Lombardia
Approvato con DM 02.10.2003 G.U. 239 - 14.10.2003 Modificato con DM 24.07.2009 G.U. 184 - 10.08.2009 Modificato con DM 30.11.2011 Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf Sezione Qualità e Sicurezza Vini DOP e IGP
L'indicazione geografica tipica «Valcamonica», accompagnata da una delle specificazioni previste dal presente disciplinare di produzione, e' riservata ai mosti e ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti di seguito indicati.
L'indicazione geografica tipica «Valcamonica» e' riservata ai seguenti vini: bianco, anche nella tipologia passito, rosso, Marzemino e Merlot.
I vini a indicazione geografica tipica «Valcamonica» bianco, anche nella tipologia passito, devono essere ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale, dai seguenti vitigni a bacca bianca: Riesling Renano, Incrocio Manzoni e Muller Thurgau: minimo 60%. Possono concorrere, da sole o congiuntamente, alla produzione dei mosti e dei vini sopra indicati, le uve dei vitigni a bacca di colore analogo, non aromatici, idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia, fino ad un massimo del 40% ed iscritti nel Registro Nazionale delle varietà di vite per uve da vino, approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare.
L'indicazione geografica tipica «Valcamonica» rosso e' riservata ai vini ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale, dai seguenti vitigni a bacca rossa: Marzemino e Merlot: minimo 60%. Possono concorrere, da sole o congiuntamente, alla produzione dei mosti e dei vini sopra indicati, le uve dei vitigni a bacca di colore analogo non aromatici idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia, fino ad un massimo del 40% ed iscritti nel Registro Nazionale delle varietà di vite per uve da vino, approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare.
L'indicazione geografica tipica «Valcamonica», con la specificazione di uno dei seguenti vitigni: Marzemino, Merlot, e' riservata ai vini rossi ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale, per almeno l'85% dai corrispondenti vitigni. Possono concorrere da sole o congiuntamente, alla produzione dei mosti e dei vini sopra indicati, le uve dei vitigni a bacca di colore analogo non aromatici idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia, fino ad un massimo del 15% .
La zona di produzione delle uve per l'ottenimento dei mosti e dei vini atti a essere designati con l'indicazione geografica tipica «Valcamonica» comprende l'intero territorio amministrativo dei comuni di: Berzo Demo, Cedegolo, Cevo, Sellero, Capo di Ponte, Ono San Pietro, Cerveno, Losine, Niardo, Ceto, Braone, Breno, Malegno, Cividate Camuno, Bienno, Berzo Inferiore, Esine, Piancogno, Darfo Boario Terme, Gianico, Artogne, Piancamuno, Ossimo, Prestine, Angolo Terme, in provincia di Brescia.
Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini di cui all'art. 2 devono essere quelle tradizionali della zona. Sono pertanto da considerare idonei ai fini dell’iscrizione allo schedario viticolo unicamente i vigneti situati in terreni con giacitura pede-collinare, collinare e pedemontana di buona esposizione situati ad una altitudine non superiore agli 800 metri s.l.m. con l'esclusione di terreni pianeggianti particolarmente umidi. I nuovi impianti e reimpianti devono essere composti da un numero di ceppi ad ettaro non inferiore a 4.000. La produzione massima di uva per ettaro di vigneto in coltura specializzata, nell'ambito aziendale, non deve essere superiore, per i vini a indicazione geografica tipica «Valcamonica» senza la specificazione del vitigno, a tonnellate 11 per ettaro; qualora venga utilizzata la specificazione del vitigno la resa massima deve essere di tonnellate 8 per ettaro. Le uve destinate alla produzione dei vini a indicazione geografica tipica «Valcamonica» devono assicurare ai vini un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di: 10,00% per il bianco; 11,00 % per il passito (alla raccolta); 10,00% per il rosso; 11,00 % per il Marzemino; 11,00% per il Merlot. Nei casi di annate particolarmente sfavorevoli detti valori possono essere ridotti dello 0,5% vol.
Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche atte a conferire ai vini le proprie peculiari caratteristiche. Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delle uve delimitata all’art. 3. È fatta salva la deroga prevista all’art.6, comma 4, secondo capoverso, del Regolamento CE n. 607/2009 per effettuare la vinificazione al di fuori della predetta zona delimitata fino al 31 dicembre 2012. La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore al 70%, per tutti i tipi di vino e al 50% per la tipologia passito.
I vini a indicazione geografica tipica “Valcamonica, all’atto dell’immissione al consumo, devono avere le seguenti caratteristiche:
«Valcamonica» bianco Colore: giallo paglierino con riflessi verdognoli Odore: intenso, netto, leggermente aromatico, fruttato Sapore: sottile, secco e caratteristico sollecitato dall’acidità che ne stimola la persistenza Titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol; Acidità totale minima: 5,00 g/l; Estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l.
«Valcamonica» bianco passito Colore: giallo paglierino con riflessi dorati; Odore: intenso, complesso, fruttato; Sapore: dolce, morbido, armonico, vellutato; Titolo alcolometrico volumico totale minimo: 14,00% vol; Acidità totale minima: 4,50 g/l; Estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.
«Valcamonica» rosso Colore: rosso rubino con leggere sfumature granate; Odore: caratteristico, gradevole con sentori di frutta matura; Sapore: intenso, buona struttura, persistente; Titolo alcolometrico volumico totale minimo:11,50% vol; Acidità totale minima: 4,50 g/l; Estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.
«Valcamonica» Merlot Colore: rosso rubino intenso; Odore: vinoso, intenso, caratteristico; Sapore: morbido, armonico, corposo, persistente; Titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol; Acidità totale minima: 4,50 g/l; Estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.
«Valcamonica» Marzemino Colore: rosso rubino con sfumature granata; Odore: gradevole, con sentori di frutta matura; Sapore: asciutto, pieno, caratteristico; Titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol; Acidità totale minima: 5,00 g/l; Estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.
Ai vini dell'indicazione geografica tipica «Valcamonica» e' vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi «extra», «fine», «scelto», «selezionato», «superiore» e similari. E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati purche' non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore. Nella designazione e presentazione del vino ad indicazione geografica tipica «Valcamonica» passito, Marzemino e Merlot e' obbligatorio riportare l'annata di produzione.
a) Informazioni sulla zona geografica
Fattori naturali rilevanti per il legame
Le zone di produzione viticola si possono distinguere in tre macro aree: - da Sellero a Breno comprendendo i comuni con territorio inserito nei conoidi della Concarena (Capo di Ponte, Ono San Pietro, Cerveno, Losine), e le superfici vitate dei comuni di Ceto, Niardo e Braone; per un totale di Ha 59,41 - la zona della Val Grigna con le superfici vitate nei comuni di Bienno, Berzo Inferiore, Esine, Cividate Camuno, Malegno; per un totale di Ha 56,00; - i caratteristici terrazzamenti della zona del Lanzato in comune di Piancogno e di Darfo Boario Terme (Gorzone, Erbanno, Angone), nel comune di Angolo Terme, Gianico ed Artogne; per un totale di Ha 26,80. L’estirpo dei vigneti si è completamente arrestato ed anzi sono sempre più i casi di viticoltori camuni che acquistano diritti di reimpianto generati all'esterno dalla Vallecamonica. Numerosi terrazzamenti sono stati recuperati attraverso la ricostruzione dei muretti a secco di sostegno, strade agricole ormai abbandonate sono ritornate ad essere transitate dai trattori. Il risultato è, oltre agli indubbi benefici nella prevenzione di dissesti idrogeologici, un lento cambiamento del paesaggio della media e bassa Valcamonica col recupero dei valori autentici del vino: lavoro, territorio, originalità, biodiversità e tradizione, di cui i vigneti di montagna sono una delle più alte e nobili espressioni, diventando straordinari monumenti al lavoro dell’uomo.
Fattori umani rilevanti per il legame
La Vallecamonica è ubicata nella parte nord-orientale della Lombardia, con orientamento nord-est – sud-ovest. E’ la valle più grande della provincia di Brescia occupando una superficie di 1.347 Kmq. In Valcamonica la viticoltura era già presente in età romanica, ma è soprattutto nel periodo del basso medio evo(dal 1001 al 1321), che si iniziano a gettare le basi , per raggiungere la coltura moderna altamente specializzata che noi oggi conosciamo. Documenti relativi a quest’epoca ci indicano come porzioni di vigne in Valcamonica rientravano nel patrimonio di S.Pietro in Monte, che troviamo testimoniate nella prima metà del 11°secolo. Le località interessate erano: Artogne, Lozio,Berzo documentate nel giugno del 1041; Pisogne documentato nel settembre del 1045. Questi dati vengono confermati anche dalle carte dei secoli seguenti relativi ai possedimenti della Mensa Vescovile di Brescia la quale riscuoteva numerosi canoni in vino. Nel 1100 si trovano condizioni più favorevoli alla vite, sia pure nell’ambito di un economia agricola precaria come quella della Valcamonica. Un episodio accaduto intorno a quegli anni conferma questa realtà: a Borno nel 1100 non meno di quattordici torchi vengono bruciati al seguito ad un incursione degli abitanti della valle di Scalve. Un altro documento che ci testimonia la presenza di terreni vitati in Valcamonica è un privilegio di Papa Callisto del 1123, dove venivano confermati all’abate Pietro tutti i possedimenti del cenobio che comprendevano quattro petias vinearum nel pievato di Cividate in Valcamonica. In un inventario del 1299 ci restituisce una rubrica dedicata ai “ fitti del vino” riscossi nella corte di Cemmo che ammontavano a 40 cogi e mezzo. Nessun documento ci descrive la situazione della viticoltura in valle del 1300 e 1400. Alla fine del quattrocento comunque la situazione della viticoltura camuna si va delineando. Il cinquecento è il perido in cui si ha un rilancio dell’agricoltura in genere, dovuto alla decadenza delle attività manifatturiere e mercantili prima fiorenti. In questo secolo la Valcamonica si trova sotto il dominio della Repubblica di Venezia, la quale teneva particolarmente che la viticoltura, nelle terre da lei possedute,si sviluppasse sempre più, perché rappresentava una fiorente fonte di guadagno attraverso il pagamento delle tasse. Il grande sviluppo della viticoltura che segnò la prima metà del cinquecento, si arresto bruscamente nel 1567 quando una gravissima crisi colpì la vite camuna.Crisi causata dalla moria della vite, descritta da Padre Gregorio di Valcamonica, che nei suoi testi non cita però quali siano le cause della moria, forse perché all’epoca non c’erano ancora gli strumenti e le coscienze per spiegare un fatto simile. La cosa particolare è che questa moria colpì solamente il territorio della valcamonica e, non interesso in minima parte le vallate confinanti. In questo periodo la superficie vitata e la produzione della zona diminuirono in modo sensibile, spingendo i reggenti della valle , verso la fine del secolo a chiedere il permesso alla repubblica di importare il vino dalla Valtellina. Ciò fu concesso, ma a contrastare la decisione si frapposero i podestà di Tellio e di Tirano, lasciando così la porzione di Valcamonica al di sopra di Cedegolo senza vino per un lungo periodo. La situazione si aggravò a tal punto che il consiglio generale della valle mandò il 29 dicembre del 1601, su proposta degli abitanti della zona sopra cedegolo, il dottor Francesco Bassanese a Coira per chiedere all’Assemblea delle Tre Lege che fosse rimosso l’impedimento. Indicazioni relative al 1600 le abbiamo trovate nel Catastico di Giovanni Da Lezze (1610). Dall’esame di questo documento, si può evidenziare, come i terreni vitati si trovavano nella maggior parte sulla sponda destra orografica del fiume Oglio, nei luoghi ben esposti al sole, nella zona della media Valcamonica. Tutto questo confermato da uno scritto del 1698. Nel 1700 il grande sviluppo che aveva investito la viticoltura ha un vistoso rallentamento, dovuto soprattutto a fattori climatici. Il motivo principale di questo rallentamento fu l’abbassamento climatico che nel 1705 colpì l’intera Europa, cancellando letteralmente la coltivazione della vite, in gran parte del vecchio continente, compresa l’Italia settentrionale. In Valcamonica scomparirono tutti i vigneti che si trovavano a settentrione di Edolo, e quelli a quote elevate. Subirono numerosi danni anche i vigneti situati nei comuni di Cemmo, Berzo Demo, Sonico e Cedegolo, ma quelli situati nelle zone più esposte al sole riuscirono a resistere. Si salvarono i vigneti nelle aree a clima più mediterraneo come quelli della bassa e media Valcamonica. L’ottocento verrà ricordato come il secolo delle malattie ed avversità della vite, che colpirono la Valcamonica facendo diminuire in modo drastico la superfice vitata.
Si ricorda l’Oidio nel 1851, la Peronospora nel 1881 e la fillossera nel 1887. In questo secolo c’è stato un aumento della superficie vitata dal periodo successivo al ritrovamento della cura contro la fillossera fino agli anni ’70. Nel primo quaderno dell’agricoltura camuno elaborato dal C.A.T.A. di Vallecamonica in relazione a prove di concimazione in viticoltura viene indicata quale superficie vitata la cifra di 2.000 ettari. Da questo momento in poi la viticoltura camuna conosce una fase di drastica diminuzione della superficie vitata, fino ad arrivare ai circa 130/140 ha dei giorni nostri. I cambiamenti epocali avvenuti negli anni ’70, che anno visto una generalizzata fuga dal lavoro in campagna verso il più renumerativo e meno faticoso lavoro offerto dalle industrie, hanno portato ad un drastico ridimensionamento degli ettari coltivati a vite. La superficie vitata tuttora presente in Vallecamonica risulta essere di circa 140 ettari, con circa 500 viticoltori che, nel dopolavoro o da pensionati, curano i propri preziosi vigneti. I vitigni maggiormente presenti in Valle risultano essere soprattutto il Merlot ed il Marzemino, per i vitigni a bacca nera. Muller Thurgau, Incrocio Manzoni e Riesling Renano risultano essere invece i vitigni a bacca bianca più presenti. Vi sono inoltre vitigni autoctoni che purtroppo stanno scomparendo quali il Valcamonec, L’Erbanno ed il Sebina
b) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico.
I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico. In particolare tutti i vini presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate e tipicamente legate alle peculiarità del microclima e del territorio, mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni di base. I vini bianchi generalmente presentano un odore intenso, netto, leggermente aromatico, fruttato e un sapore sottile, secco e caratteristico sollecitato dall’acidità che ne stimola la persistenza. I vini rossi tendenzialmente presentano caratteristiche equilibrate, un profumo ampio, vinoso, un sapore intenso di buona struttura e persistente.
c) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera a) e quelli di cui alla lettera b)
Le forme d’allevamento presenti in Valcamonica sono principalmente quattro: Spalliera e Tendone le più frequenti, Guyot e Pergola semplice presenti in minima parte. Le operazioni colturali attuate in questa zona consistono nella potatura e legatura invernale e primaverile, rara la potature verde. Le lavorazioni del terreno riguardano: lo scasso, l’aratura, l’erpicatura e la rullatura per i nuovi impianti ed erpicature e arature effettuate molto negli anni passati sulle file e tra le file, mentre oggi per rientrare nella “misura F” sulla lotta integrata si consiglia l’inerbimento totale. Per quanto riguarda la concimazione, l’impiego del letame è ancora oggi assai generalizzato per la presenza di molti allevamenti nella valle, la quantità da distribuire varia da 100 a 300 quintali ad ettaro a seconda delle necessità il la letamazione dovrebbe essere effettuata nel mese di dicembre. Dal punto di vista delle avversità, nella zona sono frequenti attacchi di peronospora, oidio e saltuariamente di botritis e disseccamento del rachide; per quanto riguarda i parassiti animali la tignola è in genere ben controllata, presente in maniera non significativa per il momento la cicalina della flavescenza dorata. La lotta viene effettuata tramite l’utilizzo degli antiparassitari, di cui molte volte nel corso degli anni precedenti si è abusato, creando numerosi problemi di resistenza. Ad esempio si ricorda che negli anni settanta, a causa del persistente uso di anticrittogamici acuprici e di insetticidi polivalenti, era diventato un grosso problema quello degli acari, in particolare il ragnetto rosso; però con il ritorno all’uso del rame dopo fioritura, con l’impiego di insetticidi specifici ed acaricidi, il fenomeno fu ridimensionato. Purtroppo rari in valle sono gli esempi di lotta biologica integrata, effettuata solo nella coltivazione delle mele, più per moda che per convinzione, da parte dei pochi coltivatori che la effettuano. Un altro dato importante sta nel fatto che la meccanizzazione dei lavori nel vigneto è molto limitata, per quanto riguarda la lavorazione del terreno, la distribuzione dei concimi e la raccolta dell’uva. Si contano però numerosi atomizzatori, sia a spalla sia trasportabili da trattori, per i trattamenti antiparassitari. Un altro miglioramento fondamentale per avere una coltura sempre più specializzata è quello dell’irrigazione, che dovrà essere portata sulle pendici della media montagna che sono soggette maggiormente alla siccità. Ad esempio nei conoidi di deiezione sulla destra orografica, costituiti da terreni poco profondi, calcarei, con sottosuoli ciottolosi. L’espansione dell’irrigazione possibilmente polivalente, sarà favorita dall’abbondanza di acque che consentono impianti a caduta naturale con bassissimi costi d’esercizio. Non vanno scordate altre opere di costo minore ma altrettanto importanti quali: spianamenti, spietramenti, regimazione dei torrenti e le moderne difese antigrandine. Da non dimenticare che tali miglioramenti inducono ad un aumento ingente del valore fondiario tanto che, in certi casi è proprio questo aspetto a rendere economici alcuni investimenti, come è successo nelle vallate vicine.
Nome e Indirizzo: Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali - ICQRF - Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari – Via Quintino Sella, 42 – 00187 ROMA.
L’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari è l’Autorità di controllo competente del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera b) e c), ed all’articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della IGP, mediante una metodologia dei controlli nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento) effettuata selezionando casualmente un numero minimo di soggetti individuati mediante un’analisi di rischio, conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera a). In particolare, tale verifica, che per quanto concerne il prodotto finito consiste nel solo esame analitico (conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lett. b) e articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009), è espletata nel rispetto delle disposizioni previste dall’articolo 13 del citato decreto legislativo n. 61/2010 e dal DM 31 luglio 2009 (GU n. 230 del 3-10-2009), così come modificato con DM 30 luglio 2010 (GU n. 244 del 18-10-2010) e con DM 11 luglio 2011 (GU n. 219 del 20-09-2011) (Allegato 3).
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