Emilia-Romagna
Approvato con DM 21.07.2010 G.U. 180 - 04.08.2010 Modificato con DM 30.11.2011 Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf Sezione Qualità e Sicurezza Vini DOP e IGP Modificato con DM 28.10.2013 Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf Sezione Qualità e Sicurezza Vini DOP e IGP
La denominazione di origine controllata del vino “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” (anche nella tipologia frizzante e spumante) è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.
I vini a denominazione di origine controllata “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini”di cui all’articolo 1 devono essere ottenuti da uve provenienti da vigneti composti , in ambito aziendale, dalla varietà Ortrugo per almeno il 90 % ; possono concorrere le uve dei vitigni a bacca di colore analogo, non aromatiche, idonee alla coltivazione in Emilia-Romagna, fino ad un massimo del 10%.
La zona di produzione delle uve idonee alla produzione del vino a denominazione di origine controllata “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini”, comprende il territorio a vocazione viticola delle colline piacentine ed include, in provincia di Piacenza, l’intero territorio amministrativo di: Caminata (escluso le isole amministrative in provincia di Pavia), Nibbiano, Pianello Val Tidone, Piozzano, Ziano Piacentino, ed in parte il territorio amministrativo dei comuni di: Agazzano, Alseno, Bettola, Bobbio, Borgonovo Val Tidone, Carpaneto Piacentino, Castell’Arquato, Castel San Giovanni, Coli, Gazzola, Gropparello, Lugagnano Val d’Arda, Pecorara, Ponte dell’Olio, Rivergaro, San Giorgio Piacentino, Travo, Vernasca e Vigolzone. Tale zona è così delimitata: Partendo dall’entrata sud nel centro abitato di Borgonovo Val Tidone, il limite segue verso ovest la strada per Moretta e, superata costera Moretta all’incrocio con il R. Torto, risale verso nord tale corso d’acqua ed all’ansa successiva la quota 91 all’altezza di Polesera, segue verso nord–ovest per la strada che conduce a C.na Montezella. Da C.na Montezella segue quindi la strada che, in direzione nord–ovest, raggiunge C. Cavo Perletti sulla strada per Castel San Giovanni: prosegue quindi lungo tale strada verso sud per breve tratto e, all’altezza della quota 93 segue, in direzione ovest, quella per C. Perduta e C. Pradella fino al R. Gambero per proseguire poi lungo tale corso d’acqua verso nord per circa 700 metri e seguire poi il sentiero che in direzione nord–ovest raggiunge la strada per Fornaci: lungo questa verso sud–ovest attraversa Fornaci quindi Casanova e, 2 proseguendo, passa a sud di C. Merlino e raggiunge il confine della provincia in prossimità della quota 96 sul T. Bardonezza. Segue, in direzione sud, il confine provinciale attraversa il lago di Trebecco e, proseguendo sempre sul confine provinciale in direzione sud–ovest, raggiunge, a quota 779, il Roccone, nel comune di Nibbiano; segue quindi la strada verso nord per Cà dei Giorgio (quota 653) e da tale località segue verso sud e poi est la carrareccia per la Cà dei Follini. Da questa località prosegue verso sud–est per la strada che attraversa Cà Bazzari e, a quota 683 segue quella per Lazzarello, attraversando prima la quota 753 e, superato Lazzarello, raggiunge proseguendo sempre verso sud, prima Cà di Lazzarello, poi case Bianchi, sul proseguimento arriva alla quota 665, laddove la strada incrocia il corso d’acqua che confluisce nel rio della Fornace dell’Aia, a quota 550, segue quindi, da quota 665, prima l’affluente e poi quest’ultimo corso d’acqua sino alla confluenza nel T. Tidoncello Merlingo, lungo il quale risale verso nord–est sino alla confluenza a quota 388, con il T. Tidoncello di Sevizzano. Da quota 388 risale il Torrente Tidoncello e, a sud di Marzonago. Prosegue in direzione est per il rio Sereno, toccando le quote 493 e 532, dove raggiunge la strada per Sevizzano; prosegue lungo questa in direzione sud, costeggia il centro abitato di Sevizzano ad ovest e segue verso est la strada per C. Saliceto (quote 695). Da C. Saliceto segue la strada in direzione nord–est fino a raggiungere a quota 708 il confine comunale di Piozzano. Prosegue lungo questi in direzione sud sino ad incrociare quello di Travo a quota 801, segue quindi quest’ultimo confine in direzione sud–est ed alla quota 681, all’incrocio con la strada per Scarniago, prosegue verso nord–est, lungo questa attraversa il centro abitato di Scarniago e proseguendo raggiunge Madellano segue verso nord e poi est la strada che, passando per le quote 560, 554, 477, incrocia quella per Chiosi; prosegue lungo quest’ultima verso sud, toccando i centri abitati di Termine Grosso e Pietra e raggiunge poi, a quota 671, nuovamente il confine comunale di Travo; discende lungo questi in direzione sud ed in località Cappaia, all’altezza di Ronda Nera, lascia il confine per seguire verso ovest il sentiero che attraversa le quote 389, 405, 439 ed a quota 445 incrocia la strada per Parcellara, segue tale strada verso nord–ovest e raggiunge Parcellara da dove segue verso ovest il fosso affluente di sinistra del Rio Dorba; dalla confluenza risale, per breve tratto, il rio Dorba; ed a quota 337 risale verso ovest un affluente di destra del medesimo corso d’acqua fino ad incrociare la strada per Freddezza; percorre questa verso sud ed all’altezza di Cosenzio, in prossimità della quota 372, segue verso ovest la strada che passa a nord di Freddezza, tocca quota 410, attraversa Marumoni (quota 435) e raggiunge Nosia (quota 429). Da Nosia segue il sentiero per Areglia toccando le quote 434, 438, 416 e da Areglia prosegue per la carrareccia che attraversa case il Poggio e raggiunge la strada per Gobbi: prosegue lungo questa per il breve tratto (250 metri) verso sud e quindi nella stessa direzione per il sentiero che tocca le quote 416, 430, attraversa rio del Gatto e raggiunge Cà del Bosco (quota 497). Da Cà del Bosco segue, in direzione sud–est, il sentiero che attraversa la quota 526 e raggiunge alle pendici occidentali di M. Spanna la strada per Mezzano Scotti; prosegue nella stessa direzione lungo tale strada per Mezzano Scotti; prosegue nella stessa direzione lungo tale strada fino ad incrociare, superato C. Muggione, l’acquedotto (331). Prosegue lungo quest’ultima strada verso ovest ed all’incrocio con il rio della Lubbia (quota 359) segue il sentiero in direzione ovest fino all’incrocio con la strada per Centomerli, risale questa verso nord per breve tratto e, all’altezza della quota 469, prosegue verso ovest e sud–ovest per il sentiero che passa a sud della quota 519; attraversa le quote 503, 535 e, sul proseguimento per una retta, raggiunge la strada per Degara: su tale strada prosegue verso ovest, attraversa il fosso delle Lubbie e, dopo circa 500 metri, prende il sentiero per Cà Borelli (quota 581) e quindi quello in direzione sud attraverso C. Mazucca e, sul proseguimento verso sud e sud–ovest, passando a sud di C. Vignola, raggiunge C. Pegni inferiore (quota 562). 3 Indi segue la strada in direzione ovest toccando Villa Vegni, C. Sermase e Valle per raggiungere la S.S. 461 in prossimità del Km 52,300; discende verso sud lungo questa ed a Campore prende la strada che in direzione nord incrocia a quota 496 il rio d’Assalto; discende questo corso di acqua verso sud fino alla confluenza con il T. Bobbio (quota 359) per proseguire poi lungo il sentiero che costeggia tale corso d’acqua in direzione est, e giunto alla quota 336, prosegue verso sud–ovest lungo il sentiero che raggiunge la strada per C. Fontanini; prosegue lungo questa verso sud–est toccando le quote 515, 477 e, alla quota 490 (C. Piani), prosegue in direzione est per il sentiero che tocca la quota 317 e raggiunge, a quota 321, la strada per Bobbio: prosegue lungo questa verso sud e passando ad ovest di C. Biase segue verso est per il sentiero che attraverso la quota 490 raggiunge la strada per C. Riva in prossimità della quota 446, percorre tale strada verso sud, raggiunge rio Riva e quindi verso nord–est segue il sentiero e raggiunge quota 456 per piegare poi in direzione sud–est raggiungendo il fiume Trebbia: risale tale corso d’acqua includendo San Salvatore e quindi seguendo il confine del comune di Bobbio, raggiunge al Km 90 la S.S. di Val Trebbia n. 45. Prosegue verso nord lungo tale strada e, alla quota 325 (Km 90) segue, in direzione est, una retta immaginaria che incontra la strada per Coli alla quota 585 sul confine comunale di Bobbio; prosegue verso nord lungo tale confine fino a Poggio Pianone incrociando un affluente di destra del fiume Trebbia, lo discende verso nord e, all’incrocio con la strada per C. Costa (quota 475), prosegue nella stessa direzione lungo questa raggiungendo C. Costa (quota 494). Da quota 494, segue verso nord il sentiero che, attraversando il fosso degli Aregli, raggiunge C. Mezza Cappella a quota 399 da dove prosegue verso nord–est per il sentiero che attraversa il fosso degli Armanni e poi piegando a nord–ovest, raggiunge C. Nuova (quota 400) e poi, a quota 356, il fosso che discende dal M. del Lago e confluisce nel Trebbia. Da quota 356, il fosso che discende dal M. del Lago e confluisce nel Trebbia. Da quota 356 discende questo corso d’acqua e raggiunge il Trebbia per discenderlo poi verso nord fino al ponte di Barberino (quota 242). Prosegue lungo S.S. Val Trebbia e, dopo circa un chilometro verso est a quota 248, risale il rio Scabbiazza e, a quota 430, prosegue verso nord per il sentiero che raggiunge Scabbiazza. Da Scabbiazza segue verso nord la strada per Roncaiolo toccando le quote 429, 381, 366, 352; da quest’ultima quota risale, verso sud–est, il fosso affluente del Trebbia e, in prossimità della sorgente, prosegue per il sentiero che in direzione nord–ovest raggiunge Roncaiolo. Da Roncaiolo prosegue in direzione sud-est per il sentiero che conduce a Costa Camminata e, superata la quota 424, incrocia nuovamente il confine comunale di Bobbio lungo il quale prosegue verso est e nord–est e, all’incrocio con il rio Secco, discende il corso d’acqua per circa 200 metri per prendere poi, verso est, il sentiero e quindi la strada per Ponte di Sopra che supera per seguire in prossimità della quota 290 il sentiero che verso est raggiunge il rio Armelio (quota 274). Risale questi verso sud sino alla quota 520, all’incrocio con la strada per Boioli: segue tale strada verso est fino a Casazza toccando le quote 533, 528, 546 e 567. Da Casazza prosegue verso sud sul sentiero che raggiunge quota 509 e, sul proseguimento nella stessa direzione, incrocia il rio Cane: discende quindi tale corso d’acqua e, alla quota 337, all’incrocio con la strada per Villanova, prosegue verso sud per tale strada. Dopo circa un chilometro alla quota 367, prosegue ad ovest per quella che attraversa Scagliotti e raggiunge Costa Rodi (quota 533). Da Costa Rodi segue verso sud il sentiero e poi la strada che in prossimità del ponte Verbucone incrocia quella per Biasini, prosegue su quest’ultima, attraversa Biasini e, sul proseguimento verso est, raggiunge il ponte sul Torrente Perino, risale verso nord tale corso d’acqua e, poco dopo M. Vecchio, segue la strada per Bacchetti verso est, passando per la circonvallazione sud (quota 426 e 441), su tale strada prosegue verso est per quella che porta alle case Moline e, proseguendo su quest’ultima, in direzione nord, passa ad est di Bocito e Belito fino a raggiungere a quota 598 case Matteo, da dove, per il sentiero verso ovest raggiunge il confine comunale di Travo. 4 Prosegue poi lungo questi in direzione nord fino a raggiungere la quota 656, nei pressi di M. Viserano, da dove, in direzione sud–est segue il sentiero che tocca la quota 614 e raggiunge Grilli; da Grilli segue verso est la strada per Cassinari e, proseguendo sulla medesima verso sud–est, raggiunge Torria e poi in direzione sud C. Invaga e, superata la quota 580, ad est di La Lama, raggiunge il bivio per la cava di pietra: dal bivio prosegue verso ovest lungo la strada per C. Mole che supera ed all’incrocio con il T. Olza discende questi verso est sino al ponte in prossimità della quota 323. Dal ponte segue verso sud la strada per breve tratto e poi il sentiero che, in direzione sud–ovest, attraversa le quote 351 e 457 per andare ad incrociare, alla quota 505, la strada per San Bernardino e lungo questa raggiunge tale centro abitato. Da San Bernardino segue verso est la strada per Selva, l’attraversa e, proseguendo raggiunge rio Barbarone (quota 514); ridiscende tale corso d’acqua e, alla confluenza nel rio dell’Osteria, risale quest’ultimo fino ad incrociare la strada in prossimità di C. Osteria: segue tale strada in direzione ovest e a C. Sartori prosegue sempre verso ovest fino a raggiungere Vigolo toccando la quota 608: da Vigolo segue una linea spezzata immaginaria verso nord–est facendo vertica Castelnardo e raggiungendo poi C. Zani (quota 544) da dove prosegue per la strada che raggiunge quella per Padri; all’incrocio prosegue lungo tale strada in direzione est attraversa Padri, Gragnano di Sotto, e proseguendo verso sud, raggiunge Riglio. Da Riglio prosegue in direzione sud per la strada che raggiunge Busa e poi Poggio da dove segue il sentiero in direzione sud–ovest raggiungendo Generesso: prosegue poi verso sud–est lungo la strada che raggiunge, a quota 407, il T. Riglio da dove risale verso nord–est per quella che raggiunge Montechino in direzione sud–est, segue la strada per Groppo Visdomo da dove verso est per la strada che costeggia le Rocche, raggiunge il rio Freddo a sud di Pierfrancesco, superata Cavadipietra: risale quest’ultimo corso d’acqua e, al ponte sulla strada per Carignone (Km 18,200), segue verso est e nord–est la strada che attraversa Guidi, Rustigazzo, Costa, Vicanino, Osteria a C. Bosconi; al Km 1,900 circa prosegue per il confine di Lugagnano Val d’Arda in direzione sud–est fino a raggiungere il t. Arda: risale questo corso d’acqua verso sud ed attraversato longitudinalmente il lago di Mignano, in direzione sud il corso d’acqua affluente del lago che incrocia la strada rivierasca in prossimità del Km 9 e, risalendo sempre questo corso d’acqua, incrocia presso Levori, il sentiero che, passando per quota 444, raggiunge in direzione nord e poi est l’abitato di Levori, in direzione est, segue la strada per Corti, costeggiando a sud–est il centro abitato, per seguire poi verso nord–est il sentiero a mezza costa dell’impluvio del lago di Mignano, sentiero che tocca le quote 465, 479, 514 e, a nord–ovest di M. Vidalto, raggiunge la miniera da dove segue la strada verso nord per Vitalta. Da Vitalta segue verso est la strada per Segadello e dopo breve tratto in direzione nord il sentiero per C. Farina e quindi verso nord–est la strada per Alessandroni e per Gallosi ed alla quota 471 quella che raggiunge la strada per Vernasca alla quota 465: segue quest’ultima verso est attraversando Ranca, Comini, Burgazzi, Silvani e poi all’incrocio con l’affluente del T. Stirone in prossimità del Km 10,100, ridiscende tale corso d’acqua fino alla confluenza raggiungendo così il confine di provincia. Risale verso nord–est tale confine che per buona parte si identifica con il T. Stirone e, poco dopo averlo allontanato, raggiunge la strada per Fornio (quota 124). Segue tale strada per nord-ovest toccando la Persica e C. Lolini fino ad incrociare, alla quota 155, la strada per Castelnuovo Fogliani e proseguire poi lungo questa, in direzione nord, raggiungendo il centro abitato. Da Castelnuovo Fogliani segue, in direzione nord–ovest, la strada che passa per Santa Maria di Latte e attraversato il R. Grattarolo raggiunge quella per Alseno (quota 89). Da quota 89 prosegue verso sud–ovest per Castell’Arquato e, prima di giungere a Villa San Lorenzo alla quota 146 (Km 1,900 circa) segue verso nord–ovest la strada per Cinta Anguissola che supera e raggiunge il T. Arda, prosegue lungo questi per circa un chilometro verso nord e all’altezza della strada per la Sforzesca la segue verso ovest, raggiunge la Sforzesca e verso nord C. Nuove Remondini da dove prende la strada in direzione ovest per torre Gazzola, che raggiunge. 5 Da Torre Gazzola segue, in direzione nord–ovest, il sentiero che incrocia la strada per Doppi, lungo questa prosegue verso sud–ovest toccando Giarola e verso sud Vigostano, da dove, in direzione ovest segue la strada che raggiunge quella per Vigolo Marchese al Km 21,300 circa; quindi lungo questa, verso nord–ovest, raggiunge il ponte sull’affluente del T. Chiavenna in prossimità del Km 20,500; risale il corso d’acqua in direzione sud sino ad incrociare la strada per Bastida e lungo questa verso nord–ovest, attraversa Bastida, Castello Turca di Sopra, Piacentino, e all’uscita di quest’ultimo, segue la strada che, piegando verso sud porta a C. Il Poggio, all’altezza delle quali (quota 134) segue verso sud il sentiero fino a raggiungere la cappella sul greto del T. Vezzeno. Risale quindi il corso d’acqua ed all’altezza di Torre Confalonieri prosegue verso ovest per quella che si immette in prossimità del Km 3 nella strada per Cimafava percorre quest’ultima verso nord per circa 200 metri e quindi, verso ovest, prosegue per quella che attraversa C. Nuova Riva e raggiunge il T. Riglio: ridiscende tale corso d’acqua verso nord ed al ponte delle C. del Riglio segue verso ovest la strada per Godi e, al Km 4 piega verso sud–ovest, attraversa Rizzolo, Torrano e raggiunge La Fratta da dove segue verso ovest, la strada per M. dei Fiaschi e, nella stessa direzione, il sentiero che raggiunge il T. Nure e quindi il confine comunale di Vigolzone: prosegue verso nord–est lungo tale confine ed all’altezza di Stradella segue verso ovest la strada per questo centro abitato. Da Stradella segue la strada verso sud fino a Cà Sgorbati e quindi verso ovest quella per M. Italia (quota 149) da dove prosegue verso ovest per il canale che, raggiunge la strada per Grazzano Visconti che segue per circa 400 metri verso nord e prosegue poi, in direzione ovest, lungo il canale, toccando le quote148 e 147 per incontrare il confine comunale di Vigolzone. Segue verso sud tale confine per breve tratto ed all’incrocio con rio della Bosella discende tale corso d’acqua sino ad incontrare la strada per Niviano (quota 127). Segue questa verso ovest, raggiunge Niviano, lo attraversa e per la S.S. n. 45, in direzione sud giunge a Rivergaro. Da Rivergaro prosegue verso ovest per la strada del greto del fiume, raggiunge il Trebbia e quindi il confine comunale di Rivergaro lungo il quale prosegue verso ovest e poi verso nord fino alla quota 114, a sud–ovest di C. Buschi sul greto del fiume Trebbia. Da quota 114 segue, verso nord–ovest, la sponda di sinistra del corso d’acqua fino all’abitato sud di Rivalta Trebbia per proseguire in direzione nord–ovest, lungo la strada per la scuola e, poco prima di giungervi, alla quota 132, segue quella verso ovest per Gazzola. Attraversa in direzione nord il centro abitato e, alla quota 136, segue verso ovest la strada per C. Vecchia ed alla quota 131, sul confine comunale di Gazzola, prosegue nella stessa direzione lungo il canale che affluisce nel T. Luretta alla quota 127; ridiscende il T. Luretta fino a C. Nuova ed alla quota 122 segue la strada verso ovest per Rivasso da dove prosegue prima verso nord e poi verso ovest per quella che conduce a Sarturano. In uscita nord da Sarturano (quota 134) segue in direzione nord-ovest la strada per Mirabello e prima di giungervi a La Palazzina, prosegue per quella che conduce a Grintorto, che supera a nord per seguire la strada che in direzione nord–ovest raggiunge il greto del T. Tidone. Risale tale corso d’acqua fino all’altezza di Fabbiano per seguire poi lungo la strada che in direzione nord–ovest e passando per la quota 143 raggiunge il centro abitato, lo attraversa fino ad incrociare ad Osteriazza la S.S. n. 142; prosegue lungo questa in direzione nord fino a raggiungere il borgo abitato di Borgonovo Val Tidone da dove è iniziata la delimitazione.
Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata di cui all’art. 1 devono essere quelle tradizionali delle zone di produzione di 6 cui all'art. 3 e, comunque, atte a conferire alle uve ed ai vini le specifiche tradizionali caratteristiche qualitative. Per la produzione di tutti i vini a DOC “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” sono pertanto da considerare idonei unicamente i vigneti ubicati in zona collinare–pedemontana, bene esposti, su terreni argillosi, preferibilmente di natura calcarea o calcarea–argillosa, spesso ferrettizzati, ciottolosi e ghiaiosi. I sesti d'impianto, le forme di allevamento a spalliera ed i sistemi di potatura dei vigneti (corti, lunghi e misti) destinati alla produzione delle uve della denominazione di origine controllata di cui all'art.1 devono essere quelli generalmente usati e comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini. È vietata ogni pratica di forzatura. È ammessa l'irrigazione di soccorso per un massimo di due volte all’anno prima dell'invaiatura. I vigneti di nuovo impianto e di reimpianto devono essere composti da almeno 3.000 ceppi ad ettaro per tutte le tipologie di vino. La resa massima di uva per ettaro in coltura specializzata dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata di cui all'art. 1, i rispettivi titoli alcolometrici volumici naturali minimi e le rese massime di uva in vino finito, devono essere i seguenti: ton/ha % Vol ORTRUGO DEI COLLI PIACENTINI O ORTRUGO – COLLI PIACENTINI 12,0 10,5 Nelle annate favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” devono essere riportati nei limiti di cui sopra, purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, fermi restando i limiti resa uva-vino per i quantitativi di cui trattasi al comma successivo. La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore al 70%. Dal 70 all'80 l'eccedenza non può essere rivendicata come denominazione di origine controllata. Oltre l’ 80% decade per tutto il prodotto il diritto alla denominazione di origine controllata. Le uve destinate alla produzione dei vini spumanti a denominazione di origine controllata “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” debbono assicurare un titolo alcolometrico minimo totale naturale del 9,50% vol.
Le operazioni di vinificazione, compreso la presa di spuma, la rifermentazione in bottiglia o in grandi recipienti, l'invecchiamento, l'affinamento in bottiglia e l'imbottigliamento di tutti i vini a denominazione di origine controllata “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” di cui all'art.1, debbono essere effettuati in provincia di Piacenza salvo quanto specificatamente previsto nel presente articolo. È consentito di effettuare le operazioni di vinificazione compreso la presa di spuma, la rifermentazione in bottiglia o in grandi recipienti, l'invecchiamento, l'affinamento in bottiglia e 7 l'imbottigliamento di tutti i vini a DOC “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” negli stabilimenti delle ditte site nel comune di Rovescala ad est del torrente Bardoneggia in provincia di Pavia. Conformemente all’articolo 8 del Reg. CE n. 607/2009, l’imbottigliamento o il condizionamento deve aver luogo nella predetta zona geografica delimitata per salvaguardare la qualità o la reputazione o garantire l’origine o assicurare l’efficacia dei controlli. È in facoltà del Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali su richiesta delle ditte interessate, consentire che le operazioni di vinificazione dei vini “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini”, siano effettuate in stabilimenti siti nel comune di Santa Maria della Versa e Rovescala, in Provincia di Pavia. Nella vinificazione sono ammesse le pratiche enologiche tradizionali, leali e costanti, pur tenendo opportunamente conto degli adeguamenti tecnologici e della ricerca atte a conferire ai vini derivati le peculiari caratteristiche. La denominazione di origine controllata dei vini “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” può essere utilizzata per designare il vino spumante ottenuto con mosti o vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti previsti, dal presente disciplinare, per i vini omonimi. Le operazioni di spumantizzazione dei predetti vini della denominazione di origine controllata “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” sia con il metodo classico o tradizionale che in grandi recipienti chiusi, devono essere effettuate in stabilimenti siti nell'ambito della provincia di Piacenza e negli stabilimenti siti nel comune di Rovescala in provincia di Pavia. La denominazione di origine controllata dei vini “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” può essere utilizzata per designare il vino frizzante che risponde alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare.
I vini di cui all’art.1 all'atto della immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche: “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini”: colore: paglierino chiaro tendente al verdognolo; odore : delicato, caratteristico; sapore: secco o abboccato, retrogusto amarognolo, tranquillo; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.; acidità totale minima: 5,0 g/l; estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l. “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” frizzante: colore: paglierino chiaro tendente al verdognolo; odore : delicato, caratteristico; sapore: fresco, fine, gradevole con retrogusto amarognolo; Spuma evanescente residuo zuccherino massimo 17 gr/lt titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.; acidità totale minima: 5,0 g/l; estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l. 8 “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” spumante : colore: paglierino chiaro tendente al verdognolo; odore : delicato, caratteristico; sapore: Brut o secco o abboccato, retrogusto amarognolo, titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.; spuma: persistente acidità totale minima: 5,0 g/l; estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l. È in facoltà del Ministero per le politiche agricole modificare con proprio decreto, per i vini di cui al presente disciplinare, i limiti minimi sopra indicati per la acidità totale e l'estratto non riduttore.
La menzione di vigna seguita dal toponimo, per tutti i vini a denominazione di origine controllata“Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini”, deve essere scritta immediatamente al di sotto della scritta denominazione origine controllata con caratteri di stampa di altezza, forma e dimensione non superiore al nome Gutturnio. Tali vini debbono essere immessi al consumo finale solo in recipienti di capacità inferiore a 5 litri e solo tranquilli. Alla denominazione di origine controllata di cui all'art.1 è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi: extra, fine, scelto, selezionato, vecchio e similari. È tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno il consumatore. Le indicazioni tendenti a specificare la attività agricola dell'imbottigliatore quali: viticoltore, fattoria, tenuta, podere, cascina ed altri termini similari, sono consentite in osservanza delle disposizioni UE e nazionali in materia. In considerazione della consolidata tradizione è consentita la commercializzazione di vino, avente residuo zuccherino superiore a quanto previsto dal presente disciplinare, necessario alla successiva fermentazione naturale in bottiglia, con la dicitura DOC “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” purché detto prodotto sia confezionato in contenitori non a tenuta di pressione di capacità da 10 a 60 litri.
Per tutti i vini a denominazione di origine controllata “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini”, è obbligatorio apporre sull'etichetta l'indicazione dell'annata di produzione delle uve. Per i vini a Denominazione di origine Controllata “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” sono ammesse tutti i tipi di chiusure previste dalla norma ad eccezione dei tappi a corona di quelli in plastica e salvo quanto previsto dal presente articolo. Per la tipologia “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” frizzante è consentito l’uso del tappo a fungo.
A) informazioni sulla zona geografica
1) fattori naturali rilevanti per il legame
Vocazionalità ambiente e terreno La zona di produzione delle uve comprende gran parte del territorio collinare ed include i comuni di Caminata, Nibbiano, Pianello Val Tidone , Piozzano, Ziano Piacentino. In parte i comuni di Borgonovo Val Tidone, Agazzano, Alseno, Bettola, Bobbio, Carpaneto Piacentino, Castell’Arquato, Castel S. Giovanni, Coli, Gazzola, Gropparello, Lugagnano Val D’Arda, Pecorara, Ponte dell’Olio, Rivergaro, S. Giorgio Piacentino, Travo, Vernasca e Vigolzone. Per Piacenza, tradizione enologica e priorità nella cura del vigneto sono due pilastri su cui si fonde la conoscenza e l’immagine dei vini DOC “Colli Piacentini”. Da qui il grande impegno dei viticoltori, delle proprie associazioni e degli istituti di ricerca verso studi sulla vocazionalità territoriale alla viticoltura e al vitigno e sul miglioramento delle tecniche e delle operazioni di elaborazione e vinificazioni dei vini. Significative le ricerche svolte dall’Istituto di Viticoltura dell’Università Sacro Cuore di Piacenza dal 1988 al 1991 e dal Consorzio di Tutela in collaborazione con il Ministero delle Politiche Agricole dal 1993 al 1995. I metodi di indagine utilizzata presentano degli aspetti innovativi che si basano sull’elevato grado di interdisciplina dello studio dell’interazione <>. Scopo della continua ricerca è la valutazione dell’effetto del pedotipo (insieme delle caratteristiche geologiche del suolo e della morfologia del paesaggio ad esso associato) sulle presentazioni vegeto–produttive e qualitative di alcune varietà di diversa destinazione enologica. Da un punto di vista climatico ambientale, la zona risulta caratterizzata da condizioni diversificate in modo significativo anche su distanze relativamente brevi per la presenza di conformazioni vallive parallele. Gli allineamenti vallivi, l’esposizione dei pendii, le depressioni orografiche particolarmente protette dai complessi collinari circostanti, sono fondamentali nel definire tali climi locali. In linea di massima si può quindi dire che la particolarità dei suoli può dare luogo localmente a sezioni vallive ben esposte all’insolazione e protette dalle correnti atmosferiche più fredde de umide, oppure a climi particolarmente ventosi sui contrafforti collinari e nelle valli maggiormente esposte alle masse d’aria instabili di origine marina. L’attiva ventilazione che caratterizza il comparto è legata alla circolazione di brezza e interviene sia ostacolando l’accumulo di umidità, sia l’intensità delle gelate. Le pendenze dei terreni vitati favoriscono la percolazione dell’acqua e la parziale disidratazione del suolo nel periodo di maturazione delle bacche, facilitando il deposito, negli acini, degli zuccheri e delle altre sostanze nobili della qualità. Le pendenze sono spesso ragguardevoli, per cui i costi di produzione risultano generalmente alti. Si trovano molti terreni calcarei, poveri di potassio perfettamente adatti agli spumanti, che richiedono uve acide e vini freschi che non <> nel tempo. 10 Ambiente climatico Il clima dell’area di produzione della DOC “Colli Piacentini” è quello temperato subcontinentale, con temperatura media annua compresa tra 10 e 14,5°C; da uno a tre mesi estivi la temperatura media è superiore a 20°C. La indicazione generale ha consentito nell’arco di 20 anni l’elaborazione di indici climatici, capaci di determinare i diversi microclimi al fine di definire su basi scientifiche una programmazione viticolo, i vitigni per ogni sottozona. La collina rispetto alla pianura è soggetta a minori escursioni termiche giornaliere ed annuali. In questa fascia altimetrica, soprattutto se ci si colloca nelle esposizioni più meridionali e relativamente distanti dai fondovalle, la temperatura media dei mesi più freddi risulta di 1–2°C più alta di quella della pianura, dando così origine ad inverni più umidi e con minore frequenza di gelo. Anche la temperatura dei mesi estivi risulta inferiore di 1–2°C a quella della pianura in virtù della maggior altitudine e del regime delle brezze, quindi l’estate è meno torrida e siccitosa rispetto alla pianura, con un bilancio idrico conseguentemente meno negativo. Sotto il profilo pluviometrico l’area viticola del territorio piacentino viene classificata nel regime sublitoraneo appenninico, che si caratterizza con una distribuzione di frequenza che presenta un massimo principale in autunno ed un minimo principale in estate, nonché un massimo secondario primaverile. Le precipitazioni annuali vanno da un minimo di 700–800 mm nella fascia pedo collinare a circa 1.000–1.100 mm al limite dei 500–600 m di altitudine. In conclusione il clima della fascia collinare si configura meno continentale e più temperato rispetto a quello della pianura e della montagna e, quindi, particolarmente adatto alla coltura della vite. La difesa altimetrica della prima e media collina, situata indicativamente tra i 200 e i 500 m. di altitudine, seppur ricompresa nel territorio a clima temperato sub continentale e a regime pluviometro sub litoraneo appenninico, presenta una singolarità climatica che la rende particolarmente vocata ad ospitare la viticoltura di qualità. Questa fascia è collocata al di sopra dello strato atmosferico interessato nel semestre freddo al fenomeno dell’inversione termica tipico della pianura (i primi 100–200 m. s.l.m.) ed è pertanto mediamente soggetta a minori escursioni termiche giornaliere ed annuali. Poiché inoltre la temperatura media mensile dei mesi più caldi risulta inferiore di 1–2°C a quella della pianura in virtù della sua maggiore elevazione e del regime delle bozze, l’estate è mediamente meno torrida e siccitosa con un bilancio idrico conseguentemente meno negativo. In quest’ambito si collocano diversi vitigni tra i quali particolarmente importanti e unici della DOC “Colli Piacentini”. È proprio su questi (Ortrugo, Malvasia di Candia aromatica, Barbera e Bonarda) che sono stati fatti i rilievi e i controlli di maggiore interesse. In particolare l’analisi dei prelievi di uva effettuata su Ortrugo, Malvasia di Candia aromatica, Bonarda e Barbera, ha portato alla costruzione di curve di maturazione che permettono di osservare l’evoluzione nel tempo dei componenti acidici e zuccherini della bacca. Con la continua ricerca, si tenta di affrontare l’argomento spinoso delle differenze comportamentali che si verificano durante la maturazione in ecosistemi differenti, seguendo un itinerario di studio e di comportamento il più possibile integrato, pur perseguendo l’obbiettivo di dare risposte pratiche e convincenti all’ambiente viticolo circa l’individuazione degli abiti ottimali per l’ottenimento di uve di qualità. Prese in considerazione sei distinte zone dei “Colli Piacentini” (AVT–BVT–AT–BVA–AVA– AVS), diversificate altimetricamente e controllando il comportamento dell’Ortrugo, Malvasia di Candia aromatica, Barbera e Bonarda, si sono ottenute risposte interessanti. L’Ortrugo è un vitigno che accumula molto zucchero ma, nel contempo, mostra la più bassa acidità, al contrario del Barbera che raggiunge livelli acidi sempre elevati. La disposizione termica della fascia dei territorio collinare “Colli Piacentini”, utili per la coltura della vite viene usualmente sintetizzata dagli indici bioclimatici di Winkler e di Huglin; l’indice di 11 Winkler in questa fascia oscilla tra 1500 e 1800°C con i valori più alti in corrispondenza dei versanti meridionali e delle altitudini inferiori, mentre l’indice di Huglin risulta compreso tra 1800° e 2000°C circa; questo campo di variabilità degli indici corrisponde sperimentalmente alle condizioni migliori di produzione di vitigni piacentini a bacca rossa, quali Barbera e Bonarda. La fascia altitudinale 200–450 m. s.l.m. del territorio centrale/orientale della provincia di Piacenza è l’area in cui l’indice assume i valori 1600–1700 e risulta centrale nella fascia altitudinale delimitata. Nell’ambito delle varie ricerche svolte è stato dimostrato infatti che per i vitigni controllati (Barbera e Bonarda per il vino Gutturnio), a parità degli altri fattori ambientali, esiste un optimum termico per fertilità delle gemme e per il grado zuccherino attorno a valori dell’indice di Winkler di 1600-– 1650 gradi giorno. Per ottenere prodotti che si distinguono dal punto di vista qualitativo, molto importante è capire e valutare la reazione che il vitigno ha con l’ecosistema nel quale è inserito. Determinante diventa l’ottimizzazione del rapporto tra vitigno e ambiente, cioè la scelta delle condizioni pedoclimatiche e colturali che consentono a quel vitigno di manifestare appieno le proprie potenzialità genetiche. L’analisi dei risultati, ottenuti correlando fra loro lo studio dell’evoluzione della maturazione e l’analisi sensoriale, ha permesso di classificare i diversi ambienti geopedoclimatici sulla base della interazione vitigno per ambiente a conferma delle capacità intrinseche della varietà di rispondere in modo differenziato ed estremamente preciso ai condizionamenti ambientali dimostrando di essere uno strumento di monitoraggio ambientale più sensibile rispetto ad una mera descrizione dell’ambiente per quanto sofisticata essa sia. Per quanto riguarda l’aspetto geopedologico il territorio della collina piacentina, vista la presenza di numerose valli, si presenta con una notevole variabilità. Infatti i dati riguardanti l’analisi dei terreni evidenziano l’alto contenuto di argilla, con tessitura fine, nei suoli localizzati in Val Tidone dove, peraltro, si riscontra una maggior ricchezza di K rispetto ai suoli della Val D’Arda e delle altre valli centrali della provincia. In Val Nure e Val Trebbia la maggior parte dei terreni presenta una granulometria con prevalenza di particelle limose con tessitura franco–limosa; una piccola parte presenta una tessitura equilibrata, a medio impasto, mentre un’altra buona parte ha una tessitura argillosa. Il 45% dell’area ha terreni subacidi, il 45% è neutro, mentre il restante 5% è subalcalino. L’area della Val Chero e della Val D’Arda è caratterizzata da terreni molto eterogenei. Nel 10% dell’area abbiamo suoli argillosi (parte centrale), nel 65% sono presenti suoli a tessitura franco– limosa, nella rimanente parte (25%), verso sud sono presenti suoli a tessitura equilibrata o grossolana (a medio impasto, franco sabbiosa e sabbiosa franco). La forma di allevamento più diffusa è quella a spalliera (Guyot doppio speronato) con l’introduzione, solamente nell’ultimo decennio, di altre forme d’allevamento a cordone permanente. Il sesto d’impianto più diffuso è quello di m. 2.20–2.50 tra le file e m. 2.00–2.50 sulla fila. Nessuna frase di carattere sembra essere stata scritta proprio per la vitivinicoltura piacentina come <>. Piacenza, nella storia della viticoltura nazionale, rappresenta un caso più unico che raro, racchiudendo nella sua origine, tradizione e vocazione tutti quegli elementi che ne fanno – senza presunzione – il simbolo più completo e più vero dell’<>.
2) fattori umani rilevanti per il legame
Piacenza da sempre produce vini ed il vino è coltura e tradizione; seppur influenze storiche, sociali, di migrazione e culturali ne hanno fatto una provincia spesso involontariamente poco conosciuta e relegata a figura comprimaria nella storia enologica italiana. Piacenza è <> da epoche remote: hanno impiantato viti i paleoliguri, gli etruschi, i romani; hanno fatto il vino dalle nostre parti i legionari latini, i galli, i celti. 12 Cultura Greca Etrusca Ma l’origine e la tradizione proviene ed è fondata sulle conoscenze greche: i viticoltori piacentini hanno sempre allevato la vite in forma bassa con le <> (<> di Columella) sostenendo che <<è il palo che fa l’uva>>. L’antica nobiltà dei vini piacentini è suffragata da tanti reperti e testimonianze uniche e inconfutabili. E con l’età del ferro, al primo millennio a.C., che gli abitanti delle terre mare palafitticole vicino al Po emigrarono verso le colline piacentine, fondando l’importante centro culturale e termale di Veleja e impiantando le prime viti. Tra il IV e il II sec. a.C. popolazioni galliche scesero in pianura padana (Gallia Cisalpina) e vi portarono le loro conoscenze vitivinicole, compreso un nuovo modo di conservare il vino e trasportarlo: la botte di legno assai più forte e robusta della terracotta. Famoso nel mondo è il Fegato Etrusco: ritrovato nel 1877 a Settima di Gossolengo, datato II sec. a.C., è un reperto bronzeo che riproduce l’organo anatomico di un bovino e presenta diverse iscrizioni fra cui quella del dio Fufluns, cioè un’ aruspice di abbondanza e di protezione, sia enoica che salutare. Gli etruschi erano colti, di carattere mite, il vino nei banchetti, rappresentava un elemento di amicizia e di convivialità, di uso parco non smodato: l’etrusco Saserna, il più noto agricoltore in terra piacentina, nel II sec. a.C. racconta che alla sua tavola si beveva il <>, il vino di bosco dell’Appennino piacentino. Cultura Latina Risalendo del buio di ere così remote, troviamo più vaste e più ricche documentazioni: i numerosi cocci di vasi vinari affiorati in Val Trebbia e in Val Nure, la preziosa patera trovata nel tardo ottocento sulle colline di Bicchignano; il bel vaso metallico decorato a sbalzo con tralci di vite e grappoli d’uva, dissepolto a Veleja nel 1760. I vini piacentini dovevano essere già più che famosi ai tempi dei romani. Basta sfogliare i classici latini per scoprire, per esempio, che dei nostri vini parlava perfino Cicerone quando nel Senato di Roma apostrofava il suo avversario e collega piacentino Pisone (padre di Calpurnia, moglie di Giulio Cesare) accusandolo di bere calici troppo grandi di vino di Piacenza. E’ sicuramente di questo periodo storico, nel massimo splendore dell’Impero Romano, la ricca forgiatura del primo grande bicchiere <>. Invece Licino Sestulo, che preferiva le lodi aperte alle frecciate polemiche, predicava nel Foro che <> cioè che il vino schietto di Piacenza aiuta a rasserenare lo spirito. Vino dei Papi Così come amavano i nostri vini per <> gli Sforza, il Piccinino ed il Colleoni. Beveva vini piacentini anche papa Paolo III Farnese <>. Tra un capolavoro e l’altro, si ristorava con i vini dei Colli Piacentini addirittura anche il grande Michelangelo, che li riceveva in botticelle (che poi il grande artista faceva travasare in fiaschi) dal piacentino Giovanni Durante, un faccendiere al quale Buonarroti aveva affidato la riscossione delle gabelle (circa 600 scudi d’oro all’anno) per i traghetti e l’uso del porto sul Po a Piacenza. 13 Il diritto a gabellare, Michelangelo lo aveva avuto da Papa Paolo III Farnese, finalmente nel 1535 come pagamento degli affreschi della Cappella Sistina. Nella <> di Andrea Bacci, edita esalta la qualità dei nostri vini, definendoli <>. Vino dei Re Il celebre generale piacentino conte Felice Gazzola li fece assaggiare a Carlo III di Spagna che gustandoli con soddisfazione esclamò:<>. Invece Filippo V quasi li esigeva dal suo primo ministro, il piacentino cardinale Giulio Alberoni, il quale li faceva giungere in Spagna in speciali fiasche, attraverso le valige diplomatiche in cui erano stipati anche il formaggio grana ed i prelibati salumi piacentini. Antichi documenti e cronache del tempo dimostrano che nella seconda metà del ‘600 i vini piacentini erano esportati in Francia. Vino di pregio Nel 1987 l’Office Internationale de la Vigne et du Vin ha insignito Piacenza dell’ambito titolo di “Città Internazionale della Vite e del Vino”, un prestigioso blasone che riconosce l’alta qualità e la nobiltà dei nostri vini. Il nome probabilmente deriva da Altrughe, Altrugo o Artrugo, nomi riportati nel bollettino ampelografico pubblicato nel 1875 e fa riferimento ad un vitigno coltivato nel circondario locale. Il primo autore che cita esplicitamente l’attuale termine è stato il Toni, nel 1927, quando sottolineava “ l’Ortrugo è incluso fra i “ principalissimi “ vitigni “ bianchi da vino della Provincia di Piacenza.; in un successivo elenco dei vitigni coltivati in Emilia-Romagna formulato da Domenico Cavazza, il nome Ortrugo non compare: ciò fa presumere che per un certo numero di anni l’Ortrugo abbia “ceduto” il passo alle più blasonate uve rosse.
B) informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico
L’Ortrugo è coltivato quasi esclusivamente in provincia di Piacenza. I caratteri espressi dalla varietà sono direttamente correlati alla geologia dei suoli, producendo una certa variabilità tra i terreni calcarei della Val Trebbia e quelli argillo-limosi della Val Tidone. E’ un vitigno tardivo che si giova delle temperature attive piuttosto elevate che caratterizzano il comprensorio collinare della collina piacentina. Le uve riescono ad esprimere concentrazioni zuccherine ed un quadro aromatico tale da rende i vini basi atti alla fermentazione per la produzione di “Ortrugo dei Colli Piacentini” o “Ortrugo – Colli Piacentini” frizzante o spumante. Solamente in alcuni terreni del placenziano ed in quelli a matrice calcarea l’Ortrugo esprime caratteri atti alla produzione di vini fermi secchi.
C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi della lettera A) e quelli della lettera B)
L’interazione Otrugo ambiente è nota ed è rilevata dai primi ampelografi ed agronomi piacentini. Il prof. Pallastrelli, direttore della Cattedra Ambulante riportava questi aspetti dell’“Agricoltura piacentina”, nel 1908. L’Ortrugo esprime una media concentrazione zuccherina, di flavonoidi e di sostanze aromatiche, salvo se posto in terreni molto poveri, di origine più antica rispetto alle fertili colline del Po. I vini sono quindi tendenzialmente frizzanti, poveri di colore con lieve componente aromatica che li rende particolarmente atti all’abbinamento a tavola. 14
Nome e Indirizzo: VALORITALIA SRL , Via Piave 24, 00187 Roma VALORITALIA S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c). In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).
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