Tu sei qui

Sovana DOC

Regioni interessate

Toscana

Disciplinare di produzione dei vini a DOC “Sovana”

Approvato con DM 20.05.1999 Modificato con DM 12.11.1999 Modificato con DM 22.11.2011 G.U. 126 – 01.06.1999 G.U. 276 – 24.11.1999 G.U. 294 – 19.12.2011 Modificato con DM 30.11.2011 G.U. 295 – 20.12.2011 Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf Sezione Qualità e Sicurezza - Vini DOP e IGP Modificato con D.M. 12.07.2013 Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf (concernente correzione dei disciplinari) Sezione Qualità e Sicurezza - Vini DOP e IGP

Articolo 1 - Denominazione

1. La denominazione di origine controllata «Sovana» è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti previsti dal presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

«Sovana» Rosso «Sovana» Rosso Superiore «Sovana» Rosso Riserva «Sovana» Rosato «Sovana» Aleatico Superiore «Sovana» Aleatico Riserva «Sovana» Aleatico Passito «Sovana» Aleatico Riserva Passito «Sovana» Cabernet Sauvignon Superiore «Sovana» Cabernet Sauvignon Riserva «Sovana» Ciliegiolo Superiore «Sovana» Ciliegiolo Riserva «Sovana» Merlot Superiore «Sovana» Merlot Riserva «Sovana» Sangiovese Superiore «Sovana» Sangiovese Riserva.

Articolo 2 - Base ampelografica

1. I vini a denominazione di origine controllata «Sovana» devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell’ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

«Sovana» Rosso, «Sovana» Rosso Superiore, «Sovana» Rosso Riserva e «Sovana» Rosato: Sangiovese: almeno il 50%. Possono concorrere alla produzione di detti vini, fino a un massimo del 50%, le uve a bacca rossa provenienti da altri vitigni idonei alla coltivazione per la regione Toscana.

«Sovana» Aleatico Superiore, «Sovana» Aleatico Riserva, «Sovana» Aleatico Passito e «Sovana» Aleatico Riserva Passito Aleatico: minimo 85%. Possono concorrere alla produzione di detti vini, fino a un massimo del 15%, le uve a bacca rossa provenienti da altri vitigni idonei alla coltivazione per la regione Toscana.

«Sovana» Cabernet Sauvignon Superiore e «Sovana» Cabernet Sauvignon Riserva: Cabernet Sauvignon: minimo 85%. Possono concorrere alla produzione di detti vini, fino a un massimo del 15%, le uve a bacca rossa provenienti da altri vitigni idonei alla coltivazione per la regione Toscana.

«Sovana» Ciliegiolo Superiore e «Sovana» Ciliegiolo Riserva: Ciliegiolo: minimo 85%. Possono concorrere alla produzione di detti vini, fino a un massimo del 15%, le uve a bacca rossa provenienti da altri vitigni idonei alla coltivazione per la regione Toscana.

«Sovana» Merlot Superiore e «Sovana» Merlot Riserva: Merlot: minimo 85%. Possono concorrere alla produzione di detti vini, fino a un massimo del 15%, le uve a bacca rossa provenienti da altri vitigni idonei alla coltivazione per la regione Toscana.

«Sovana» Sangiovese Superiore e «Sovana» Sangiovese Riserva: Sangiovese: minimo 85%. Possono concorrere alla produzione di detti vini, fino a un massimo del 15%, le uve a bacca rossa provenienti da altri vitigni idonei alla coltivazione per la regione Toscana.

2. I vitigni idonei alla coltivazione per la Regione Toscana, citati al precedente comma 1, sono quelli iscritti nel Registro Nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con D.M. 7 maggio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 242 del 14 ottobre 2004, e successivi aggiornamenti, il cui elenco completo è riportato nell’allegato 1 al presente disciplinare.

Articolo 3 - Zona di produzione delle uve

1. La zona di produzione delle uve atte alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Sovana» è collocata all’interno della provincia di Grosseto e comprende per intero i comuni di Pitigliano, Sorano e parte del comune di Manciano.

2. La delimitazione inizia: a nord dall’incrocio dei comuni di Sorano, Semproniano e Manciano, prosegue a ovest lungo il limite comunale di Manciano fino alla strada provinciale della Follonata. Scende a sud inoltrandosi nel comune di Manciano, per la vecchia strada fino all’abitato di Poggio Capanne. Da questa località la linea di delimitazione scende ancora a sud lungo la strada provinciale della Follonata che segue fino al fosso Stellata. Risale il corso di detto fosso fino a quota 191, continua a sud per la strada Camporeccia fino all’abitato di Poderi di Montemerano, attraversa la strada statale n. 323, continua, deviando a sud-ovest, lungo la vecchia strada Dogana e raggiunge la fattoria Cavallini. Per la strada dei Laschi arriva al fiume Albegna in corrispondenza della confluenza del fosso Vivaio. Prosegue a sud lungo il corso del fiume Albegna fino all’intersecazione con la strada di bonifica n. 17. Segue detta strada passante per case del Lasco, prosegue poi per la strada di bonifica n. 19 che passa per case Pinzuti, per Casalnuovo e case Poggio Lepraio (quota 39). La delimitazione segue sulla strada statale n. 74 fino alla località Sgrillozzo e si innesta nella strada provinciale della Vallerana, proseguendo verso sud-est fino a raggiungere il confine fra il comune di Manciano e il comune di Capalbio. Prosegue a nord lungo il confine comunale di Manciano, Pitigliano e Sorano per ricongiungersi al punto di partenza.

Articolo 4 - Norme per la viticoltura

1. Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Sovana» devono essere quelle normali della zona di produzione e, comunque, atte a conferire alle uve e ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità.

2. Sono pertanto da considerarsi idonei i vigneti ubicati in terreni di favorevole giacitura ed esposizione, con esclusione di quelli umidi o non sufficientemente soleggiati.

3. La densità di impianto deve essere quella generalmente usata in funzione delle caratteristiche peculiari delle uve e dei vini; per i nuovi impianti e reimpianti realizzati successivamente alla data di riconoscimento del vino a DOC “Sovana” (24 novembre 1999) la densità dei ceppi non può essere inferiore a 3.300 piante ad ettaro.

4. I sesti di impianto, le forme di allevamento e i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati nella zona, comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.

5. È vietata ogni pratica di forzatura. È consentita l’irrigazione di soccorso.

6. La produzione massima di uva ad ettaro ed il titolo alcolometrico volumico minimo naturale sono le seguenti:

Tipologia «Sovana» Doc Produzione uva (tonnellate/ettaro) Titolo alcolometrico volumico naturale minimo (% vol)

Rosso e Rosato 11 10,50 Rosso Superiore e Rosso Riserva 9 11,50 Aleatico Superiore, Aleatico Riserva, Cabernet Sauvignon Superiore, Cabernet Sauvignon Riserva, Ciliegiolo Superiore, Ciliegiolo Riserva, Merlot Superiore, Merlot Riserva, Sangiovese Superiore e Sangiovese Riserva 9 11,50 Aleatico Passito e Aleatico Passito Riserva 7 16,00

7. A detti limiti, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa dovrà essere riportata attraverso una cernita delle uve, purché la produzione non superi del 20% il limite medesimo, fermi restando i limiti resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi.

8. Fermo restando il limite massimo sopra indicato, la resa per ettaro di vigneto a coltura promiscua deve essere calcolata in rapporto alla effettiva superficie coperta dalle viti.

9. La regione Toscana, con proprio decreto, su istanza motivata del Consorzio di Tutela sentite le organizzazioni di categoria interessate, di anno in anno, prima della vendemmia, tenuto conto delle condizioni ambientali e di coltivazione, può stabilire un limite massimo di produzione rivendicabile di uva per ettaro inferiore a quello fissato dal presente disciplinare di produzione, dandone immediata comunicazione al competente organismo di controllo.

Articolo 5 - Norme per la vinificazione

1. Le operazioni di vinificazione, di appassimento delle uve ed invecchiamento devono essere effettuate nell’ambito della zona di produzione di cui al precedente articolo 3.

2. L’imbottigliamento deve essere effettuato nell’intera provincia di Grosseto. Conformemente all’articolo 8 del regolamento CE n. 607/2009, l’imbottigliamento o il condizionamento deve aver luogo nella predetta zona geografica delimitata per salvaguardare la qualità, la reputazione e garantire l’origine del prodotto. L’imbottigliamento fa parte integrante del procedimento di produzione del vino, costituendo una fase specifica dell’elaborazione del prodotto. Il controllo delle operazioni di imbottigliamento ha, pertanto, lo scopo di salvaguardare meglio la qualità del prodotto e, di conseguenza, la reputazione della denominazione, di cui gli operatori assumono ormai, pienamente e collettivamente, in modo diretto o indiretto, la responsabilità. Il trasporto e l’imbottigliamento al di fuori della regione di produzione può mettere in pericolo la qualità del vino; l’imbottigliamento entro una zona limitata e circoscritta che, sebbene non corrisponda perfettamente alla zona di produzione, comprende l’intero territorio provinciale e, perciò, un’area di dimensioni sostanzialmente contenute, ha proprio lo scopo di salvaguardare le caratteristiche particolari e la qualità del prodotto, in quanto affida l’applicazione e il controllo del rispetto di tutte le regole riguardanti il trasporto e l’imbottigliamento medesimo all’organismo associativo dei produttori, il Consorzio di tutela, e all’ente terzo di certificazione che opera in zona, vale a dire a coloro che posseggono le cognizioni e il know-how necessari e che hanno un interesse fondamentale al mantenimento della reputazione acquisita. L’imbottigliamento del vino costituisce un’operazione importante la quale, se non viene effettuata nel rispetto di condizioni rigorose, può nuocere gravemente alla qualità del prodotto; essa, infatti, non si riduce al mero riempimento di recipienti vuoti, ma comporta di norma, prima del travaso, una serie di complessi interventi enologici (filtraggio, chiarificazione, trattamento a freddo, ecc.) che, se non sono eseguiti in conformità delle regole dell’arte, possono compromettere la qualità e modificare le caratteristiche del vino. È altrettanto evidente che il trasporto alla rinfusa del vino, se non viene effettuato in condizioni ottimali, può nuocere gravemente alla qualità di quest’ultimo; se le condizioni di trasporto non sono perfette, infatti, il vino può essere esposto a fenomeni di ossidoriduzione che sarà tanto più sensibile quanto maggiore è la distanza percorsa e che potrà nuocere alla qualità del prodotto anche per il rischio di sbalzi di temperatura. Per questo motivo le condizioni ottimali saranno più sicuramente garantite se le operazioni di imbottigliamento vengono effettuate da imprese stabilite nella zona dei beneficiari della denominazione Sovana o, più in generale, da imprese operanti nell’ambito provinciale, sotto il diretto controllo di questi, giacché tali imprese dispongono di un’esperienza specifica e, soprattutto, di una conoscenza approfondita delle caratteristiche specifiche del vino in questione, delle quali occorre evitare lo snaturamento o la scomparsa al momento della messa in bottiglia.

3. Qualora le uve dei vigneti esistenti in ambito aziendale vengano utilizzate per la produzione di diverse tipologie previste dall’articolo 1 è consentito destinare, tramite scelta vendemmiale, una parte delle uve alla produzione della tipologia «rosso» e della tipologia «rosato» purchè risultino rispettati i requisiti posti dal presente disciplinare sia per le uve destinate separatamente a una data tipologia sia per le rimanenti uve dello stesso vigneto destinate ad altra tipologia.

4. È consentito l’arricchimento dei mosti e dei vini di cui all’articolo 1, fatta eccezione per la tipologia “Aleatico Passito”, nei limiti e condizioni stabilite dalle norme comunitarie e nazionali, con mosti concentrati ottenuti da uve prodotte nella zona di produzione delimitata dal precedente articolo 3 o, in alternativa, con mosto concentrato rettificato o a mezzo di altre tecnologie consentite. 5. La tipologia «rosato» deve essere ottenuta con la vinificazione in «rosato» delle uve a bacca rossa.

6. Nella preparazione della tipologia “Aleatico Superiore” le uve, in tutto o in parte, possono essere sottoposte ad appassimento naturale, sulla pianta o dopo la raccolta. Per l’appassimento delle uve ci si può avvalere anche di sistemi e/o tecnologia che comunque non aumentino la temperatura dell’appassimento naturale.

7. Le uve di Aleatico destinate alla produzione della tipologia “Aleatico Passito”, dopo aver subito un’accurata cernita, devono essere sottoposte ad appassimento naturale all’aria o in locali idonei, con possibilità di una parziale disidratazione con aria ventilata, fino a raggiungere un contenuto zuccherino minimo del 26%.

8. La resa massima dell’uva in vino, all’atto dell’immissione al consumo, compresa l’eventuale aggiunta correttiva e la produzione massima di vino per ettaro sono le seguenti:

Tipologia «Sovana» Doc Resa uva/vino Produzione massima vino (ettolitri/ettaro)

Rosso e Rosato 70 77 Rosso Superiore e Riserva 70 63 Aleatico Superiore, Aleatico Riserva, Cabernet Sauvignon Superiore, Cabernet Sauvignon Riserva, Ciliegiolo Superiore, Ciliegiolo Riserva, Merlot Superiore, Merlot Riserva, Sangiovese Superiore e Sangiovese Riserva 70 63 Aleatico Passito e Riserva Passito 40 28

9. Qualora la resa uva/vino superi il limite sopra indicato, ma non il 75% (45% per il vino «Sovana» Aleatico Passito), anche se la produzione ad ettaro resta al di sotto del limite massimo consentito, l’eccedenza non ha diritto alla denominazione di origine controllata. Oltre il 75% (45% per il vino «Sovana» Aleatico Superiore Passito), decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto.

10. I vini a denominazione di origine controllata «Sovana» rosso superiore e «Sovana» superiore con la specificazione del vitigno che sono stati oggetto di invecchiamento in botti di legno per un periodo non inferiore a 18 mesi e di affinamento in bottiglia per un periodo non inferiore a 6 mesi, possono optare per la menzione «riserva».

11. Per i seguenti vini l’immissione al consumo è consentita soltanto a partire dalla data per ciascuno di essi di seguito indicata:

Tipologia «Sovana» Doc Data di immissione al consumo Rosato 1° gennaio (anno successivo alla vendemmia) Rosso 1° marzo (anno successivo alla vendemmia) Rosso Superiore 1° giugno (anno successivo alla vendemmia) Aleatico Superiore, Aleatico Passito, Cabernet Sauvignon Superiore, Ciliegiolo Superiore, Merlot Superiore e Sangiovese Superiore 1° giugno (anno successivo alla vendemmia) Rosso Riserva 1° novembre (24 mesi dal 1° novembre dell’anno di vendemmia) Aleatico Riserva, Aleatico Riserva Passito, Cabernet Sauvignon Riserva, Ciliegiolo Riserva, Merlot Riserva e Sangiovese Riserva 1° novembre (24 mesi dal 1° novembre dell’anno di vendemmia)

Articolo 6 - Caratteristiche al consumo

1. I vini a denominazione di origine controllata «Sovana» all’atto dell’immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

«Sovana» rosso: - colore: rosso rubino con riflessi violacei; - odore: vinoso; - sapore: asciutto, armonico ed equilibrato; - titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.; - acidità totale minima: 4,50 g/l; - estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

«Sovana» rosato: - colore: dal rosa tenue al rosa cerasuolo; - odore: vinoso, delicato, con intense note fruttate; - sapore: asciutto, armonioso, leggermente acidulo; - titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.; - acidità totale minima: 5,00 g/l; - estratto non riduttore minimo: 16,00 g/l.

«Sovana» rosso superiore o «Sovana» rosso riserva: - colore: rosso intenso tendente al granato con l’invecchiamento; - odore: vinoso, intenso e caratteristico che si affina nel corso dell’invecchiamento; - sapore: asciutto, corposo, armonico, asciutto; - titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.; - acidità totale minima: 4,50 g/l; - estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

«Sovana» Sangiovese superiore o «Sovana» Sangiovese riserva: - colore: rosso rubino tendente al granato con l’invecchiamento; - odore: vinoso, talvolta con note fruttate di ciliegia e viola; - sapore: asciutto, corposo, armonico; - titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.; - acidità totale minima: 4,50 g/l; - estratto non riduttore minimo: 22 g/l.

«Sovana» Aleatico superiore o «Sovana» Aleatico riserva: - colore: rosso rubino di buona intensità; - odore: vinoso, caratteristico; - sapore: da secco a dolce, armonico ed equilibrato; - titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol. di cui almeno 9,50 svolti; - acidità totale minima: 4,50 g/l; - estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

«Sovana» Aleatico Passito o «Sovana» Aleatico riserva Passito: - colore: rosso rubino intenso; - odore: intenso, vinoso, caratteristico; - sapore: dolce di corpo, armonico; - titolo alcolometrico volumico totale minimo: 16,00% vol. di cui almeno 12,50 svolti; - acidità totale minima: 5,00 g/l; - estratto non riduttore minimo: 25,00 g/l. - acidità volatile massima: 1,5 g/l.

«Sovana» Ciliegiolo superiore o «Sovana» Ciliegiolo riserva: - colore: rosso rubino tendente al granato con l’invecchiamento; - odore: vinoso, delicato; - sapore: asciutto, vellutato, armonico, di buon corpo; - titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.; - acidità totale minima: 4,50 g/l; - estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

«Sovana» Cabernet Sauvignon superiore o «Sovana» Cabernet Sauvignon riserva: - colore: rosso intenso con riflessi violacei, tendenti al granato con l’invecchiamento; - odore: vinoso con note speziate; - sapore: corposo, sapido, asciutto, giustamente tannico; - titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.; - acidità totale minima: 4,50 g/l; - estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

«Sovana» Merlot superiore o «Sovana» Merlot riserva: - colore: rosso con riflessi violacei, tendente al granato con l’invecchiamento; - odore: tipico con note fruttate; - sapore: asciutto, ampio e vellutato; - titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.; - acidità totale minima: 4,50 g/l; - estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.

2. È facoltà del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali modificare, con proprio decreto, i limiti minimi sopra menzionati per l’acidità totale e per l’estratto non riduttore minimo. 3. In relazione all’eventuale conservazione in recipienti di legno il sapore dei vini può rivelare sentore di legno.

Articolo 7 - Etichettatura, designazione e presentazione

1. Alla denominazione di cui all’articolo 1 è vietata l’aggiunta di qualsiasi specificazione aggiuntiva diversa da quella prevista dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi “extra”, “fine”, “scelto”, “selezionato” e “similari”.

2. È tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, e marchi privati non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno il consumatore.

3. È consentito altresì l’uso di indicazioni geografiche e toponomastiche aggiuntive che facciano riferimento ai comuni e alle frazioni riportati nell’Allegato A e alle fattorie, zone e località dalle quali effettivamente provengono le uve da cui il vino così qualificato è stato ottenuto, purchè nel rispetto delle normative vigenti in materia.

4. È obbligatoria l’indicazione dell’annata in etichetta per tutte le tipologie di vino.

Articolo 8 - Confezionamento

1. Per il confezionamento dei vini a denominazione di origine controllata «Sovana» sono ammessi tutti i recipienti di volume nominale autorizzati dalla normativa vigente, ivi compresi i contenitori alternativi al vetro costituiti da un otre in materiale plastico pluristrato di polietilene e poliestere racchiuso in un involucro di cartone o di altro materiale rigido.

2. Per la tappatura dei vini, allorquando siano confezionati in bottiglie di vetro, può essere utilizzata qualsiasi tipo di chiusura, escluso il tappo a corona per bottiglie di capacità nominale superiore a 375 ml.

Articolo 9 - Legame con l’ambiente geografico

A) Informazioni sulla zona geografica

A.1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte meridionale della regione Toscana e, in particolare, nel lembo sud-orientale della provincia di Grosseto, in un territorio a giacitura collinare e pedecollinare che comprende l’intero territorio comunale di Pitigliano e di Sorano e parte di quello del comune di Manciano. I terreni dell’area, relativamente all’origine geologica, sono caratterizzati da superfici strutturali su formazioni costituite prevalentemente da rocce effusive e vulcanoclastiche mentre, a ovest del fiume Fiora, prevalgono forme di aggradazione su formazioni prevalentemente marnose, marnoso-pelitiche e pelitiche. Le formazioni quaternarie antiche e recenti, con conglomerati di sabbia, detriti fluviali, ciottoli con argille e sabbia, affiorano dovunque nella parte centrale della zona, lungo i corsi d’acqua e nella fascia collinare a ovest di Manciano. L’area è caratterizzata da rilievi da bassa a medio-alta collina. Al centro del comprensorio delimitato, nei comuni di Pitigliano e Sorano, sono presenti vaste zone di altopiano; in quest’area, la quasi totale presenza di rocce di tufo vulcanico – originate da eruzioni che si sono succedute in tempi diversi, molto lontani fra loro e con diversa consistenza della lava – hanno formato una crosta rocciosa più o meno compatta e di coerenza molto variabile, in molti punti incisa da profonde erosioni provocate dall’azione del vento e delle acque piovane, talvolta delle vere e proprie voragini alla base delle quali scorrono ruscelli e torrenti affluenti dei fiumi Albegna e Fiora, creando un paesaggio suggestivo. La quota media è di 290 metri s.l.m., con un’altitudine minima di circa 30 metri in località Marsiliana e massima di circa 800 metri in località Elmo nel comune di Sorano, mentre la pendenza oscilla intorno al 5%; l’esposizione media è a sud-est.

Il clima dell’area è di tipo mediterraneo, con temperature miti e precipitazioni disordinate, talvolta anche di elevata intensità, concentrate soprattutto nei mesi autunnali-invernali (massimo della piovosità localizzato tra la fine di ottobre e la prima decade di dicembre, col mese di novembre caratterizzato dai valori più elevati), mentre nel periodo compreso tra gennaio e maggio la pioggia è distribuita in maniera un po’ più omogenea con valori comparabili, che diminuiscono progressivamente dalla seconda decade di maggio, fino a raggiungere un minimo assoluto tra la prima e la terza decade di luglio, tanto che si può parlare di un’aridità di regola prolungata nella primavera e spesso accentuata nei mesi estivi. Possono essere considerate due prevalenti condizioni climatiche, e cioè quella dell’area di Pitigliano-Sorano, con temperatura media intorno a 14°C e precipitazioni intorno a 920 mm/anno e quella dell’area di Manciano, situata più a ovest verso il mare, con temperatura media di 14-14,5°C e precipitazioni medie di 750 mm/anno. Può essere quindi considerato un valore medio di precipitazioni annue intorno agli 820-870 mm, con un minimo di 24 mm nel mese di luglio (dato medio) e un massimo di 126 mm nel mese di novembre (dato medio), e una temperatura media annua di 14-14,5°C; l’indice di Huglin si attesta tra 2.100 e 2.500 unità, a seconda dell’area considerata. Le estati sono per lo più siccitose e le condizioni di aridità sono accentuate dai venti che soffiano con frequenza soprattutto dal terzo al quarto quadrante; in particolare, nella primavera soffiano venti di Scirocco e di Libeccio (nelle aree più prossime al mare piuttosto carichi di salsedine), mentre nell’estate soffia il Maestrale che, sebbene provenga dal mare, è asciutto, regolando di fatto la temperatura; in inverno non è raro, invece, che soffi, anche in modo violento, la Tramontana, soprattutto nel comprensorio di Pitigliano e Sorano.

A.2. Fattori umani rilevanti per il legame.

I fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito a ottenere i vini di «Sovana», sono di fondamentale rilievo. In quest’area, infatti, esistono testimonianze della coltivazione della vite che risalgono al periodo etrusco, greco e romano – l’antica città etrusca di Statonia, nella parte orientale della zona di produzione, le città etrusche di Sovana e di Saturnia, più a ovest, l’area di Poggio Buco, nella parte meridionale, sono solo alcuni esempi di insediamenti più o meno rilevanti – come testimoniano alcuni reperti; in particolare, presso Marsiliana lungo il corso del fiume Albegna, è stato rinvenuto un numero consistente di vasellame e pithoi (recipienti particolari per la raccolta del vino proveniente dalla pigiatura delle uve e dai torchi), probabilmente poiché il luogo corrispondeva a un vero e proprio centro di raccolta per i vini che provenivano dalle aree più interne (colline di Manciano, Pitigliano e Scansano), trasportati lungo il corso del fiume; nelle necropoli di Vitozza e Sovana, invece, sono state rinvenute cantine scavate direttamente nel tufo, e un esempio ancor oggi chiaramente visibile lo si ha visitando la fortezza Orsini a Sorano. La dominazione romana accentuò la tendenza al miglioramento delle tecniche di vinificazione, che rimasero insuperate fino al medioevo; in questo periodo storico, la vite acquistò particolare importanza come pianta colonizzatrice, tanto che governanti e feudatari riconobbero la necessità di concedere terre adatte per questa coltura, che ebbe particolare protezione con apposite norme statutarie. Negli Statuti della Comunità del Cotone le norme stabilite per la protezione delle viti e dell’uva erano molto severe, tanto che stabilivano perfino una multa di 10 soldi per ciascuna bestia grossa entrata a far danno in “vigne o chiuse di olivi da calende di marzo fino a Ognissanti”. 

La tradizione vitivinicola del territorio pitiglianese e soranese ha continuato a trasmettersi nei secoli, passando attraverso le vicissitudini della famiglia Aldobrandeschi e, più tardi, con la scissione di questa famiglia nei due rami di Sovana e Santa Fiora, con quelle degli Orsini, fino alla lunga guerra che questi ingaggiarono con Siena conclusasi, nel 1410, con l’annessione definitiva di Sovana ai domini di Siena, e il conseguente spopolamento di Sovana a favore delle vicine Pitigliano e Sorano. Fin da epoche lontane, tutti coloro che sostarono nell’antica cittadina di Pitigliano per traffici e azioni militari, ebbero modo di apprezzare e gustare i vini ottenuti in quella zona, conservati in vasi vinari nelle profonde e fredde grotte di tufo. Studiosi di ogni tempo riconobbero i pregi delle uve di questo territorio e l’eccellenza dei vini prodotti. Il dott. Villafranchi-Giorgini, nel 1847, in una memoria letta alla Società Agraria Grossetana, affermava che esisteva all’Orto Botanico di Pisa un tronco di vite alto 5 braccia (metri 2,92) e della circonferenza di 4 (metri 2,30) proveniente da Valle Castagneta. L’enotecnico Luigi Vivarelli, in una memoria pubblicata nel 1906 su “La vite e il vino nel mandamento di Orbetello” riferiva che “nel 1787 un turbine svelse una vite nel podere di Valle Castagneta (comune di Sorano) il cui tronco, misurato dal Prof. Santi aveva una circonferenza di metri 1,76 e lo stesso professore nel 1793 ne vide un’altra che aveva uguali dimensioni”. Parlando quindi di sistemi di allevamento della vite lo stesso Vivarelli scrive ancora: “nel nostro mandamento è raro il caso di trovare la vite disposta ai lati dei campi, ma invece vi predomina la vigna specializzata e quindi la consociazione è pratica quasi sconosciuta….. Sarebbe utile piano piano, sostituire il filo di ferro alle canne giacchè esso permette una notevole economia…… La forma di potatura più in uso presso i nostri viticoltori, mi pare sia quella a cornetti con 5 o 6 occhi; non è certo un metodo sbagliato, ma ho l’opinione che si potrebbe con maggior vantaggio introdurre la potatura Guyot”. Giacomo Barabino nel suo studio pubblicato nel 1884 sullo sviluppo dell’agricoltura, dell’industria e del commercio nella provincia di Grosseto, scriveva “I vini di Magliano, di Pereta e di Scansano, sono eccellenti e in pochi luoghi il vino si produce di qualità così squisita come nei vigneti di Manciano, Pitigliano e di Sorano. Il vino che si produce presso Scansano assomiglia alquanto a quello del Chianti”.

Il dott. Alfonso Ademollo, in una relazione all’inchiesta parlamentare Jacini, tenendo conto della vocazione viticola della Maremma, nel 1884 affermava che tutte le varietà “vegetano bene nel nostro suolo”. L’Ademollo, nel fornire interessanti informazioni sulla situazione viticola della provincia, così scriveva: “La vite ha sempre allignato, fino dalle epoche più remote, nella provincia di Grosseto. Le varietà di vite da noi conosciute e coltivate sono molte, poichè si può asserire che tutte le varietà di sì prezioso sarmento, anche le esotiche, vegetano bene nel nostro suolo…… Le vigne pure da qualche tempo si sono estese ed hanno migliorato nel proprio prodotto, ma tuttavia anche per questo lato la provincia di Grosseto sarebbe capace di più, poichè la vite cresce benissimo e porge preziosi e squisiti grappoli in ogni parte della provincia, perchè non abbiamo veramente nè caldi nè freddi eccessivi,….. perchè dovunque trovasi terreni leggeri, permeabili, aridi nelle parti elevate, dovute a sabbie, a rocce decomposte, a detriti vulcanici e sassaie”. Da ciò la categorica affermazione: “La provincia di Grosseto, per cinque sesti ha terreno adatto alla viticoltura”. Parlando dei pregi e dei difetti del vino prodotto nella zona lo stesso Ademollo così si esprimeva: “II vino, questo benefico liquido che ha tanta importanza nella pubblica e privata economia, come nella pubblica e privata salute, viene prodotto dai nostri viticoltori con sempre crescente progresso e accuratezza in ogni parte della provincia di Grosseto, sia nella zona piana, che in quella montuosa, e per la bontà e quantità in alcuni Comuni è di una rendita importante ai proprietari…… Attualmente la maggior quantità di vino viene data dai comuni di Pitigliano, Sorano, Massa Marittima e Roccastrada i quali sono pure dotati di buone Cantine per conservarlo specialmente i primi due, fabbricati come sono nella lavorabile tufa vulcanica”. Nel periodo storico successivo, caratterizzato da due eventi bellici e da un ventennio di dittatura politica, la situazione viticola della zona pitiglianese e soranese ha seguito le sorti dell’agricoltura in genere, il cui obiettivo principale era quello di conseguire un’economia di consumo e la piena occupazione della mano d’opera. In tale periodo, la viticoltura non era certamente florida, in quanto legata all’immobilismo, alla polverizzazione delle proprietà diretto coltivatrici e alle diffuse forme di conduzione mezzadrile, sfavorevoli all’espansione della specializzazione viticola, tanto che nella prima metà del Novecento la superficie vitata non subisce in questa zona profonde modificazioni. Nei decenni successivi, invece, si moltiplicano le iniziative di molti proprietari – aiutate e incentivate anche dall’applicazione della riforma fondiaria e dall’opera dei tecnici agricoli – intese a sviluppare una viticoltura più razionale, anche con la diffusione di nuove cultivar nei territori collinari più facili. Ma l’espansione viticola, se non accompagnata dal perfezionamento della tecnica vinicola e quindi della qualità dei vini prodotti, creava notevoli problemi di organizzazione e diffusione dei vini stessi, anche a causa della disponibilità di modeste partite, dalle caratteristiche poco omogenee anche se pregiate. Un contributo decisivo alla risoluzione di questi problemi è stato dato dalla realizzazione nel 1954 della Cantina Sociale di Pitigliano, con lo scopo di raccogliere e trasformare la produzione viticola del comprensorio circostante e che rappresenta una circostanza importante per la nascita dell’industria enologica, alfine di presentare sul mercato vini uniformi, di tipo costante, migliorati nella qualità e standardizzati nella presentazione. Più tardi, anche alcune pubblicazioni scientifiche del settore, occupandosi dei vini ottenuti su questo territorio, apportarono un contributo importante alla loro valorizzazione; “Vini tipici e pregiati d’Italia” di R. Capone, edito nel 1963, illustra proprio le caratteristiche dei vini di Pitigliano. Più tardi, anche alcune pubblicazioni scientifiche del settore, occupandosi dei vini ottenuti su questo territorio, apportarono un contributo importante alla loro valorizzazione; “Vini tipici e pregiati d’Italia” di R. Capone, edito nel 1963, illustra proprio le caratteristiche dei vini di Pitigliano, soffermandosi non solo sui rinomati vini bianchi, ma illustrando anche le caratteristiche dei rossi, da sempre prodotti in questa zona utilizzando, a partire dagli anni ’80, le indicazioni geografiche transitorie autorizzate dal Ministero dell’Agricoltura, quali “Saturnia” e “Sorano”. Furono questi i presupposti che portarono alla consapevolezza che il territorio della Maremma sud-orientale poteva aspirare al riconoscimento della denominazione di origine controllata per i vini rossi prodotti nella zona, che verrà attribuito col decreto ministeriale 20 maggio 1999 per i vini «Sovana» (rettificato, con modifica di alcuni articoli del disciplinare, con decreto ministeriale del 12 novembre dello stesso anno) ottenuti esclusivamente in tipologie rosse e nel tipo rosato incentrate, per lo più, sulle uve dei vitigni Sangiovese, Aleatico, Cabernet Sauvignon e Merlot, al quale si sono aggiunte, con la modifica del disciplinare intervenuta a novembre 2011, le tipologie Aleatico Passito e Ciliegiolo. L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è riferita, in particolare, alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico-produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione: base ampelografica dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione del vino in questione sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata, e cioè, in primis, i vitigni autoctoni Sangiovese, Aleatico e Ciliegiolo, e gli internazionali Cabernet Sauvignon e Merlot, oltre alle varietà che concorrono eventualmente nella percentuale riservata ai vitigni complementari; le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti, sono quelli tradizionali della zona, e cioè il Cordone speronato orizzontale e il Guyot singolo o a doppia palmetta, tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti; ciò sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali con un aumento della meccanizzazione, sia per gestire la razionale gestione della chioma, consentendo di ottenere un’adeguata superficie fogliare ben esposta e, al contempo, di perseguire un contenimento delle rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare, rapportate a una densità minima di 3300 piante per ettaro, il che consente di ottenere una buona competizione fra le piante (77 hl/ha per il tipo “base” e il rosato, che scende a 63 per il Rosso con menzione Superiore e qualifica Riserva, e per tutte le tipologie varietali – Aleatico, Sangiovese, Ciliegiolo, Merlot e Cabernet Sauvignon – obbligatoriamente accompagnate dalla menzione Superiore ed, eventualmente, dalla qualifica Riserva, e a 28 hl/ha per l’Aleatico Passito e Passito Riserva); - le pratiche relative alla elaborazione dei vini, che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in rosso dei vini tranquilli, adeguatamente differenziate per la tipologia di base e le tipologie con menzione Superiore e con qualifica Riserva, riferite, le ultime due, a rossi maggiormente strutturati ottenuti da uve con un titolo alcolometrico volumico totale minimo più elevato di un grado rispetto al tipo “base” e caratterizzate da un’elaborazione che comporta determinati periodi di invecchiamento e affinamento in bottiglia e/o in botte obbligatori; di tradizione consolidata è anche la produzione di vini rosati ottenuti con un limitato contatto del mosto con le parti solide, proveniente dalla pigiatura di uve per lo più della varietà Sangiovese, e la produzione di vini ottenuti da uve della varietà Aleatico sottoposte ad appassimento all’aria o in locali idonei.

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico.

La DOC «Sovana» è riferita alla tipologia Rosso “di base”, al tipo Rosato, a quello con menzione “Superiore” e qualifica “Riserva”, alle tipologie varietali Aleatico, Cabernet Sauvignon, Ciliegiolo, Merlot e Sangiovese, obbligatoriamente accompagnate dalla menzione “Superiore” ed, eventualmente, dalla qualifica “Riserva”, e alla tipologia Aleatico Passito, anche con qualifica “Riserva”, le quali, dal punto di vista analitico e organolettico, presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

In particolare, tutti i vini presentano un modesto tenore di acidità, leggermente più elevato nelle tipologie Rosato e Passito. I vini rossi presentano un colore rosso rubino di buona intensità con riflessi violacei nei vini giovani, che sfuma al granato nei vini più maturi, comunque influenzato, nella tonalità, dalla percentuale di Sangiovese presente: il Sangiovese, infatti, rispetto ad altri vitigni come il Cabernet e il Merlot, conta su di una quantità di antociani totali inferiore, a vantaggio, però, di una notevole ricchezza in tannini proantocianidici e catechine. Per questo motivo, nella tipologia “di base”, è possibile riscontrare una maggiore complessità aromatica con sfumature fruttate e speziate più evidenti e, al contempo, un’attenuazione della sensazione tannica del vitigno base – soprattutto nei vini più giovani – proprio in funzione della diversa presenza di Sangiovese (minimo 50%) e di quella di altre varietà a bacca rossa (fino al 50%), il che conferisce, ai vini, un gusto più rotondo e pieno; l’aumento della presenza percentuale di vitigni come Merlot o Cabernet Sauvignon, infatti, porta a ottenere vini di un colore rosso rubino più intenso, talvolta granato, con profumi intensi di frutta matura e spezie, talvolta con note erbacee, mentre al palato risultano morbidi e vellutati. Nelle tipologie che si fregiano della menzione “Superiore” e della qualifica “Riserva” il colore tende al rosso rubino intenso con riflessi violacei più o meno frequenti, che si tramuta in granato con l’invecchiamento, mentre l’intensità del profilo aromatico aumenta e aumenta la sua complessità, ampiezza ed eleganza, con sentori di piccoli frutti accompagnati da evidenti note speziate, talvolta con sentori erbacei, e al palato si amplia la sensazione di lunghezza, di corpo e di volume; queste caratteristiche sono direttamente influenzate, infatti, dall’affinamento e dall’invecchiamento dei vini, ed è per questi motivi che il disciplinare stabilisce una data di immissione al consumo che non può essere antecedente al 1° giugno dell’anno successivo alla vendemmia per la menzione Superiore, e un invecchiamento minimo di 18 mesi in botti di legno e un affinamento in bottiglia di almeno 6 mesi per tutte le tipologie con qualifica Riserva. Il vino della versione Rosato si presenta con un colore dal rosa tenue al rosa cerasuolo, profumi intensi, fruttati, delicati, mentre al palato è fresco, sapido, asciutto, leggermente acidulo. La tipologia Aleatico Passito, infine, si presenta con un colore rosso rubino intenso, un profumo ricco, vinoso e complesso, etereo, intenso, con evidenti note di confettura, liquirizia e cioccolato, mentre al gusto denota sensazioni vellutate, rotonde, con una notevole ampiezza, lunghezza e persistenza.

C) descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

L’orografia collinare e pedecollinare della zona di produzione, nel lembo sud-orientale della provincia di Grosseto, nell’intero territorio comunale di Pitigliano e di Sorano e in parte di quello di Manciano, con una quota media intorno a 290 metri s.l.m., una pendenza media del 5%, una esposizione che da nord-est degrada verso sud-ovest (media a sud-est), per il particolare beneficio delle sue colline protette dai venti freddi del nord e aperte alle brezze marine ma con una buona ventilazione durante tutto l’anno, concorrono a determinare un ambiente areato, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione della vite. Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in modo determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico- chimiche e organolettiche dei vini «Sovana». In particolare, i terreni, caratterizzati da formazioni costituite prevalentemente da rocce effusive e vulcanoclastiche (marnose, marnoso-pelitiche e pelitiche a ovest del fiume Fiora, conglomerati di sabbia, detriti fluviali, ciottoli con argille e sabbia nella fascia collinare a ovest di Manciano), presentano un’elevata profondità utile per lo sviluppo radicale, una buona capacità di drenaggio e una moderata capacità di acqua disponibile, condizioni tali da consentire un buon sviluppo vegeto-produttivo delle coltivazioni arboree. Sono terreni per lo più franchi, tufacei, più o meno ricchi di scheletro, sub-acidi o neutri, privi di carbonati, tendenzialmente aridi, ricchi di potassio e poveri di fosforo assimilabile, con discreta dotazione di sostanza organica, che presentano, perciò, una spiccata attitudine alla coltivazione della vite e, per tali ragioni, risultano pienamente idonei a una vitivinicoltura di qualità, in particolare se coltivati con l’ausilio di pratiche agronomiche e gestionali dei suoli corrette (quali potatura verde e alta densità di impianto) e basse rese produttive.

Anche il clima della zona di produzione, caratterizzato da una buona piovosità (media intorno agli 820-870 mm/anno), con scarse piogge estive (intorno ai 90-100 mm) e una certa aridità nei mesi di luglio e agosto – tanto da far riscontrare lievi stress idrici nelle fasi che precedono la maturazione dell’uva –, da ottimi valori dell’indice bioclimatico di Huglin (tra 2100 e 2500°C- giorno), da una buona temperatura media annuale (14-14,5°C), unita a una ventilazione sempre presente anche nel periodo primaverile-estivo grazie alle brezze di Maestrale che soffiano nelle ore più calde della giornata, contribuendo a regolare le temperature e a creare un ambiente sfavorevole alle malattie parassitarie, il tutto unito a una temperatura piuttosto elevata, con ottima insolazione nei mesi di settembre-ottobre e buone escursioni termiche tra giorno e notte, consente alla vite di ottenere un giusto equilibrio vegetativo, permettendo una lenta, graduale e ottimale maturazione fisiologica delle uve, contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche dei vini «Sovana».

La millenaria storia vitivinicola riferita al territorio della Maremma sud-orientale, dall’epoca etrusca a quella romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, citazioni e testimonianze storiche, è la prova fondamentale della stretta connessione e interazione tra i fattori umani e la qualità e le caratteristiche peculiari dei vini «Sovana». È la testimonianza, perciò, di come l’intervento dell’uomo in questo particolare territorio abbia tramandato, nel corso dei secoli, le tecniche tradizionali di coltivazione della vite ma anche le rituali prassi enologiche, le quali, tuttavia, in epoca moderna, sono state migliorate e affinate, grazie all’indiscutibile progresso scientifico e tecnologico, fino a ottenere i vini «Sovana», le cui caratteristiche peculiari sono specificamente descritte all’articolo 6 del disciplinare di produzione.

In particolare, la presenza della viticoltura nel territorio della Maremma sud-orientale è attestata fin dall’epoca etrusca (il vasellame e i pithoi reperiti in molte delle aree archeologiche presenti sul territorio, e le stesse cantine scavate nel tufo nella zona di Pitigliano, Vitozza e Sorano ne sono una prova), ma le testimonianze continuano in epoca romana fino al medioevo (nel centro del paese di Sovana, nella chiesa romanica di Santa Maria di fronte al Palazzo Pretorio, si trova un ciborio preromanico in travertino bianco che reca lastre decorate con viticci annodati, grappoli di uva e foglie di vite) nel corso del quale la vite acquistò particolare importanza come pianta colonizzatrice, tanto che governanti e feudatari riconobbero la necessità di concedere terre adatte per questa coltura e di stabilirne la protezione con apposite norme statutarie. E furono molti gli studiosi di epoche successive che riconobbero i pregi delle uve di questo territorio e l’eccellenza dei vini prodotti, e non mancarono le testimonianze di chi, attraversando il territorio pitiglianese, rimase colpito dai vini qui prodotti, conservati in vasi vinari nelle profonde e fredde grotte di tufo. Alla fine del 1500, Bacci così descriverà queste campagne “…situate nel cuore dell’Etruria, godono di molti pregi, sono esposte da una parte al vento che spira da settentrione dalle falde del monte Amiata e dall’altra, estendendosi verso mezzogiorno, godono anche di quello australe che dona loro calore”…Quale migliore incipit per identificare un territorio viticolo; e infatti, la zona era ricca “…di ottimi vini, soprattutto rossi, sinceri, e chiarificati con null’altro che la semplice fermentazione dei tini”. Tre secoli più tardi, il dott. Villafranchi-Giorgini (1847) cita un tronco di vite di dimensioni eccezionali proveniente da Valle Castagneta, mentre l’enotecnico Luigi Vivarelli (1906) un episodio del 1787 avvenuto nella zona di Sorano sempre riferito a una vite di dimensioni rilevanti, a conferma che la viticoltura aveva tradizioni centenarie già a quel tempo. Lo stesso Vivarelli parla diffusamente di sistemi di allevamento della vite, affermando che, nella Maremma meridionale, è già ampiamente diffusa la vigna specializzata allevata a cordone speronato, mentre Giacomo Barabino (1884) si sofferma sulla eccellente qualità dei vini prodotti nelle zone di Magliano, Pereta, Scansano, Manciano, Pitigliano e Sorano, già a quel tempo tra le più significative della provincia, paragonati addirittura a quelli già rinomati del Chianti. Tra le testimonianze più significative ed esaurienti, quelle del dott. Alfonso Ademollo, riconducibili a una relazione all’inchiesta parlamentare Jacini (1884), si soffermano lungamente sulla vocazione viticola della Maremma; nella stessa relazione, che fotografa perfettamente la situazione della viticoltura maremmana alla fine del 1800, egli afferma che le varietà coltivate sono numerose, alcune “internazionali” perfettamente adattate al territorio, il quale viene ritenuto altamente vocato alla coltura della vite (per cinque sesti della superficie), mancando periodi di caldo o di freddo eccessivi e grazie anche ai terreni leggeri e permeabili, dovuti a sabbie, rocce decomposte, detriti vulcanici e ciottolame. Inoltre, relativamente ai pregi e difetti del vino prodotto sul territorio maremmano, egli si esprime in modo molto positivo, tanto da affermare che il vino è prodotto in ogni parte della provincia, sia in aree pianeggianti che montuose, citando come zone di maggiore produzione i territori dei comuni di Massa Marittima, Roccastrada, Pitigliano e Sorano, gli ultimi due dotati anche di buone cantine per la conservazione. In tutti questi secoli, lo sviluppo dell’agricoltura di questo lembo di Maremma è sempre stato accompagnato da un’affermazione della viticoltura e, di pari passo, da una forte valenza della tradizione vinicola, spesso perpetrata dai monaci benedettini nei periodi più bui del basso medioevo, e oggi ancora riscontrabile percorrendo il territorio, dove non di rado è possibile trovare vecchie cantine scavate direttamente nel tufo già al tempo degli etruschi e dei romani e, in parte, ancora oggi utilizzate, come accade a Pitigliano e Sorano. All’inizio del XX° secolo, la viticoltura in provincia di Grosseto, come in altre aree del Paese, conobbe un periodo di crisi, con una polverizzazione delle proprietà diretto coltivatrici e diffuse forme di conduzione mezzadrile ma, con i decenni successivi, si moltiplicarono le iniziative di molti proprietari intese a sviluppare una viticoltura più moderna e razionale, anche con l’inserimento di nuove cultivar. Col trascorrere degli anni, la nascita della Cantina Sociale di Pitigliano nel lontano 1954 e il contributo proveniente dall’attività di sperimentazione e di studio condotta sul territorio dalle istituzioni pubbliche e dalle aziende private, si crearono i presupposti per richiedere il riconoscimento della denominazione di origine controllata per i vini “Sovana” col decreto ministeriale del 20 maggio 1999 (preceduto, tuttavia, nel corso degli anni ’80, dall’utilizzo di indicazioni geografiche transitorie autorizzate dal Ministero dell’Agricoltura, quali “Saturnia” e “Sorano”), valorizzando, così, anche i vini rossi e rosati ottenuti in questo territorio, incentrati sui vitigni tradizionali Sangiovese e Aleatico, e sulle varietà internazionali Cabernet Sauvignon e Merlot. Ma l’attività di sperimentazione e di studio su varietà di vite diverse e su metodi di vinificazione più innovativi, non si interruppe col riconoscimento della denominazione di origine, semmai si fece più dinamica, tanto che, grazie anche all’impianto di nuovi vigneti e alla nascita di nuove aziende, i risultati emersi convinsero i produttori dell’area del Sovana che era necessario aggiornare il disciplinare di produzione, inserendo la versione varietale Ciliegiolo, anche con menzione Superiore e qualifica Riserva (al pari delle altre tipologie previste, ad eccezione del rosato), e la tipologia tradizionale Aleatico Passito, anche con qualifica Riserva, il che è stato sancito con la modifica del disciplinare intervenuta col decreto ministeriale 22.11.2011.

Articolo 10 - Riferimenti alla struttura di controllo

Nome e indirizzo: Valoritalia società per la certificazione delle qualità e delle produzioni vitivinicole italiane s.r.l. Via Piave, 24 16

00187 Roma Tel. : 0445 313088 Fax : 0445 313080 Mail: info@valoritalia.it

Valoritalia società per la certificazione delle qualità e delle produzioni vitivinicole italiane s.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’art. 25, paragrafo 1, 1° capoverso, lettere a) e c), ed all’art. 26 del Regolamento CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato art. 25, paragrafo 1, 2° capoverso, lettera c). In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal citato Ministero, conforme al modello approvato col DM 2 novembre 2010, pubblicato in G.U. n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 3) in applicazione del Decreto legislativo n. 61/2010. In particolare il piano prevede il 100% del controllo documentale su tutti gli utilizzatori della filiera vitivinicola, ed un controllo di tipo ispettivo annuo, a campione, su una percentuale minima degli utilizzatori che può essere così sintetizzata:  15% annuo a campione degli utilizzatori riconducibili al soggetto Viticoltore, in ordine alla verifica della persistenza delle condizioni per l’idoneità alla DO della superficie coltivata ed alla verifica del rispetto delle disposizioni di tipo agronomico impartite dal disciplinare; tale percentuale è comprensiva della verifica ante-vendemmia per accertare il rispetto della resa massima di uva/ettaro pari al 10% delle aziende;  10% annuo a campione degli utilizzatori riconducibili al soggetto Centro intermediazione delle uve atte alla vinificazione, in ordine alla verifica della corrispondenza quantitativa del prodotto detenuto con riscontro ai relativi documenti di accompagnamento inerenti al trasporto uve ed ai registri di cantina, nonché alla rispondenza ai requisiti previsti dal disciplinare di produzione;  15% annuo a campione degli utilizzatori riconducibili al soggetto Vinificatore, in ordine alla verifica della corrispondenza quantitativa del prodotto a DOP e atto a DOP detenuto con quanto annotato sui registri di carico e scarico e con quanto risulta sui relativi documenti di accompagnamento, nonché della conformità delle operazioni tecnologiche effettuate sui prodotti alle disposizioni impartite dal disciplinare;  7% annuo a campione degli utilizzatori riconducibili al soggetto Vinificatore, con prelievo di campioni ai fini della verifica del titolo alcolometrico minimo previsto per la detenzione del prodotto in cantina nella relativa fase di elaborazione;  10% annuo a campione degli utilizzatori riconducibili al soggetto Aziende di acquisto/vendita di vini sfusi atti a DOP o certificati DOP, in ordine alla verifica della corrispondenza quantitativa del prodotto detenuto con riscontro ai relativi documenti di accompagnamento inerenti al trasporto del vino ed ai registri di cantina;  20% annuo a campione degli utilizzatori riconducibili al soggetto Imbottigliatore, in ordine alla verifica della corrispondenza quantitativa del prodotto a DOP e atto a DOP detenuto con quanto annotato sui registri di carico e scarico e con quanto risulta sui relativi documenti di accompagnamento, nonché della corrispondenza quantitativa del prodotto detenuto e del corretto uso della denominazione di origine; 7% annuo a campione degli utilizzatori riconducibili al soggetto Imbottigliatore, con prelievo di campioni da effettuarsi sul vino a DOP già confezionato per verificare la corrispondenza del vino imbottigliato destinato al consumo con la certificazione di idoneità. Inoltre, il piano dei controlli prevede un controllo di tipo analitico sistematico sul prodotto atto a DOP detenuto dal soggetto vinificatore e/o dal soggetto identificabile con le aziende di acquisto/vendita di vini sfusi atti a DOP o certificati DOP e/o dal soggetto imbottigliatore, prima dell’immissione al consumo, che si realizza mediante il prelievo di campioni da inoltrare alle Commissioni di degustazione ed a un Laboratorio di analisi autorizzato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali per i successivi esami chimico-fisico e organolettico e con la verifica della rispondenza quantitativa dei prodotti detenuti.

Allegato A - Elenco delle Menzioni Geografiche Aggiuntive

Elenco dei Comuni: - Sorano - Manciano

Elenco delle Frazioni e delle località:

nel comune di Pitigliano: - Casone - Collina - Conatelle - Filetta - La Rotta - La Prata - Malpasso - Il Piano - Valle Palombata - Corano - Bagnolungo - Fratenuti - Felcetoni - San Martino – Madonna delle Grazie - Pietramora - Poggio Grillo - Porcile – Vallelunga - Crocignano - Naioli - Vallebuia - Bellavista - Belvedere - Poggio Lombardello - Gradone - Selvicciola - Trigoli - Vacasio - Doganella - Annunziata - Fiora – Meletello - Poggio Rota - Rusceti - San Pietro - Turiano - Valle Morta - Valle Orsaia - Formica - Poggio Cavalluccio - Rimpantoni 19

- Roccaccia - Rompicollo - Pantano - Poggio lepre - Ortale - Sconfitta - Vuglico - Pian di Morrano - Bottinello - Ornelleta - Pantalla - Pian D’Arciano - Porcarecce - Ripignano - Spinicci - Insuglieti – Le Sparne

nel comune di Sorano: - Filetta - Vignamurata - Pian di Conati - Elmo - Montebuono

nel comune di Manciano: - Montemerano - Saturnia - Marsiliana - Poggio Murella - Poggio Fuoco - San Martino - Sgrilla - Cavallini - Guinzoni

Tutti i contenuti di questa sezione sono stati gentilmente forniti dal MIPAAF - Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali