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Collina del Milanese IGT

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Lombardia

Disciplinare di produzione dei vini a IGT “Collina del Milanese”

Approvato con DM 18.11.1995 G.U. 285 - 06.12.1995 Modificato con DM 24.07.2009 G.U. 184 - 10.08.2009 Modificato con DM 30.11.2011 G.U. 295 – 20.12.2011 Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf Sezione Qualità e Sicurezza Vini DOP e IGP Modificato con D.M. 12.07.2013 Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf (concernente correzione dei disciplinari) Sezione Qualità e Sicurezza - Vini DOP e IGP

Articolo 1 - Denominazione

La indicazione geografica tipica "Collina del Milanese" , accompagnata o meno dalle specificazioni previste dal presente disciplinare o produzione, è riservata ai mosti e ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti in appresso indicati.

Articolo 2 - Tipologie di vini e relativa base ampelografica

L?indicazione geografica tipica “Collina del Milanese” è riservata ai seguenti vini: - Bianchi, anche nelle tipologie frizzante e passito; - Rossi, anche nelle tipologie frizzante e novello; - Rosati, anche nella tipologia frizzante.
I vini ad indicazione geografica tipica “Collina del Milanese” bianchi, rossi e rosati devono essere ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell’ambito aziendale, da uno o più vitigni idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia ed iscritti nel Registro Nazionale delle varietà di vite per uve da vino, approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare.
L’indicazione geografica tipica “Collina del Milanese” con la specificazione di uno dei vitigni idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia è riservata ai vini ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell’ambito aziendale, per almeno l’85% dai corrispondenti vitigni. Possono concorrere, da sole o congiuntamente alla produzione dei mosti e vini sopra indicati, le uve dei vitigni a bacca di colore analogo, non aromatici, idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia, fino ad un massimo del 15%.
I vini ad indicazione geografica tipica “Collina del Milanese” con la specificazione di uno dei vitigni di cui al presente articolo possono essere prodotti anche nella tipologia frizzante. Il vino ad indicazione geografica tipica “Collina del Milanese” passito deve essere ottenuto dalle uve provenienti da uno o più vitigni aromatici idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia: qualora il vino ad indicazione geografica tipica “Collina del Milanese” passito provenga per almeno l’85% dal vitigno Verdea, può portare nella sua presentazione il riferimento di detto vitigno.

Articolo 3 - Zona di produzione delle uve

La zona di produzione delle uve per l?ottenimento dei mosti e dei vini atti ad essere designati con l?indicazione geografica tipica “Collina del Milanese”, comprende la parte collinare del territorio amministrativo del comune di San Colombano al Lambro in provincia di Milano, dei comuni di Graffignana e Sant?Angelo Lodigiano in provincia di Lodi, di Inverno e Monteleone, Miradolo Terme, in provincia di Pavia.

Articolo 4 - Viticoltura

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini di cui all’art. 2 devono essere quelle tradizionali della zona. La produzione massima di uva per ettaro di vigneto in coltura specializzata, nell’ambito aziendale, per i vini ad indicazione geografica tipica “Collina del Milanese” non deve essere superiore a tonnellate 18 per i bianchi, rossi e rosati; per i vini ad indicazione geografica tipica “Collina del Milanese” con la specificazione del vitigno a tonnellate 16. Le uve destinate alla produzione dei vini ad indicazione geografica tipica “Collina del Milanese”, seguita o meno dal riferimento del vitigno, devono assicurare ai vini il titolo alcolometrico volumico naturale minimo di: - 9,50% vol per i bianchi; - 10,00% vol per i rosati; - 10,00% vol per i rossi; - 11,00% vol per il passito da Verdea.
Nel caso di annate particolarmente sfavorevoli, detti valori possono essere ridotti dello 0,5% vol.

Articolo 5 - Norme per la vinificazione

Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche atte a conferire ai vini le proprie peculiari caratteristiche. Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delle uve delimitata all’art. 3. E’ fatta salva la deroga prevista all’art.6, comma 4, secondo capoverso, del Regolamento CE n. 607/2009 per effettuare la vinificazione al di fuori della predetta zona delimitata fino al 31 dicembre 2012. La resa massima dell’uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore al 80% per tutti i tipi di vino, ad eccezione della tipologia passito, per la quale non deve essere superiore al 50%.

Articolo 6 - Caratteristiche del vino al consumo

I vini ad indicazione geografica tipica “Collina del Milanese”, anche con la specificazione del nome del vitigno, all’atto dell’immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:
“Collina del Milanese” bianco: colore: paglierino o paglierino più o meno intenso; odore: delicato, caratteristico; sapore: armonico, talvolta abboccato, fresco, giovane, tranquillo o vivace; titolo alcolometrico volumico minimo: 10,00% vol; acidità totale minima: 5,00 g/l; estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l;
“Collina del Milanese” rosso: colore: rosso rubino di varia intensità; odore: vinoso, caratteristico; sapore: asciutto o abboccato, sapido, fresco, giovane, tranquillo o vivace; titolo alcolometrico volumico minimo: 10,50%; acidità totale minima: 4,50 g/l; estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l;
“Collina del Milanese” rosato: colore: rosa di varia intensità; odore: vinoso, floreale; sapore: asciutto o abboccato, sapido, fresco, giovane, tranquillo o vivace; titolo alcolometrico volumico minimo: 10,50%; acidità totale minima: 4,50 g/l; estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.
“Collina del Milanese” passito: colore: giallo dorato di varia intensità o leggermente ambrato; odore: aromatico, delicato; sapore: dolce, armonico, vellutato; titolo alcolometrico volumico minimo: 11,00%; acidità totale minima: 3,50 g/l; estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l; acidità volatile massima: 25 meq/l.
I vini ad indicazione geografica tipica “Collina del Milanese” con la specificazione del nome del vitigno, all’atto dell’immissione al consumo, oltre alle caratteristiche sopra specificate per i vini del corrispondente colore, devono presentare le caratteristiche organolettiche proprie del vitigno.
I vini a indicazione geografica tipica “Collina del Milanese”, anche con la specificazione del nome del vitigno, prodotti nelle tipologie novello e frizzante, all'atto dell'immissione al consumo, devono avere il seguente titolo alcolometrico volumico totale minimo: “Collina del Milanese” novello 11,00% vol; “Collina del Milanese” frizzante 10,00% vol.

Articolo 7 - Designazione e presentazione

Alla indicazione geografica tipica “Collina del Milanese” è vietata l?aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi extra, fine, scelto, selezionato, superiore e similari. È tuttavia consentito l?uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati, purchè non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore. 4
L’indicazione geografica tipica “Collina del Milanese”, ai sensi dell’art. 14 del DLgs 61/2010, può essere utilizzata come ricaduta per i vini ottenuti da uve prodotte da vigneti coltivati nell’ambito del territorio delimitato nel precedente articolo 3 e iscritti allo schedario viticolo per le relative denominazioni di origine, a condizione che i vini per i quali si intende utilizzare l’indicazione geografica tipica di cui trattasi abbiano i requisiti previsti per una o più delle tipologie di cui al presente disciplinare.

Articolo 8 - Legame con ambiente geografico

A) Informazioni sulla zona geografica.

Fattori naturali rilevanti per il legame

La zona geografica delimitata ricade nella parte centro meridionale della Lombardia e comprende un territorio collinare nel mezzo della Pianura Padana, a sud di Milano, tra la Pianura Lodigiana e la bassa Pavese. L?amministrazione spetta a tre province: Pavia, la parte sud-ovest, con i comuni di Miradolo Terme e Inverno Monteleone; Lodi, la parte nord-ovest, con i comuni di Graffignana e Sant?Angelo Lodigiano; Milano, la parte ad est con San Colombano al Lambro. La collina si alza dalla pianura mediamente di 75 metri con dislivelli che possono superare il 30%. Ha un?estensione da est ad ovest di 7 km per una larghezza di circa 2 km. L?origine geologica della “Collina del Milanese” è stata studiata a lungo e oggi sembra appurato che si tratta di un?appendice degli appennini il cui cordone di collegamento è stato tagliato dal fiume Po. Altre ipotesi sostengono che la collina sia emersa in un?epoca successiva alla miocenica, per la natura corallifera, giustificando i ritrovamenti di coralli e conchiglie. Il versante sud della collina è composto da alcune vallate allungate verso il Po proprio a causa delle dirette erosioni, mentre la parte a nord, verso il Lambro, il profilo è più uniforme. Dal punto di vista del pedopaesaggio i sottosistemi rappresentati sono per oltre il 90% della superficie riconducibili a terrazzi antichi rilevati sulla pianura costituiti da materiali fluvioglaciali grossolani; terrazzi ribassati rispetto ai primi; una porzione meridionale di pianura costituita da sedimenti fluviali fini tra Miradolo Terme e Monteleone; parte di pianura alluvionale inondabile, attraversata dal Cavo Nerone, sostituita da sedimenti recenti od attuali in zona di Miradolo Terme. Il clima dell?area è tipico della pianura Padana con una piovosità media annuale di circa 700-800 mm, con un minimo di precipitazioni nella stagione estiva ed invernale, ed il massimo collocato in primavera ed autunno.

Fattori umani rilevanti per il legame.

La presenza della viticoltura sulla “Collina del Milanese” risale all?epoca romana, spiegando così i numerosi ritrovamenti archeologici che rappresentano l?indice evidente della presenza di numerosi micro-insediamenti sparsi su tutta l?area, ma soprattutto in prossimità delle pendici del colle volte ad oriente. Nelle epoche successive questa vocazione venne perfezionata dal santo irlandese, San Colombano. È stata riconosciuto come IGT nel 1995 con il D.M. del 18-11-1995 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.285 del 6-12-1995 L?importanza dell?impegno umano dedicato alla zona di produzione ha definito i seguenti aspetti tecnico produttivi, che sono parte del vigente disciplinare di produzione: - base ampelografica dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione dei vini in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell?area geografica considerata. - le forme di allevamento, i sesti di impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l?esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma. - le pratiche relative all’elaborazione dei vini, che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in rosso dei vini tranquilli.

B. Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuiti all’ambiente geografico

I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all?articolo 6, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all?ambiente geografico. In particolare tutti i vini rossi presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate.

C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B)

L?orografia collinare dell?areale di produzione e le varie esposizioni da sud-est a sud-ovest, concorrono a determinare un ambiente luminoso, che insieme alle caratteristiche pedologiche rende la zona particolarmente vocata per la coltivazione dei vigneti. In particolare i terreni all?interno della “Collina del Milanese” hanno diverse conformazioni, in base alla esposizione e all?origine della collina con le sue numerose variabili. In genere si hanno suoli da moderatamente profondi a profondi, con tessiture da fini a moderatamente grossolane con presenze scarse di scheletro in superficie. La reazione dei suoli cambia molto facilmente lungo la pendenza della collina, passando da alcalina a sub-acida, con contenuti di calcare attivo medi e CSC medie o elevate. Generalmente si trovano capacità drenanti discrete grazie alla presenza di scheletro in profondità. Le altitudini variano da 45 a 120 m s.l.m. con pendenze che oscillano dall?1 al 30%. Queste ultime sono più elevate nella zona della collina esposta a sud, andando a diminuire seguendo la collina a ovest, verso Miradolo Terme e Inverno Monteleone con tratti sempre più pianeggianti. La diffusione della viticoltura nella zona della “Collina del Milanese” risale all?epoca dell?impero Romano, dimostrata da un documento del 918 d.c. in cui l?imperatore Corrado I menziona la zona vitivinicola. È da sottolineare l?addensarsi di ritrovamenti archeologici che rappresentano l?indice evidente della presenza di numerosi micro insediamenti sparsi su tutta l?area, ma soprattutto in prossimità delle pendici del colle rivolte ad oriente. Alcune ricerche evidenziano che i tanti insediamenti erano agevolati dalla comunicazione diretta e abbastanza rapida da Milano capitale: oltre alla autostrada fluviale rappresentata dal Lambro, vi era una via terrestre denominata il sentiero per Milano, collegata alla importante Ticinum-Placentia. Nelle epoche successive tale vocazione venne potenziata, perfezionata e arricchita, a partire dal medioevo da San Colombano, che recuperò la zona in decadenza a seguito del progressivo crollo dell?Impero Romano. Nell?età Carolingia il ripopolamento e il riutilizzo delle zone agricole venne infatti promosso dai monasteri di San Colombano di Bobbio e di Santa Cristina di Corteolona, permettendo il commercio con i mercati di Milano, Pavia e Lodi. Negli anni successivi vennero potenziate queste vie di comunicazione portando la viticoltura al secondo posto subito dopo i cereali. Significativo il fatto che gli affittuari dovevano versare all?amministrazione del monastero un terzo del raccolto in cereali, ma la metà del prodotto in vino, che a sua volta veniva venduto ai commercianti. Nel 1396 Gian Galeazzo Visconti fondò la Certosa di Pavia includendo anche 1290 ettari della zona Banina. I contratti agrari che seguirono, venivano attuati con canoni decisamente contenuti favorendo l?insediamento di nuove comunità. Da un documento risulta che in 1729 pertiche a vigna nel 1437 crescevano 22579 ceppi, di cui poco più della metà in vigneto specializzato e poco meno della metà in filari, intercalati a strisce a prato o a seminativo. Più di due terzi di questi filari era costituito da viti maritate. È intuibile che nelle aree più adatte alla coltivazione dei vigneti più pregiati fossero inseriti i vigneti specializzati. Nei documenti relativi alla consegna agli affittuari delle terre da coltivare risultano elencati anche strumenti enologici: torchi, tini, bigonce, botti, ecc. la tipologia dei vitigni cui sopra abbiamo fatto riferimento è ben evidenziata dal Bacci nel suo monumentale trattato del 1595, in sette libri. Egli, descrivendo vitigni e vini del territorio a sud di Milano, dopo un riferimento puramente geografico a Lodi, in sostanza focalizza solo la vitivinicoltura di San Colombano. All?inizio del „600, la viticoltura era ben consolidata e da un?indagine risultava che 8/10 del territorio erano vitati e che la produzione annua media di vino era di circa 20000 hl. Nel 1938 la superficie raggiunse circa 820 ettari di vigneto specializzato con una produzione di 115000 q.li di uva. Nell?ultimo decennio del „900 l?estensione agraria del comune era di circa 1000 ha di cui 250 ha a vigneto. Questa superficie è suddivisa in 380 aziende, con una media inferiore all?ettaro per azienda. È stata riconosciuto come IGT nel 1995 con il D.M. del 18-11-1995 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.285 del 6-12-1995.

Articolo 9 - Riferimenti alla struttura di controllo

Nome e Indirizzo: Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – ICQRF – Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari – Via Quintino Sella, 42 – 00187 ROMA L’?Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari è l’?Autorità di controllo competente del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’?articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’?articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera b) e c), ed all’articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della IGP, mediante una metodologia dei controlli nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento) effettuata selezionando casualmente un numero minimo di soggetti individuati mediante un?analisi di rischio, conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera a). In particolare, tale verifica, che per quanto concerne il prodotto finito consiste nel solo esame analitico (conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lett. b) e articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009), è espletata nel rispetto delle disposizioni previste dall’articolo 13 del citato decreto legislativo n. 61/2010 e dal DM 31 luglio 2009 (GU n. 230 del 3-10-2009), così come modificato con DM 30 luglio 2010 (GU n. 244 del 18-10-2010) e con DM 11 luglio 2011 (GU n. 219 del 20-09-2011) (Allegato 3).

Tutti i contenuti di questa sezione sono stati gentilmente forniti dal MIPAAF - Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali