Il vino va raccontato
Da l'Enologo - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
di Angelo Valentini
“Il vino prepara i cuori e li rende più pronti alla passione”.
Ogni regione italiana, ogni comune, ogni piccolo paese, ha un patrimonio letterario da sfruttare in materia vitivinicola, che va raccontato. Se nessuno va alla ricerca delle proprie origini, si rischia di essere figli di NN. I miei precedenti articoli hanno privilegiato questi argomenti, ho segnalato centinaia di testi, una vasta bibliografia a cui attingere notizie specifiche di storia, di poesia, di ampelografia. Con questo numero di Luglio/Agosto termino l’argomento legato alla poesia bacchica, ma non posso fare a meno di citare il libertino senese Cecco Angiolieri 1260-1300 con questo piacevolissimo sonetto.
Sonetto di Cecco Angiolieri
Tutto quest’anno ch’è mi son frustrato
Di tutti i vizi che solia avere;
non m’è. Rimasto se non quel di bere
del quale n’abbi Iddio per escusato,
chè la mattina quando son levato,
el corpo pien di sal mi pare avere:
dunque, di’: chi si porìa tenere
di non bagnarsi la lingua e ‘lpalato?
E non vorrìa se non greco e vernaccia,
chè mi fa maggior noia il vin latino,
che la mia donna, quand’ella mi caccia.
Deh ben abbi chi prima pose’ l vino,
che tutto ‘l dì mi fa star in bonaccia;
i’ non ne fo però un mal latino.
Un altro autore romanesco divertente è Gioacchino Belli (Roma 1761-1863). Mentre Trilussa (Roma 1871-1950), nei suoi versi, è cantore del buon vino dei Castelli Romani, delle osterie di Trastevere, della gente di borgata, delle risse della gente ebbra. Cito a tale proposito una delle sue poesie intitolata “Vino Bono”.
Vino bono di Trilussa
Mentre bevo mezzo litro.
De Frascati abboccatello,
guardo er muro der tinello
co’le macchie de salnitro.
Guardo e penso quant’è buffa
Certe vorte la natura
Che combina una figura
Cor salnitro e co’la muffa.
Scopro in fatti in una macchia
Una specie d’animale;
pare un aquila reale
co’ la coda de cornacchia.
Là c’è un orso, qui c’è un gallo,
lupi, pecore, montoni,
e su un mucchio de cannoni
passa un diavolo a cavallo!
Ma ner fonno s’intravede
Una donna ne la posa
De chi aspetta quarche cosa,
da l’ Amore e da la Fede……
Bevo er vino e guardo er muro
Con un bon presentimento;
sarò sbronzo, ma me sento
più tranquillo e più sicuro
Alcuni suggerimenti di lettura
Per chi volesse approfondire le conoscenze poetiche in tema di vino cito:
Charles Baudelaire (Parigi 1821-1867), L’anima del Vino, da “I fiori del Male”.
Giosuè Carducci (Valdicastello 1855-1907), “Brindisi”.
Carlo Goldoni (Venezia 1707-1793), “Brindisi” da “La Locandiera”.
Pablo Neruda (Cile 1904-1973), “Ode al Vino”.
Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna 1855-1912), “I tre Grappoli”.
Due chicche d’altri tempi
Da ultimo due chicche:
“Bacco in Friuli o sia Ditirambo sopra i vini del Friuli”. Piccolo libricino di 30 pagine stampato a Gorizia e dedicato all’illustrissimo e reverendissimo Monsignore Francesco del Sacro Romano Impero Co. De Puppi Canonico dell’insigne collegiata della città di Cividale del Friuli.
L’altra perla libraria è un trattato di agricoltura in versi dal titolo “La coltivazione poema di Luigi Alemanni”. Pagine 250, stampato a Londra nel 1780 e venduto a Livorno. Alamanni nasce a Firenze il 6 marzo 1495 Me muore ad Amboise in Francia 18 aprile 1556. Di nobilissima famiglia fiorentina, studia filosofia, fa parte del circolo culturale che si riuniva in casa dei Rucellai, i famosi Orti Oricellari, dove aveva sede l’Accademia Platonica, in un clima di ostilità al governo mediceo.
Strinse rapporti con Zanobi Buondelmonte, con Macchiavelli, al quale dedicò la vita di Castruccio nell’ arte della guerra. Migrò in Francia, dove compose la maggior parte delle sue opere, tra cui “Il Trattato di agricoltura” in versi, unico nel suo genere, una vera enciclopedia poetica.
Grazie ai versi si divulgava cultura
Divulgare la cultura in versi aveva lo scopo di acculturare gli analfabeti: ascoltando la metrica poetica era più facile assimilarne i contenuti.
Ricordo che al mio paese Sigillo, un analfabeta declamava la Divina Commedia a memoria assimilata a casa di un suo vicino nelle lunghe veglie al lume di candela, quando, riscaldati dal tepore del focolare domestico, ascoltavano un vecchio saggio che aveva frequentato in gioventù, per vocazione, il convento.
Ha ragione Cotarella: il vino va raccontato, nelle sue molteplici sfaccettature e non giudicato da simboli (bicchieri, grappoli, forchette), assegnati il più delle volte da giornalisti e scrittori improvvisati!
di Angelo Valentini
Da l'Enologo - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
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