Scoperto un tesoro sotto le vigne dell'Amarone della Valpolicella
Da l'Enologo - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
di Daniele Accordini
La riscoperta dei mosaici lo scorso maggio a Villa di Negrar di Valpolicella ha fatto il giro del mondo. La notizia è stata rilanciata persino dalla Cnn suscitando grande clamore e interesse. Intendiamoci, il grandissimo valore culturale del sito archeologico è innegabile, ma visto che la Villa romana è stata scoperta dagli studiosi un secolo fa, a contribuire alla notorietà internazionale dei recenti scavi è stata certamente anche la fama raggiunta oggi nel mondo dall'Amarone, in quanto i reperti riposano sotto vigne di Corvina, Corvinone e Rondinella. Possiamo quindi dire, una volta ancora, che il vino è veicolo di cultura e storia, dalla Valpolicella a tutto il mondo.
La storia del ritrovamento dei mosaici
La Villa di Negrar di Valpolicella era una residenza romana risalente al II - III secolo d.C. con annessa pars rustica per la lavorazione e la conservazione dei prodotti agricoli, in particolare i “vini retici”, tanto famosi nel mondo romano. Occasionalmente ritrovata nel 1886 in frazione Villa, a poco più di un chilometro a nord del centro di Negrar di Valpolicella, durante alcuni lavori agricoli. Fu oggetto di studio negli anni successivi fino al 1891.
Fu lo stesso proprietario del terreno, Giovanni Battista Caprini, a richiedere l’intervento della Commissione Consultiva Conservatrice di Belle Arti e Antichità dopo che, a seguito di una tremenda alluvione, il torrente Progno straripò, depositando molta ghiaia sul campo denominato le "Tre Cortesèle".
Durante i lavori di sistemazione, riaffiorarono i resti della pavimentazione a mosaico. La Commissione, dopo alcune difficoltà, tra cui anche il disinteresse dell’allora sindaco Pietro Sagramoso, riuscì a portare alla luce i magnifici pavimenti policromi: alcune foto dell’epoca documentano le diverse stanze e i fregi. Tre mosaici furono asportati su pannelli musivi e portati al museo Civico di Verona, causandone purtroppo il danneggiamento.
Successivamente il proprietario, Giovanni Battista Caprini, vendette il podere Corteselle, la proprietà passò a Marcello Zantedeschi, il quale facendo dei lavori di aratura proprio nella zona che insisteva sulle strutture romane mise allo scoperto "due teste di cavallo in mosaico di fattura accurata" nel 1922.
Nel 1974, durante i lavori per la costruzione dell’abitazione di proprietà della famiglia Giacopuzzi-Bronzo, si trovò un altro locale, e la zona da allora rimase vincolata e pur non essendo completamente esplorata si individuò un’area di 270 metri quadri interessata all’edificio che si cerca oggi di esplorare più completamente.
Una testimonianza molto antica
“Il carattere dominante dei mosaici di Negrar è la suddivisione geometrica delle superfici pavimentali, con impiego di un repertorio che in parte appartiene ad una tradizione consolidata, in parte preannuncia il gusto del tardo antico, come la croce a treccia e l’ottagono, spesso inseriti come elemento di scissione nell’antico disegno della stella a otto losanghe.
L’altro carattere dominante è la policromia, nei colori bianco o biancastro, rosato, rosso nelle varie gradazioni, giallo, verde, viola, grigio-nero. Come era consuetudine, i maestri tessellari usarono materiali locali (calcari della stessa Valpolicella, cioè di Torbe, S. Ambrogio e Prun, per il bianco il rosato il viola; della Gardesana orientale, da Torri del Benaco, per il giallo; della Valpantena, da Roveré di Velo, per il grigio-nero). Per le varie gradazioni del rosso furono preferite le tessere in cotto, secondo una tecnica non molto diffusa e ritenuta tarda; e per le gradazioni del verde in alcuni dettagli degli emblemata le preziose paste vitree".
Federica Rinaldi, nello studio “Motivi geometrici e temi figurati nelle pavimentazioni musive della villa romana di Negrar “ sempre edito nell’Annuario Storico della Valpolicella riporta: “Per quanto riguarda, l’aspetto più propriamente iconografico, la tipologia dei volti dei fanciulli sembrerebbe rientrare in un panorama artistico comune tra il III e IV secolo d.C.: il largo mento rotondo, le guance piene e paffute, la fronte bassa, il naso corto e piatto con piccole narici circolari, la bocca sottile, gli occhi ovaleggianti racchiusi da sopracciglia arcate, i capelli pettinati in avanti, lisci o mossi con boccoli corti, rientrano in un gusto stilistico che trova confronto in molti dei soggetti attestati sui mosaici con raffigurazioni di ludi circenses, di pesca e di vendemmia, aventi per protagonisti giovani amorini.”
Ora gli intrecci variopinti, conservati sotto due metri di terra, si mostrano in tutta la loro bellezza colorata agli occhi del mondo grazie ai tecnici della Soprintendenza di Verona, guidati da Gianni De Zuccato che hanno eseguito un carotaggio mirato del suolo, scoprendo parzialmente i resti del manufatto, con un obiettivo preciso: identificare l'esatta estensione e l’esatta collocazione della antica costruzione.
L'opera della cantina Valpolicella Negrar
Nella parte di vigneto della famiglia Giacopuzzi-Bronzo, socia di Cantina Valpolicella Negrar, in cui si sono svolti lavori di scavo e carotaggio per riportare alla luce i pavimenti a mosaico, secondo De Zuccato dovrebbe esserci la parte della villa destinata al ricovero degli attrezzi, la "barchessa" , pars rustica della villa. Anche le uve da loro prodotte contribuiscono a dar vita all'Amarone di Cantina.
Valpolicella Negrar, che già nel 2011 aveva intuito il grande valore storico della Villa romana, immortalandone nome e reperti in un progetto vinicolo dal valore culturale che ha dato come risultato 5 vini Amarone, uno per ogni vallata della Valpolicella classica. Tra questi, per l'appunto, l'Amarone Villa Espressioni, la cui etichetta è dedicata ai mosaici ritrovati in località Villa, un frammento conservato nel Museo Archeologico al Teatro Romano di Verona.
L'eco suscitata dal ritrovamento è un'ulteriore conferma della bontà del progetto culturale condotto per circa un decennio da Cantina Valpolicella Negrar nei vigneti della Valpolicella classica per scoprirne le diversità e le originalità territoriali, suggellandone l'importanza con nomi ed etichette riconducibili alla storia del territorio d'origine.
Peraltro, il presidente di Cantina Valpolicella Negrar, Renzo Bighignoli, ha già dato disponibilità, previo via libera della Sovrintendenza, a creare una cordata di imprese e cantine in grado di supportare un sito archeologico di grande importanza per la Valpolicella e il Veneto, un unicum per rarità e bellezza dei colori dei mosaici. "Il nostro obiettivo - ha detto il presidente - rimane sempre quello: produrre l'Amarone identificativo di un territorio che, nel suo Dna, porta secoli di storia".
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