Le Langhe, terra dei grandi vini rossi d'Italia
Da l'Enologo - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
di Gianni Fabrizio
Le Langhe sono riconosciute in tutto il mondo come terre di grandi vini rossi. Barolo e Barbaresco portano alta la bandiera dell'Italia. A parlarci di questi meravigliosi vini è stato Gianni Fabrizio, piemontese, uno dei massimi esperti in Italia e non solo della zona delle Langhe. Il testo che segue è stato tratto dalla registrazione del suo intervento.
Non sono un uomo di numeri, né di tecnologia. Sono un uomo di sensazioni, di sogni. Ciò che mi piace nel vino, e che trovo importante comunicare, è quello che mi trasmette. Credo che tutti voi siate venuti nelle Langhe almeno una volta nella vita, ma se così non fosse vi inviterei a fare subito una passeggiata in mezzo ai vigneti in questo periodo dell'anno per capire parecchie cose sul Nebbiolo. È un vitigno nascosto, che non si dona subito. Non è un vitigno di grande piacere, è un vitigno che nel passato non è stato amato proprio per questo e perché aveva dei “difetti”, che poi sono diventati sensazioni, sogni che lo fanno vendere oggi. A partire dal colore. Il Nebbiolo ha un colore non molto bello per un vino rosso, un colore che da subito ha delle sfumature mattonate qualche volta addirittura granate, che quindi appare già vecchio anche da giovane. Il Nebbiolo nel passato era un vino di serie B, mentre oggi i suoi "difetti" sono diventati la sua forza. Come i suoi aromi, che da giovani non sono mai fruttati. È un vitigno da invecchiamento in legno, che tende ad arrivare a dare sensazioni di complessità solo con l'età e a non concedersi mai da giovane.
Le Langhe terra del Nebbiolo, un vino molto complesso
Al palato sappiamo tutti com'è il Nebbiolo. Ha dei tannini asciutti. I miei amici francesi Borgognoni quando gli porto con fierezza una bottiglia di grande Langa da assaggiare mi dicono: “Sì però, ha questo tannino...”. Questo tannino loro non lo conoscono, è un tannino un po' difficile da giovane, ma è proprio grazie a lui che il Nebbiolo arriva a generare i grandi vini rossi come il grande Barolo, il grande Barbaresco e il grande Roero. L'invecchiamento lo fa diventare un qualcosa di molto vellutato, un qualcosa che riempie la bocca senza mai appesantirla. Non si vive di sogni ma i sogni, e di questo ne sono sicuro, aiutano a vendere meglio un territorio.
Il recente successo del Nebbiolo
Per capire il Nebbiolo bisogna parlare un po' di Piemonte. Ciò che ha dato da mangiare ai viticoltori piemontesi non è stato il Nebbiolo. Il Nebbiolo è un successo recente anche se è probabilmente il più antico dei vitigni. I viticoltori piemontesi hanno vissuto di Moscato e ancora oggi, se prendiamo i 43-44.000 ettari vitati del Piemonte, due vitigni coprono più della metà della sua superficie viticola: la Barbera, con quasi 14.000 ettari (ne ha 30 mila nel mondo e altri 6000 nel resto dell’Italia) e il Moscato, con quasi 10.000 ettari. Quindi Moscato e Barbera coprono più della metà degli ettari vitati in Piemonte.
Il Nebbiolo copre 4500-4700 ettari, il Dolcetto ne ha di più anche se sta calando. Quindi capite come il Nebbiolo sia stato un vitigno minoritario, anche se i “barolisti” dicevano: “noi abbiamo il re dei vini, il vino dei re” ... Sì, però non lo vendevano!
Ciò che ha dato da vivere a tante famiglie del Piemonte è stato il Moscato. Una delle tre aziende che assaggeremo oggi, la Ceretto, è di Valdivilla a Santo Stefano Belbo quindi zona di Moscato non di Barolo. Si sono trasferiti negli anni trenta, Riccardo Ceretto ha fondato questa azienda e poi sono arrivati i figli Marcello e Bruno Ceretto ma l'azienda è nata grazie ai soldi fatti con il Moscato. Un'altra famiglia importante è Colla, anche loro arrivano dalla zona del Moscato. Quindi chi ha dato i soldi per investire, per lavorare, per vivere è stato il Moscato, è stato l’Asti.
Il Nebbiolo è un vitigno molto schivo, prettamente pedemontano ed è un vitigno storico. Le prime testimonianze scritte sono della metà del 1200, quando venina chiamato “Nubiol” o “Nibiol”, quindi probabilmente la sua nascita è precedente.
Come sia nato e quali siano i suoi genitori non si sa. Secondo studi genetici si sa che ha dei parenti ancora esistenti, la Freisa ad esempio, ma non si conoscono i genitori: probabilmente si sono estinti. Vitigno molto antico significa che ci sono delle selezioni massali, delle sottovarietà che si sono create nell'arco degli anni e il Nebbiolo era conosciuto per le quattro sottovarietà che sono: Lampia, Miquet, Bolla e Rosè. Il Lampia è il più diffuso. Il Bolla è stato allontanato subito perché meno qualitativo. Il Miquet, che in piemontese significa pagnotta piccola, aveva dei grappoli molto piccoli e non molto compatti, quindi tendenzialmente, qualitativamente, era il più adatto. Il Rosè solo ultimamente ci si è resi conto che probabilmente non è Nebbiolo.
È un vitigno che ha bisogno di un lungo tempo vegetativo perché germoglia molto presto e matura tardi. In passato quando le rese erano più alte, quando il clima era più fresco non era raro vendemmiare anche a novembre e anche dopo qualche nevicata.
Ma il Nebbiolo non c'è solo nel Sud del Piemonte, il Nebbiolo potrebbe anche essere originario della Valtellina. Tendenzialmente ciò che è vero e che non si può confutare è che è un vitigno pedemontano della parte nord occidentale del nostro Paese.
In Italia 5500 ettari, nel mondo 6000 ettari, fuori dall'Italia c'è ben poco, un centinaio di ettari in California, un centinaio in Australia e in Argentina dove sono andati i nostri emigranti piemontesi, ma è comunque poco. Il Nebbiolo ha bisogno di un clima temperato e fresco; tolto da questo tipo di clima dà dei vini che possono sembrare "banali". Le caratteristiche positive, quelle che tutti noi amiamo in un Roero, in un Barbaresco e in un Barolo, nascono anche grazie all'aspetto climatico di queste zone.
Le tre zone delle Langhe, terra dei vini rossi
Nelle Langhe, siamo nel Sud del Piemonte in provincia di Cuneo, ci sono tre zone. La grande differenza è che due sono al sud della Valle del Tanaro, sulla destra del fiume (Barbaresco un po' più a nord e Barolo più a sud), mentre dall'altra parte c'è il Roero. Vi dicevo, circa 4000-4500 ettari vitati a Nebbiolo in Piemonte e buona parte di questi sono proprio in questa zona. Oggi il Barolo rappresenta circa 2000 ettari vitati mentre sono circa 750 gli ettari vitati del Barbaresco e circa 600 a Nebbiolo nel Roero, però attenzione non tutti sono a Roero Docg perché in quella zona si può anche produrre il Langhe e il Nebbiolo e Nebbiolo d'Alba.
Il Roero è costituito da 19 Comuni sulla parte sinistra del fiume Tanaro. In questa zona i terreni sono molto simili a quelli di Langa e a quelli del Barolo e Barbaresco. Roero e Barbaresco sono separati dal Tanaro, distanti solo 2-3 km in linea d'aria. Sono tutti terreni sedimentari di origine marina, da una parte sono marne più o meno ricche di calcare argilla o sabbia, dall'altra parte sono sabbie. Alcuni vigneti del Roero si caratterizzano per avere delle pendenze molto maggiori rispetto alla Langa, molto spesso sono dei vigneti difficili da lavorare e comunque solo a mano. Il terreno è sabbioso e si affonda.
Un ettaro di Nebbiolo nella zona del Roero è sui 150.000 euro, che è comunque basso rispetto ai prezzi del Barbaresco e del Barolo. Non a caso si sta verificando una cosa abbastanza particolare: molto spesso i barolisti, tradizionalmente, producono il loro primo vino a base Nebbiolo in questa zona del Roero per avere un vino Nebbiolo più facile da vendere e per non avere solo doppioni di Barolo, quindi avevano sia delle vigne sia dei conferitori d'uva in questa zona. Stiamo parlando di zone dove fino agli anni 40-50 c’era la miseria. Questa zona del Barolo, che oggi è così bella e ricca, che dà grande ricchezza ai produttori e ai ristoratori perché è diventato un sistema totale che funziona, non era così cinquant'anni fa. È una zona dove il vino si è sempre fatto, è dall’inizio del 900 che il Barolo e il Nebbiolo è così come lo conosciamo (prima era un rosatello, spesso molto dolce). Negli anni è diventato un vino importante ma è un vino blasonato nato in una zona povera. Zona povera significa non avere i soldi per cambiare le botti, che quindi venivano usate vecchie e malandate, con il rischio di avere vini che puzzavano e con acidità voltatile molto alta. I vini non venivano venduti e quindi si imbottigliavano solamente quando si dovevano vendere per non dover comprare bottiglie prima.
Succedeva che il vino veniva imbottigliato anche a 7-8 anni, quindi un vino vecchio. Quando sono arrivato in Piemonte nel 1985, era una zona morta. C'erano 4-5 aziende che vivevano bene, tutte le altre erano non dico alla fame ma potevi comprare tutti i vini che volevi.
I Barolo che normalmente erano in vendita in enoteca nell'85 erano degli anni '70, difficilmente trovavi Baroli degli anni '80, trovavi ancora vini del '71, del '78 nelle enoteche; quindi non si vendeva questo vino. Questa zona è cambiata molto rapidamente in poco tempo. Ma non pensate che quello che è successo lì era predestinato e rimarrà per sempre. Questa è stata una zona povera e povera ritornerà se non saprà gestire questo successo incredibile.
Le zone delle Langhe: Barbaresco e Barolo
La zona del Barbaresco è molto particolare: sono 3 Comuni più una frazione di Alba: Barbaresco, che ha dato il nome al vino, Neive e Treiso, che fino agli anni '50 era una frazione di Barbaresco. Nel passato in questa zona il vino che si vendeva era il Dolcetto. Mi raccontavano che una volta i produttori andavano fino a Torino a vendere il Dolcetto e regalavano 6 bottiglie di Barolo sperando che prima o poi iniziassero a comprarlo. Quella che oggi nel mondo sembra essere, insieme a Montalcino, la zona più vocata del vino italiano, e probabilmente è così, è una realtà relativamente recente, che per tanto tempo non aveva punti di riferimento.
Il Dolcetto era il vitigno preponderante e, a Treiso, fino alla metà degli anni '90, il vitigno più piantato, perché dava un buon prodotto che la gente amava. Il Nebbiolo è solo negli ultimi 15 anni che è diventato predominante per fare Barbaresco. Il prezzo dei vigneti in questa zona varia perché sono arrivati gli americani, investitori stranieri e grossi imprenditori di altri settori italiani quindi i prezzi stanno esplodendo. Recentemente sono stati venduti due ettari di un cru, buono ma non eccelso, a 2 milioni e mezzo di euro, 5 milioni per i due ettari. Secondo me un prezzo assurdo, ma questa è la realtà.
Per il Barolo, su certi cru, so di persone che sono disposte a spendere 5-6 milioni di euro a ettaro quindi stiamo parlando di follia pura. Non so se potrà durare. Quello che è certo è che chi è nato ieri e ha delle vigne è ricco oggi. Chi invece vuole mettersi a fare il vino oggi non deve iniziare da questa zona deve partire dalla Sardegna magari o dal Roero se ha un po' di soldi in più.
Il terreno del Barbaresco è costituito da marne molto simili a quelle della parte centro-occidentale del Barolo, dove si arriva a produrre dei vini moto armonici. Ciò che fa la differenza sono i microclimi e le esposizioni. I microclimi in queste zone sono veramente importanti: più andiamo verso sud è più la zona e selvaggia; più la zona è selvaggia più ci sono delle valli strette, più siamo distanti dal Tanaro più siamo distanti dalla maturazione precoce. Allora in ordine di maturazione c'è: prima il Roero, poi il Barbaresco e poi il Barolo. Più si va verso sud e verso ovest più ci avviciniamo alle montagne, le Alpi o gli Appennini; a Dogliani ci avviciniamo alle Alpi, nella zona del Barolo ci avviciniamo all'Appennino Ligure e non è tanto distante dalla zona dell'alta Langa, che sta diventando famosa oggi per la produzione di spumante. Più l'altitudine cresce, più il clima diventa fresco e c'è il clima adatto al Nebbiolo con delle escursioni termiche importanti che gli permettono di maturare tardi. Il Nebbiolo infatti, a basse quote e microclimi non adatti, matura troppo presto. Quello che per tutti i vitigni sarebbe un vantaggio per il Nebbiolo è uno svantaggio perché i vini che ne derivano sono più banali. Ha bisogno del freddo per maturare lentamente e per conservare acidità prima di tutto e profumi. Le altitudini variano da 200 a 500 metri ma non sono solo le altitudini sono proprio i microclimi che sono diversi.
La zona del Barolo è stata una zona ricca quando c‘erano i Marchesi Falletti, che erano i proprietari di quasi tutti i vigneti poi passati in parte alla casa Savoia, poi agli eredi della casa Savoia che sono finiti in Fontanafredda. Non è mai stata una zona dove tutte le terre sono state in mano al clero e alla nobiltà, buona parte della coltivazione è sempre stata fatta dai contadini.
I contadini che imbottigliavano nella zona del Barolo risalgono a fine 800 quindi ci sono delle bottiglie contadine: i vari Rinaldi, i vari Barale di fine 800 sono bottiglie rarissime ovviamente ma esistono. L'etichetta più vecchia che si conosca di Barolo riporta "Cannubi" non Barolo, quindi si va addirittura dentro una menzione geografica aggiuntiva, si va dentro un Cru storico; c’era quindi proprio l'abitudine di legare il gusto e le sensazioni di un vino a quella della collina dove nasceva.
Nella zona di La Morra, la collina più alta arriva a 700 metri che protegge abbastanza i vigneti, in questo caso i terreni sono più un po' più ricchi di sabbia e quindi vengono comunque dei vini ottimi. Nella parte occidentale del Barolo abbiamo i comuni di Verduno, Barolo, La Morra, Novello, Cherasco dove ci sono vini più armonici e immediati.
Poi ci sono le vigne di Serralunga, Castiglione Falletto e Monforte; la parte orientale ha dei terreni più compatti e origina dei vini meno profumati ma più tannici, un po' più longevi se vogliamo.
Noi qui oggi andremo a considerare solo le tre Docg importanti. Tra le tre, la più recente e la meno nota, quella che ha più difficoltà ad emergere visto che ha un concorrente molto forte in casa anche se si tratta di un vino bianco che è l’Arneis, è il Roero. Il Roero è la meno nota di queste Doc però ha un senso vero e proprio di esistere.
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