Come va l'export del vino italiano nel 2016?
Sulla base di un progetto di collaborazione tra Assoenologi e Uiv pubblichiamo di seguito i dati sull’export del vino italiano nel primo trimestre 2016 elaborati dal Corriere Vinicolo, organo di informazione dell’Unione Italiana Vini.
L’inizio dell’anno non è particolarmente brillante per l’insieme dei vini italiani. Il totale cresce del 3% a valore (1,2 miliardi di euro), ma si impianta pericolosamente sui volumi (4,6 milioni di ettolitri, -1%), con dinamiche involutive sia per gli sfusi che per i vini confezionati, che alla fine risultano i peggiori in assoluto fra le tre macrocategorie. Rimangono in scia positiva gli spumanti, trainati dal solito Prosecco, che chiudono in maniera omogenea sopra +20%.
Basta a tenere il settore in equilibrio? Crediamo di no. Ma vediamo il dettaglio dei dati.
Vini spumanti: l'Asti cresce sul mercato americano
Sono sempre loro a tirare, con il Prosecco che inizia l’anno esattamente come aveva finito il precedente: il totale della categoria piazza 230 milioni di euro di fatturato, per 680.000 ettolitri di prodotto, di cui 462.000 di solo Dop (leggi Prosecco), cresciuto ancora a doppia cifra in UK, mentre sugli Stati Uniti si registra un rallentamento a volume (+1%) seguito però da una rivalutazione dei listini del 16%, che porta gli incassi su del 18%. Se - ancora Prosecco - risultano in calo a volume Germania e Svizzera, quello che ormai non denota più sorpresa è la crescita esponenziale del mercato francese, che in un trimestre raddoppia volumi e fatturato, divenendo a conti fatti e stabilmente il quinto mercato di esportazione per le bollicine veneto-friulane.
Altri Paesi in cui la crescita è a doppia se non tripla cifra sono Canada, Svezia, Norvegia, Giappone e Paesi Bassi, segno di un inizio di allargamento del portafoglio clienti, in prospettiva sempre più necessario per questo prodotto.
Per l’Asti, segnaliamo due notizie estremamente positive: la tenuta del mercato tedesco e la crescita a doppia cifra di quello americano. Ancora sofferenze sul mercato russo, ma anche in Francia e Giappone.
Buon inizio invece per Belgio e Canada. Poco confortante invece l’esordio del mercato cinese, che sta penalizzando tutta la categoria spumante, e non solo quelli italiani. Per l’Austria, troviamo percentuali di crescita a tripla cifra, che andranno verificate meglio nel prosieguo dell’anno.
A livello di andamento trimestrale storico, le bollicine italiane stanno pompando molto volume, sacrificando qualcosa sui prezzi: se guardiamo la curva, il movimento ascensionale registrato a partire dalla seconda metà del 2014 si è interrotto nel secondo quarto del 2015 (con media 3,57 euro/litro), per poi iniziare una caduta che ha portato al minimo di 3,40 a marzo di quest’anno, che segna -4% sul corrispondente quarto del 2015. Esente da questo trend è invece il Prosecco, che dall’inizio del 2015 ha visto aumentare in media le quotazioni di una trentina di centesimi, attestandosi a 3,77 euro a marzo 2016, e invertendo una curva negativa che si era protratta ininterrottamente per 8 trimestri a partire dal secondo quarto 2013.
Una dinamica, questa, favorita dai generosi rapporti di cambio che hanno visto l’euro deprezzarsi sia contro dollaro sia contro sterlina inglese, i due principali mercati di sbocco del prodotto.
I vini frizzanti: buona partenza per i Lambruschi
Dopo un 2015 chiuso così così, i frizzanti italiani ritrovano un po’ di ossigeno nel primo quarto di quest’anno. Se l’anno scorso infatti si iniziava con perdita, il 2016 regala un +4% di aumento volumico e un ancor più convincente +9% sui valori, con le prime due categorie (Dop e Igp, dove stanno i Lambruschi e tutto il Glera che non trova posto nella Doc) in interessante dinamica di aumento.
Sui 4 principali mercati, però, le cose vanno bene solo in America, dove i Lambruschi macinano decisi aumenti soprattutto a valore, mentre in affanno continua a essere la piazza spagnola, che va sotto del 18%, performance dovuta alla involuzione dei Lambruschi Emilia. Identica la dinamica di decrescita per i Paesi Bassi, dove il peggior risultato lo portano a casa i frizzanti Igp (-35%). La Germania è anch’essa in passivo, ma il grosso del prodotto (Lambrusco di marca Dop questa volta) naviga in acque abbastanza sicure per ora, con anche aumenti a valore consistenti.
Da segnalare, infine, una dinamica di crescita robusta per tutti i vini confezionati in contenitori sopra i 2 litri (quindi bottiglioni ecc.), che pur pagando sul prezzo (-12%), vedono aumentare i volumi del 20%.
Vini in bottiglia: a rischio il prodotto senza indicazione geografica
Molto diversa la dinamica dei vini in bottiglia (fermi più frizzanti): nel complesso, il bilancio fa saldo zero sui valori, a 894 milioni di euro, mentre le lancette a volume si fermano a 2,6 milioni di ettolitri, con un calo del 5% rispetto a marzo 2015. É questo il peggior dato di inizio anno almeno dal 2010. Come scrivevamo sullo scorso numero, la decrescita sui volumi - sebbene stiamo parlando di un solo trimestre - non è un fattore neutro: stiamo infatti incominciando a vendere la vendemmia 2015, che in cantina ha portato la bellezza di 50 milioni di ettolitri, e già abbiamo problemi di export sullo sfuso in Germania (-7%) e Francia (-6%). Il rischio di trovarci ingolfati a ridosso della prossima vendemmia è grosso, e quando si è ingolfati si sa cosa succede ai prezzi. Per ora, comunque, i listini in media tengono: siamo a 3,40, +4,5% annuo, ma se restringiamo ai soli vini fermi il saldo si ferma a +2,6%, e qua e là incominciano a intravedersi segnali di indebolimento.
A livello di categorie, e limitando l’analisi ai vini fermi, Dop e Igp mostrano dinamiche di inizio anno alquanto diversificate: i primi sono fermi a volume, con arretramento del 5% per la pattuglia dei rossi, mentre gli Igp vanno sotto del 5%, e qui il contributo negativo viene dai bianchi (-9%). A valore, rimanendo sul fronte Igp, ancora i bianchi i peggiori (-10%), mentre sui Dop la crescita migliore in assoluto spetta proprio ai vini bianchi, saliti del 20%, contro un leggero cedimento dei rossi. A fronte di queste dinamiche, e parlando di prezzi, i Dop vedono crescite interessanti (media +3%), mentre gli Igp scendono a +1%, con i bianchi in leggera dinamica negativa.
Alla luce di quanto detto poco sopra, siamo su un filo, considerando che il grosso dell’export di vini fermi viene fatto su una manciata di mercati consolidati e con crescite volumiche non strabordanti. Anzi, sui primi tre, due – Germania giungono le deboli richieste provenienti dal Centro Europa.
A livello di categorie, male il grosso del prodotto che viaggia senza indicazione geografica: -13% i comuni bianchi, -19% i rossi, che affiancano anche una perdita a listino del 15%, per prezzi medi che incominciano ad andar giù in maniera preoccupante.
Per lo sfuso, vale il discorso fatto in precedenza per i vini in bottiglia: stiamo portando fuori molto lentamente il prodotto dell’abbondante vendemmia 2015, tra poco dovremo incantinare il 2016, e le nostre valvole di sfogo principali sono dominate dai nostri competitors spagnoli. Vero è che anche la Spagna sembra aver esaurito il grosso delle scorte, e che le deboli vendemmie in Argentina e Cile potrebbero venire in soccorso, accendendo gli appetiti dei buyer internazionali rimasti a secco.
Ma sono tutte ipotesi sul campo, e come tali da verificare strada facendo. Il rischio dell’ingolfamento e della caduta verticale dei listini però esiste, e non va sottovalutato, sia come impatto sul settore nello specifico, sia sul resto del vino italiano che viaggia in bottiglia.
Articolo tratto da l'Enologo – n°7/8 2016 – Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
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