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I tannini nel vino

03 Dicembre 2018
I tannini nel vino
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Da l'Enologo - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani

Numerose sono le famiglie di prodotti enologici caratterizzate da una vasta eterogeneità e variabilità. Ovviamente nel campo delle biotecnologie, i lieviti e gli enzimi hanno un ruolo di primo piano nell’elaborazione di vini dotati di una spiccata personalità. Anche i tannini enologici fanno parte di questi prodotti innovativi. Pur essendo disponibili ed impiegati da sempre dai vinificatori, negli ultimi venti anni hanno subito profonde evoluzioni e si sono arricchiti di nuove e distintive specifiche. Un attento enologo deve essere al passo con i tempi e pronto a cogliere quanto gli possa essere di aiuto, ciascuno per le proprie aree e varietà di competenza. Sperimentare sempre, allo scopo di migliorare i propri prodotti e arricchirsi di esperienze, deve essere lo slogan di ciascun produttore. Il mercato dei tannini enologici oggigiorno è quello che rappresenta la maggiore crescita fra le categorie dei prodotti enologici, superiore al 5% annuo. I tannini possono essere classificati sulla base della natura chimica e sulla base dell’attività enologica.

La classificazione dei tannini nel vino

I tannini idrolizzabili sono composti da una miscela di glucosidi sia dell’acido gallico (tannini gallici), sia del suo dilattone e dell’acido ellagico (tannini ellagici).

I tannini idrolizzabili vengono estratti (con acqua o soluzioni con acqua e alcol) dal legno di diverse piante: rovere, castagno, dalle galle, ecc. Sono così definiti perché in presenza di acidi forti, a caldo, si idrolizzano in uno zucchero (glucosio) e in molecole di acido ellagico o acido gallico.

I tannini condensati, costituiti da una miscela di proantocianidine, provengono dalle bucce e dai vinaccioli dell’uva, oltre che da alcuni legni di piante tropicali.

Per quanto riguarda i tannini dell’uva è noto come quelli estratti dai vinaccioli siano in media assai più astringenti di quelli estratti dalle bucce, ma entrambi i tipi tendono, col tempo, ad evolvere, combinandosi sia fra loro, sia con gli antociani e le mannoproteine rilasciate dalle pareti dei lieviti, perdendo in tal modo le loro caratteristiche più aggressive.

In accordo con quanto preconizzato dall’Oiv, i tannini vengono utilizzati per facilitare la chiarifica dei mosti e dei vini. Non devono pertanto modificare le proprietà olfattive ed il colore dei vini.

Tuttavia, occorre revisionare queste finalità in quanto i tannini hanno numerose altre proprietà e quindi molteplici impieghi, ben noti agli utilizzatori, specie in fase di affinamento, e pré-imbottigliamento. Per questo motivo, lo studio delle caratteristiche enologiche dei tannini da vino è un argomento inserito tra le proprietà del Piano Strategico dell’Oiv 2015-2019.

Celle vino
Botti di vino fermentate in legno

Le proprietà enologiche dei tannini nel vino

La distinzione tra tannini idrolizzabili e tannini condensati non è semplicemente una descrizione nozionistica e senza conseguenze. Questi due gruppi di tannini, essendo appunto diversi sotto il profilo molecolare e chimico, presentano funzioni, caratteristiche e di conseguenza campi di applicazione, diversi.

L’azione chiarificante dei tannini è nota e sfruttata da molto tempo in enologia, fino ad un recente passato i tannini erano considerati gli unici chiarificanti validi per i mosti.

Il meccanismo di azione si spiega attraverso la capacità dei tannini di interagire con le proteine e con la materia colorante (il tanisage è pratica comune in Champagne per impoverire i mosti, notoriamente proteici), infatti, alcuni test di stabilità proteica fanno ricorso all’uso di tannini per fornire risultati maggiormente affidabili.

Lo stesso effetto allappante che si ottiene dopo la degustazione di un vino particolarmente tannico (Raboso, Sagrantino, Tannat) è il risultato dell’interazione tra le proteine della saliva ed i tannini. Per questo motivo, l’aggiunta di tannini può avere un effetto anche in caso di surcollaggio.

Le altre numerose proprietà consistono invece nell’aumentare e stabilizzare l’intensità colorante dei vini rossi, attraverso le reazioni di condensazione e copigmentazione, amplificare la struttura e l’estratto di alcuni vini, inibire l’attività laccasi di Botrytis, inibire i batteri acetici, reagire nei confronti dei colloidi glucidici e dei composti solforati, e, non ultimo, garantire una buona protezione antiossidante, proprio grazie all’estrema reattività nei confronti dell’ossigeno e dei metalli.

E’ noto, infatti, che un vino bianco fermentato e affinato in legno possegga una maggiore longevità rispetto allo stesso vino conservato in altri contenitori. Infine, l’aggiunta di tannini al vino, specie nel lungo termine, determina una modifica del profilo sensoriale; è giusto quindi conoscere le conseguenze organolettiche che si raggiungono secondo il tipo di tannino che viene impiegato.

La legislazione per i tannini nel vino

L’utilizzo dei tannini in enologia è indicato nel Reg. 606/2009, il quale stabilisce semplicemente la funzione di chiarificante, da usare sia da solo sia in combinazione ad altri chiarificanti, inoltre viene indicata la possibilità di aggiunta ai prodotti definiti nell’allegato IV, punti 1,2,3,4,5,6,7,7,8,15 e 16 del Reg. 479/2008, escludendo quindi i prodotti rientranti nella categoria mosto (di uve, di uve parzialmente fermentato, di uve parzialmente fermentato da uve appassite ed i mosti concentrati rettificati e non). L’uso su mosto è consentito soltanto per i mosti parzialmente fermentati destinato al consumo umano diretto tal quale. Le indicazioni dell’Oiv ribadiscono l’uso dei tannini ai fini della chiarifica dei vini e per la rimozione di proteine in eccesso, inoltre vengono forniti due criteri di classificazione dei tannini in base al tenore di flavanoli totali (Risoluzione Eno 5 e 6/2008) e di mono e polisaccaridi (Risoluzione OIV/ ENO 352/2009) (vedi figura 1 e 2).

Tannini nel vino
Figura 1. Classificazione dei tannini secondo il tenore in flavanoli totali. Fonte Oiv Ris ENO 5/2008 e 6/2008 (Codex Enologico Internazionale - Edizione 2018)
Tannini nel vino
Figura 2. Classificazione dei tannini secondo il contenuto di mono e polisaccaridi. Fonte OIV RIS ENO 352/2009 (Codex Enologico Internazionale - Edizione 2018)

Secondo il Codex Enologico Internazionale (N. SIN: 181 OEno 12/2002 modificato da OEno 5/2008 e 6/2008, Oiv-OEno 352-2009, Oiv-OEno 554-2015, Oiv-OEno 574-2017), i tannini enologici sono estratti sia dalla noce di galla, sia da legno ricco in tannini: castagno, quercia, legni esotici eccetera, sia da vinaccioli e buccia d’uva.

Un tannino viene riconosciuto come proveniente da uva se il suo tenore in flavanoli totali, espresso in (+) catechina, è superiore a 50 mg/g o il suo tenore in tannini proantocianidici è superiore a 0,5 mg/g. Un tannino viene riconosciuto come proveniente da noce di galla se il suo tenore in acido digallico è compreso tra 4 e 8 mg/g. Un tannino viene riconosciuto come proveniente da legni esotici se il suo spettro mette in evidenza un picco di assorbimento tra 270 e 280 nm. Un tannino viene riconosciuto come proveniente da quercia se il suo tenore in scopoletina è superiore a 4 μg/g. Un tannino viene riconosciuto come proveniente da castagno se il suo tenore in scopoletina è uguale o inferiore a 4 μg/g e quando non viene identificato come proveniente da altre origini.

Da l'Enologo - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani

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