulteriori confusioni ed errori si e deciso di inserire, nel Registro nazionale delle varietà di vite il vitigno pugliese con la denominazione di Minutolo.

Il Fiano aromatico è una varietà se stante. Anche se, condividendo alcuni alleli con il Minutolo, lo si può considerare imparentato con quest’ultimo.

La situazione del Fiano Rosa è più complessa. Questo vitigno, infatti, diffuso in Puglia, è in alcuni casi assimilabile ad un sinonimo del Minutolo; ma in Puglia è spesso utilizzato per definire varietà che hanno poco a che fare con il Minutolo o con il Fiano d’Avellino.

Il risultato delle analisi molecolari, sostenuto anche dai rilievi ampelografici, conferma che il Fiano bianco d’Avellino è una varietà geneticamente ben definita, che non presenta sinonimi storicamente codificati nè rapporti di parentela con altre varietà note.

Da l'Enologo - n°4 Aprile 2017 - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani

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